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Panama Papers: il Parlamento Europeo istituisce una commissione d’inchiesta

EUROPA di

Con una delibera datata 8 giugno 2016 il Parlamento Europeo ha deciso di istituire una commissione di inchiesta che si occuperà di indagare sul caso “Panama Papers”. Ricordiamo che questi documenti hanno svelato l’esistenza di circa più di 214.000 compagnie offshore elencate dal celebre studio di avvocati panamense Mossak – Fonseca in una lista che include nomi di partecipanti e dirigenti di queste società. Ovviamente il chiaro fine di queste attività erano quelle di nascondere i redditi di facoltosi personaggi alle singole fiscalità di appartenenza, creando così un giro di evasione fiscale per miliardi: euro o dollari che dir si voglia, trattandosi di una lista piuttosto variegata ed eterogenea per provenienza geografica ed attività principale svolta.


In questo lungo elenco figurano moltissimi cittadini europei, con nomi di spicco del mondo della politica, dello sport e anche del cinema. Per il caso italiano basti pensare a Luca Cordero di Montezemolo o Carlo Verdone, tuttavia i nomi presenti non costituiscono forzatamente una partecipazioni in attività atte a frodare la legge, pertanto é giustificata l’azione del Parlamento Europeo che a come obbiettivo quello della chiarezza e quindi di assicurare i colpevoli (reali) alla giustizia. Inizialmente il caso scoperto dall’Associazione Internazionale di Giornalismo investigativo è stato sottoposto all’attenzione della “Special Commettee for Tax Ruling”, ma con la decisione presa l’8 giugno gli approfondimenti della vicenda saranno affidati ad un’apposita commissione d’inchiesta.

Il Parlamento ha scelto 65 membri che entro un periodo di 12 mesi dovranno presentare una relazione chiarificatrice su responsabilità individuali, danni e frodi nei confronti del fisco. Il mandato della commissione d’inchiesta, approvato dall’Aula per levata di mano, è stato concordato giovedì 2 giugno dalla Conferenza dei Presidenti del Parlamento europeo (il Presidente del Parlamento e i leader dei gruppi politici). Tra i punti più importanti del documento approvato troviamo : “indagare circa la potenziale violazione del dovere di leale collaborazione (…) da parte di qualsiasi Stato membro e dei relativi territori associati e dipendenti, purché pertinente all’ambito dell’inchiesta di cui alla presente decisione; a tal fine, valutare in particolare se un’eventuale violazione di questo tipo sia imputabile alla presunta mancata adozione di misure appropriate per evitare l’impiego di veicoli che consentano ai loro titolari finali effettivi di essere celati alle istituzioni finanziarie e ad altri intermediari, avvocati, prestatori di servizi relativi a società e trust o l’impiego di qualsiasi altro veicolo o intermediario che faciliti il riciclaggio di danaro, nonché l’elusione e l’evasione fiscali in altri Stati membri (tra cui l’esame del ruolo dei trust e delle società a responsabilità limitata con un unico socio e delle valute virtuali), tenendo conto nel contempo anche degli attuali programmi di lavoro predisposti a livello di Stati membri e intesi ad affrontare siffatte questioni e ad attenuarne gli effetti”.

Le linee direttive della delibera istitutiva si concludono con la precisazione che questa inchiesta dovrà anche essere creatrice delle “linee guida” per una buona governance fiscale all’interno dei singoli stati membri al fine che queste manovre di elusione ed evasione fiscale non si verifichino in altro modo, riportando così i patrimoni all’interno del territorio UE, e degli stati membri del G20.
da Parigi Laura Laportella

Parigi, una settimana dopo

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 Oggi è una settimana da quel tragico venerdì 13. Un venerdì sera che per Parigi era iniziato esattamente come gli altri, i bistrot pieni di gente che, complice una serata abbastanza mite, si godeva la sua bière o la sua cena nelle terràsse. Alle 21.30 di venerdì 13 Novembre mi trovavo ad un ristorantino in Place de la Bastille, festeggiando con un’amica la nuova esperienza di essere tornate a vivere nella città che amiamo di più dopo la nostra cara Roma.

Eravamo in “terràsse” a finire il nostro vin rosè quando ci si avvicina la proprietaria del locale e con una discrezione ed una calma apparente tale ci invita “ad entrare dentro il locale perché un terrorista ha sparato sulla folla in un ristorante abbastanza vicino”. Inizia l’incredulità, poi la paura. Ci facciamo coraggio, usciamo dal locale per andare lì fuori dove avevamo appuntamento con altre amiche italiane con le quali avremmo dovuto passare una serata in un discopub. Improvvisamente iniziano ad arrivare i messaggi dall’Italia, preso il Bataclan, terroristi in giro che sparano sulla folla.

Ci ritroviamo in Rue de Lappe, famosa per avere un locale accanto all’altro, uno dei centri del divertimento dei giovani parigini. Al nostro arrivo i locali stavano iniziando ad abbassare le serrande e chiudere dentro le persone su indicazioni della polizia. Il mio piccolo gruppo viene invitato ad entrare a casa di un conoscente che chiameremo “D. “. Lui tunisino di 29 anni vive da molti anni a Parigi, doveva andare alla “Belle Equipe” per festeggiare il compleanno di una cara amica di famiglia, ma per uno scherzo del destino non è andato, ha tentato di contattare i suoi amici e parenti lì, ma nessuno gli dava notizie.

Abbiamo passato il resto della serata in questa casa, con le notizie ed i messaggi preoccupati di amici e parenti, e senza avere un televisore, perché proprio quel giorno il nostro ospite aveva portato il decoder in riparazione. Ore di incertezza, poche notizie, telefoni scarichi e nessuna voglia di uscire di lì, il rifugio sicuro. Alle tre del mattino D. ha trovato un amico “tassista privato” che lavora con Uber, lui ci ha riaccompagnato tutte a casa, dopo molta incertezza sul da farsi se fosse sicuro o meno muoversi anche in macchina.

Arrivata a casa è subentrato il dolore, acceso il computer ho iniziato a vedere le immagini dei morti, il numero che aumentava, a chiedermi se tutte le persone che conosco qui stessero bene, vedere con i miei occhi quello che si è consumato a poche centinaia di metri dal nostro “rifugio sicuro”. Il primo pensiero è stato: “P­er un qualsiasi caso potevo essere lì anche io, sono solo fortunata a poterlo raccontare”. Poi la stanchezza delle ore di tensione ha ceduto il posto ad un sonno senza sogni. La mattina dopo eravamo tutti in stato di shock.

Abbiamo appreso, il mattino seguente, che al nostro ospite D. nella sparatoria sono morti quattordici dei suoi migliori amici e due sue cugine, vite spezzate così vicine a noi. Paura ad andare al supermercato, passare la giornata incollata al computer per vedere le notizie, per sapere se stava succedendo altro, se la follia avesse davvero avuto fine, per quel momento.

E questo è stato il clima per tutta la settimana. I parigini sono un popolo forte: dal lunedì hanno iniziato a riprendere le loro normali attività, con più silenzio, ma con la voglia di ricominciare, con il dolore ma con la volontà di non farsi vincere dalla paura. Anche con il blitz a St. Denis, gli elicotteri, i continui passaggi di vetture con sirene, alle quali ormai si fa meno caso, lentamente gli abitanti della Ville Lumière sono tornati alla loro vita.

Per noi Italiani è diverso: le continue chiamate degli amici e parenti preoccupati, una strana sensazione che, da una parte ti dice di tornare a casa, ma che dall’altra è fortemente ferma nel voler restare qui, lo status confusionale da stress post traumatico è destinato a restare dentro di noi ancora a lungo, ma i francesi sono diversi. I francesi sono un popolo coraggioso, che “si piega ma non si spezza”, unito, compatto nel dolore e nel rispetto di chi invece prova molta paura. In questi giorni ho riflettuto molto sull’essenza dParigi: la cronologia del blitz; infograficai questo popolo che ritenevo “scostante” e “superbo”, ma ho iniziato ad aver voglia di essere “un po’ più francese”. Per il coraggio che dimostrano nel ricominciare a vivere la vita. Nelle università e nelle scuole se ne parla; dovunque c’è qualcuno che ha perso un amico o un conoscente, si cerca di capire le cause di tutto ciò di spiegare come la violenza abbia preso il sopravvento sulla libertà, ma non si arriva mai all’odio indiscriminato.

Hanno perso la vita anche molti musulmani e questo i francesi lo sanno bene, sono da anni compagni di questa difficile convivenza in terra d’oltralpe. La metrò si ripopola, così come lentamente anche i bistrot, ma in un silenzio surreale. Il silenzio a Parigi, una settimana dopo, è il protagonista di una ferita talmente grande da togliere le parole, ma non la forza per ricominciare giorno dopo giorno, a guardare avanti.

Laura Laportella
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