GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Libano - page 3

Libano, Brigata Alpina T.: screening cardiologici per studenti

Difesa/Medio oriente – Africa di

Prosegue in Libano l’attività dell’Esercito Italiano in favore della popolazione locale.

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Il personale della Brigata Alpina Taurinense ha dato seguito alle attività mediche di screening cardiologico in sinergia con la cellula di cooperazione civile e militare (CIMIC), composta da specialisti del Multinational Cimic Group di Motta di Livenza, e da personale medico specializzato del “level 1” di stanza a Shama, sede del comando del settore ovest di UNIFIL a guida italiana.

Beneficiari del monitoraggio, gli alunni di istituti e scuole sud libanesi, a partire dai 130 studenti del liceo di Alma Ash Shaab. Nello specifico, sono state effettuate circa 20 visite specialistiche con relativo tracciato a mezzo elettrocardiogramma e misurazione della saturimetria, anamnesi ed esame obiettivo dei polsi carotidei. L’iniziativa si contestualizza nell’ambito delle attività di supporto e assistenza alle istituzioni e alla popolazione locale promosse dalla missione multinazionale UNIFIL, in attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. ​​​​​​​Gli screening cardiologici per bambini e ragazzi sono stati inaugurati lo scorso settembre dal personale italiano del CIMIC nel centro scolastico per diversamente abili di Ayta Ash Shaab, villaggio del Libano del sud, che ospita 123 bambini di età compresa tra i 2 e i 25 anni.

Gli interventi umanitari del contingente italiano in loco sono particolarmente apprezzate dal paese, che versa in condizioni di povertà e instabilità a seguito dei ripetuti conflitti con Israele e della crisi siriana alle porte. Padre Maroun Ghafari, direttore del primo istituto monitorato dalle unità mediche, ha espresso sentita gratitudine ai nostri militari per il continuo supporto e le attenzioni dedicate ai suoi studenti.
Viviana Passalacqua

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Libano, “Nizza Cavalleria” alla guida di ITALBATT

BreakingNews/Difesa/EUROPA di

Avvicendamento alla guida di ITALBATT in Libano. Stamane ad Al Mansouri il passaggio di consegne tra le task force italiane impegnate nelle attività di supporto alla popolazione locale in aderenza alla Risoluzione 1701 delle Nazioni Unite e alle Forze Armate Libanesi (LAF).

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Al Comandante del Reggimento “Genova Cavalleria”, Colonnello Giovanni Biondi, subentra il Comandante del Reggimento “Nizza Cavalleria”, Colonnello Massimiliano Quarto. A partire dallo scorso 21 aprile 2015, molteplici le attività portate avanti dalla task force cedente: circa 8.000 i pattugliamenti per garantire la sicurezza del paese, 400 le operazioni condotte in sinergia con le forze armate libanesi (LAF) per affiancarle nel raggiungimento della piena capacità operativa a sud del fiume Litani.

Numerosi anche i progetti realizzati in favore dei civili nelle 22 municipalità comprese nell’area di ingerenza ITALBATT attraverso la Civil-Military Cooperation (CIMIC). Il tutto, nel quadro dei compiti assegnati dall’ONU ai contingenti in loco: il monitoraggio della cessazione delle ostilità tra il Libano ed Israele, il supporto alle Forze Armate Libanesi (LAF) ed il sostegno alle istituzioni locali, le esercitazioni di addestramento congiunto interforze, volte al confronto e alla standardizzazione delle procedure militari nell’ambito delle attività operative sul territorio libanese, oltre che al consolidamento di una necessaria coesione tra le forze armate delle 39 nazioni che attualmente compongono l’ambiente multiculturale della missione UNIFIL.

Il prossimo semestre di attività, concentrato nella zona di frontiera tra Israele e Libano, parte della cosiddetta “blue line”, e nell’area costiera a sud di Tiro, è ora affidato a personale della Brigata alpina Taurinense del Reggimento “Nizza Cavalleria”, rinforzato dal Battaglione “Alpini L’Aquila”.

 
Viviana Passalacqua

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La Difesa italiana nel contesto globale

Difesa/EUROPA/POLITICA di

Intensificare lo sforzo della Difesa italiana per mantenere stabilità nelle aree di crisi, facendo i conti con i nuovi tagli imposti al settore e massimizzando i benefit delle cooperazioni internazionali.

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E’ questo il nuovo indirizzo della politica militare nazionale, inserita in un sistema di relazioni globali che da un lato garantiscono il supporto di sinergie operative e tecnologiche, dall’altro esigono risposte efficienti alle nuove sfide poste dal contesto geopolitico mondiale. Mentre l’America ci chiede formalmente di impegnarci ad arginare il problema dell’Ucraina e distendere i rapporti con la Russia, l’Europa ci affida un ruolo preponderante nella risoluzione della crisi mediterranea che la minaccia da vicino.

Ciò significa instaurare un dialogo “super partes” con i Paesi del medio oriente, rinsaldare i rapporti fondamentali con l’Egitto, appianare la questione libica, monitorare le rotte dei migranti e assumerci la responsabilità di stabilizzare l’intera area. Significa, soprattutto, acquisire una leadership che garantisca l’efficacia di strumenti collettivi quali l’Unione Europea e l’Alleanza atlantica per il rafforzamento della Politica Comune di Sicurezza e Difesa, promuovere la condivisione delle risorse tra i Paesi membri, anche in termini di misure fiscali che favoriscano incentivi al comparto militare.

Come da direttive del Libro Bianco presentato dal Ministro Pinotti, l’Italia punta a preferire le partnership multilaterali a quelle bilaterali, in assoluta controtendenza rispetto al passato, allo scopo di valorizzare il legame transatlantico alla luce dell’intesa tra la dimensione europea della Difesa e la NATO. Individuate quindi nelle regioni euro-atlantica e mediterranea le aree d’intervento prioritarie su cui concentrare gli sforzi, la presenza dei nostri militari impegnati in operazioni marginali è stata considerevolmente ridotta.

Delle oltre trenta missioni sparse in tutti i continenti, dunque, ne restano attive ventiquattro, in ambito ONU, NATO e UE. Tra queste, strategiche le missioni UNIFIL e MIBIL in Libano, volte a supportare la popolazione e le condizioni socio-economiche del Paese a seguito del conflitto siriano; la Risolute Support in Afghanistan, successiva ad ISAF e incentrata sull’addestramento delle milizie afghane; la KFOR in Kosovo, che garantisce il supporto alle organizzazioni umanitarie per l’assistenza ai profughi; le missioni European Union Training Mission in Mali, contro i gruppi terroristici locali, e in Somalia, dove l’Italia partecipa alla strategia europea per la sicurezza nel Corno d’Africa; l’operazione Prima Parthica in Iraq, di contrasto all’Isis, e infine la MIL in Libia, successiva alla guerra civile scaturita dalla caduta di Gheddafi.
Viviana Passalacqua
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Usa, tra l’accordo sul nucleare con l’Iran e i possibili retroscena

Medio oriente – Africa di

Raggiunto l’accordo tra i Paesi “5+1” e l’Iran. Stabiliti i punti base. Le sanzioni contro Teheran saranno revocate. L’intesa con lo Stato sciita sembra, però, stonare con la contemporanea offensiva di alcuni Stati sunniti nello Yemen. Sembra perché questo quadro geopolitico caotico va a vantaggio degli Stati Uniti.

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Giovedì 2 aprile Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania hanno trovato l’intesa storica sul nucleare con l’Iran, il quale vede cessare l’embargo impostogli. I parametri di base sono da stabilire entro il 30 giugno, ma i punti dell’accordo sono chiari. L’attività di Teheran sarà tenuta sotto controllo per i prossimi dieci anni (prorogabili a 25), periodo entro il quale dovranno essere ridotte a 6 mila (75%) le centrifughe in azione. Le riserve di uranio già presenti saranno portate all’estero o diluite. Infine, il capitolo delle sanzioni finanziarie e petrolifere: Stati Uniti ed Europa le revocheranno dopo la verifica dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.

Se Obama parla di più sicurezza “per il nostro Paese e i nostri alleati”, dello stesso tenore sono le dichiarazione del rappresentante Ue Mogherini (“Questo accordo garantisce che l’Iran non svilupperà il nucleare”) e del ministro degli Esteri di Teheran (“Abbiamo trovato le soluzioni per i parametri chiave”).

Ma se l’accordo è senz’altro un cambio radicale dopo anni di rapporti freddi tra Stati Uniti e Iran, lo stesso non si può dire per altri Paesi. Il presidente israeliano Netanyahu attacca parlando di “errore storico” a favore di un Paese che sta commettendo “atroci azioni in Siria, Iraq, Libano e Yemen”.

Ed è proprio il caso Yemen a stonare con questa intesa. In queste ultime ore, infatti, la coalizione sunnita guidata dall’Arabia Saudita, con il consenso e il conseguente l’appoggio logistico degli Stati Uniti, sta sferrando una massiccia offensiva militare contro i ribelli sciiti Houti, sostenuti dallo stesso Iran.

Questo sembra andare nella direzione opposta rispetto all’accordo sul nucleare, così alla collaborazione nella lotta allo Stato Islamico in Siria e Iraq. Ma è solo apparenza. L’obiettivo degli Stati Uniti in Medio Oriente, come riportato nel rapporto della National Security americana di febbraio, è quello di non fare emergere nessun attore geopolitico di primo piano in quest’area. E, al tempo stesso, non prendere parte in maniera attiva alle azioni militari: vedi i casi già citati in Yemen, Iraq e Siria. Un obiettivo finora raggiunto.

Giacomo Pratali

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Kuwait City, Italia: piano d’aiuti di 18 mln di euro per Siria

Medio oriente – Africa di

Nel vertice organizzato dalle Nazioni Unite, 80 Paesi hanno promesso 3,8 miliardi di dollari in interventi a favore della popolazione siriana

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Martedì 31 marzo, presso Kuwait City, si è tenuta la “Conferenza Internazionale dei donatori per la crisi umanitaria in Siria”. All’evento, organizzato dall’Onu, hanno aderito 80 Paesi, i quali hanno deciso di donare 3,8 miliardi di dollari, di cui almeno un miliardo di euro da parte dell’Ue. Il piano di aiuti sarà diretto da Organizzazione delle Nazioni Unite e dalla Croce Rossa Internazionale.

18 milioni di euro è la cifra che verrà versata dall’Italia a favore dei settori alimentare, sanitario e dell’istruzione. Il piano di interventi, oltre alla Siria, riguarda anche Libano, Giordania, Turchia e Iraq e vede coinvolte anche alcune Ong italiane e partner locali. Questa cifra si va ad aggiungere ai circa 65 milioni di euro già stanziati dall’inizio del conflitto siriano.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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