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È morto Hosni Mubarak, il Presidente egiziano deposto dalle Primavere arabe

AFRICA di

È morto all’età di 91 anni l’ex Presidente egiziano Hosni Mubarak. L’annuncio è stato confermato dai media locali e dalla famiglia.

La carriera dell’ex Presidente era iniziata nell’esercito, dove era riuscito a scalare le gerarchie militari divenendo Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare nel 1972, ed ottenendo una grande popolarità durante la guerra dello Yom Kippur contro Israele.Mubarak salì poi al potere nell’ottobre del 1981 dopo l’assassinio del Presidente Anwar al-Sadat, e la sua presidenza si è protratta per ben trent’anni, scampando ad almeno sei attentati.La sua leadership venne infatti confermata in tre referendum successivi nel 1987, 1993 e 1999.Le prime elezioni multipartitiche si ebbero nel 2005, ma anche in questo caso il leader egiziano riuscì a stravincere.

La presidenza di Mubarak ha segnato per il Paese africano il definitivo abbondono del modello economico socialista di el-Nasser, perseguendo la linea già tracciata dal suo predecessore al-Sadat, mediante l’approvazione di una serie di misure di liberalizzazione economica. Oltre ai militari, veri protagonisti degli anni di governo dell’ex Presidente, sono state le aziende e gli imprenditori vicini al governo, a cui fu concesso di beneficiare, più di altri, delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni decise dal regime.

In politica estera Mubarak si mosse sostanzialmente in continuità con il suo predecessore, mantenendo rapporti di amicizia con i paesi occidentali, in particolare con gli Stati Uniti. Inoltre, ottenne la riammissione dell’Egitto nella Lega Araba, dopo l’espulsione decretata nel 1979 a seguito dell’accordo di pace firmato con Israele.

 

Corruzione, crisi economica, disoccupazione e una gestione poliziesca dello Stato avevano però alimentato un malcontento incontenibile, poi esploso con le proteste di Piazza Tahrir, avvenute nell’ambito delle Primavere arabe del 2011 e che portarono alla sua deposizione.

A differenza del tunisino Ben Alì, che fuggì in Arabia Saudita, Mubarak non abbandonò il Paese. Egli verrà inizialmente condannato all’ergastolo per la repressione sanguinosa delle manifestazioni dei primi mesi del 2011, e per corruzione. La Corte di Cassazione decise poi di annullare la decisione nel 2014, lanciando scontare all’ex Presidente solo una condanna a 3 anni per sottrazione di fondi pubblici, pena che sconterà ai domiciliari, per via dei gravi problemi di salute.

Egitto: elezioni di facciata

Medio oriente – Africa di

Dopo il primo turno delle elezioni legislative che hanno sancito una netta e prevedibile vittoria del partito “Per amore dell’Egitto” del presidente Fattah al Sisi e, al contempo, un’affluenza ferma a meno del 25%, martedì 27 ottobre gli egiziani sono tornati alle urne per il ballottaggio riservato agli oltre 200 candidati non eletti il 17 e 18 ottobre.

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Secondo gli analisti locali ed internazionali, la popolarità di al Sisi andrebbe misurata in base all’affluenza elettorale: pertanto, la misura del consenso per l’ex generale è palese. Dopo la rivoluzione e le elezioni del 2012, sancite dalla vittoria del candidato dei Fratelli Musulmani Mohammed Morsi, l’Egitto è tornato a rieleggere il proprio parlamento. La sete di libertà della maggioranza del popolo egiziano, testimoniata dalla rivoluzione del 2011, è stata però fermata dall’attuale regime.

Quasi l’80% dei 55 milioni aventi diritto, infatti, è rimasto a casa nella prima tornata per le azioni illiberali di al Sisi. Salito al potere nel 2014 dopo il golpe in cui è stato destituito Morsi, l’attuale leader dell’Egitto ha bollato i Fratelli Musulmani come organizzazione terroristica, facendo arrestare e condannare a morte l’ex presidente stesso e i leader di questo movimento.

A questo, si aggiunge l’entrata in vigore della nuova costituzione. Se a prima vista contiene alcuni principi liberali, come la eleggibilità per massimo due mandati consecutivi e l’apertura alle minoranze pur mantenendo l’Islam come religione di Stato, un’analisi in profondità mette a nudo la subalternità dell’assemblea legislativa rispetto al presidente, chiamata ad approvare i decreti del capo dello Stato.

In più, le grandi opere, l’apertura ai capitali esteri e l’interventismo in Libia per accattivarsi i consensi presso la comunità internazionale, tre motivi del paragone con Nasser, contrastano con la totale mancanza di welfare e la vicinanza de facto all’ex presidente Hosni Mubarak.

In attesa dell’affluenza e dell’esito del ballottaggio, il primo turno fornisce ulteriori indicazioni sullo stato di salute dell’Egitto. Oltre alla già citata scarsa partecipazione degli elettori, la tornata del 17 e 18 ottobre scorso ha consentito al partito di al Sisi di portare a casa 60 seggi su 60. Mentre, il “Partito degli egiziani liberi” del magnate delle telecomunicazioni Naguib Sawiris e di presunto stampo laico e liberale, che ospita, assieme all’alleato “Per amore dell’Egitto”, alcuni esponenti dell’ex regime di Mubarak, ha eletto subito 5 candidati, mentre 65 sono andati al secondo turno.

“Non è stato facile creare un partito forte senza l’ingerenza del governo. Per noi la coalizione non ha alcuna importanza, sono loro che ci hanno chiesto di entrare per avere più credibilità”, ha affermato Sawiris a Le Monde.

Ottimi risultati, poi, di “Per il futuro della nazione”, formazione politica composta da giovani collegati al golpe del 2013, per i liberali del WAFD. Sconfitta, invece, per “Al Nour”, unico partito in gioco dichiaratamente islamista dopo l’uscita di scena dei “Fratelli Musulmani”, che ha minacciato più volte di ritirarsi a causa di presunti brogli.

Dopo il ballottaggio, l’altra tornata elettorale si terrà il 22 e 23 novembre. Mentre i risultati saranno resi pubblici a dicembre. Tuttavia, l’esito certo è che, dopo la Primavera Araba e la presidenza Morsi, l’Egitto è tornato ad un regime simile a quello di Mubarak, tormentato però dalla presenza ormai stabile di organizzazioni islamiste affiliate al Califfato e operanti soprattutto nella regione del Sinai.
Giacomo Pratali

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