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La Banca Centrale Europea aumenta il piano di acquisti anti Covid-19

EUROPA di

Il 4 giugno, la Banca Centrale Europea (BCE) ha annunciato che aggiungerà altri 600 miliardi di euro al suo piano straordinario anti-pandemia dal valore di 750 miliardi, raddoppiando la sua dimensione. Tra circa un anno, alla sua conclusione, il PEPP- Pandemic emergency purchase programme- avrà dunque un valore complessivo di circa 1350 miliardi di euro. I tassi di interesse rimarranno, invece, invariati. L’annuncio era atteso ed è stato accolto molto bene da osservatori ed investitori: lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi è sceso in pochi minuti di 15 punti ed è ora a poca distanza dal valore che aveva prima dell’inizio della pandemia. L’Italia sarà uno dei paesi che probabilmente beneficeranno maggiormente del piano di acquisti della BCE.

L’annuncio della BCE

Prima dell’annuncio del 4 giugno circa l’impiego di nuove risorse, il PEPP prevedeva acquisti di obbligazioni europee, pubbliche e private, dal valore di 750 miliardi e avrebbe dovuto concludersi alla fine del 2020. Con l’aggiunta di 600 miliardi di euro al piano, quest’ultimo è stato raddoppiato nella sua dimensione. Il tasso di interesse sarà, invece, invariato: il tasso principale rimane fermo a zero, il tasso sui depositi resta a -0,50% e il tasso sui prestiti marginali a 0,25%. La BCE ha altresì annunciato che gli acquisti proseguiranno fino al 2021 o fino a che vi sarà la necessità: tutti i titoli acquistati che dovessero giungere a scadenza saranno rinnovati almeno fino alla fine del 2022 ed in ogni caso il PEPP continuerà finché la BCE “non giudicherà che la crisi del coronavirus è finita”. Quest’ultima, sembra essere la più controversa tra le decisioni annunciate: su questo punto, il Consiglio direttivo della BCE non avrebbe raggiunto l’unanimità, probabilmente a causa del particolare vantaggio dei Paesi dell’Eurozona molto indebitati, come l’Italia. Leggi Tutto

Ue: nuove proposte sulla sicurezza

EUROPA/POLITICA di

Al vaglio misure per aiutare gli Stati partner nella lotta al terrorismo e alla criminalità. All’orizzonte anche alcune manovre di bilancio per favorire i processi di pace in Africa.

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La Commissione Europea e l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue hanno recentemente diramato un comunicato in materia di sicurezza. Non è una novità: ma l’obiettivo stavolta è quello di aiutare i paesi partner e le organizzazioni regionali a prevenire crisi in materia di sicurezza utilizzando gli strumenti di cui l’Unione ed i singoli Stati Membri dispongono, sulla scorta delle lezioni apprese nei paesi terzi come le missioni di formazione in Mali o in Somalia o, più indietro nel tempo, in Bosnia e Congo (si pensi alle missioni sotto egida UE denominate “EUFOR Althea” ed “EUFOR RD Congo”, a cui hanno partecipato negli anni folti contingenti di militari e non provenienti dal nostro Paese).

La “comunicazione” congiunta, che suona come un’importante dichiarazione di intenti, svela quali siano ad oggi le criticità del sistema Europa in materia sicurezza e difesa ed illustra una serie di proposte anche economico – finanziarie per fronteggiare le minacce del terrorismo e della criminalità organizzata emergenti dentro i confini dell’Unione. Il tutto manifesta l’evidente intento di Junker e di Mogherini di attribuire una missione ancora più globale dell’Europa. Il documento è da ritenersi quale un vero e proprio libro bianco di livello strategico in materia di sicurezza; la stessa Mogherini ha dichiarato: “Con queste nuove proposte intendiamo aiutare i nostri partner ad affrontare le sfide connesse al terrorismo, ai conflitti, alla tratta di esseri umani e all’estremismo. Permettere ai partner di garantire la sicurezza e la stabilizzazione sul loro territorio non serve solo a favorire il loro sviluppo, ma è anche nell’interesse della stabilità internazionale, comprese la pace e la sicurezza in Europa”.

Alcuni manovre di bilancio illustrate nel documento per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato dalle Istituzioni UE sono:
– adattare il Fondo per la pace in Africa per ovviare alle sue limitazioni;
– creare un nuovo fondo che colleghi pace, sicurezza e sviluppo nell’ambito di uno o più strumenti già esistenti;
– creare un nuovo strumento finanziario destinato specificamente a sviluppare la capacità dei paesi partner in materia di sicurezza.

Materialmente, il supporto che la Commissione vorrebbe fornire potrebbe consistere nella fornitura di ambulanze e materiale di protezione o mezzi di comunicazione alle forze militari nei paesi in cui le missioni della politica di sicurezza e di difesa comune stanno già assicurando formazione e consulenza, ma dove la loro efficacia risente della mancanza dei mezzi essenziali.

Il tutto assume una maggiore rilevanza se si pensa che proprio domani, 7 maggio, un’importante Comitato del Consiglio dell’Unione Europea, il COSI – Standing Committee on Internal Security, si riunirà in maniera informale a Riga, in Lettonia (che è il paese attualmente reggente la Presidenza del Consiglio): in quella sede si discuterà principalmente di terrorismo, di foreign fighters, di confini, di immigrazione e dell’operato delle numerose agenzie europee operanti nel settore JHA (Justice and Home Affairs).

Questi eventi, questi “atteggiamenti”, devono indurci a pensare che l’Europa, e le sue numerose Istituzioni, con uno sguardo all’interno ed all’esterno dei suoi confini stanno cercando di assumere un ruolo di sempre maggior rilievo nella gestione civile delle crisi e dei risvolti ad esse interconnessi. L’Europa, in sintesi, pur non abbandonando i suoi primigeni obbiettivi strategici di natura politico-economica, sta operando finalmente in maniera sempre più incisiva anche negli equilibri e negli assetti internazionali, valicando – e anche di molto – i suoi confini geografici ed assurgendo ad organizzazione internazionale sempre più “completa”.

Domenico Martinelli

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Redazione
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