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Domenico Martinelli

Si allarga black list anti-Corea del Nord

In data odierna, il Consiglio dell’Unione Europea – che, lo ricordiamo è di fatto l’organo esecutivo dell’Unione – ha aggiunto 16 persone e 12 enti alla sua “black list” di soggetti e società colpiti dalle misure restrittive europee intraprese contro le condotte della Repubblica popolare democratica di Corea.

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La decisione recepisce le nuove prescrizioni imposte dalla risoluzione 2270 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, adottata il 2 marzo 2016 in risposta ai lanci di prova di razzo nucleari da parte della Corea del Nord, avvenuti il 6 gennaio  ed  il 7 febbraio scorsi.

Gli atti formali di tale iniziativa diplomatica saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue domani.

La misure restrittive dell’UE nei confronti della Corea del Nord sono state introdotte per la prima volta il ​​22 dicembre 2006. Le misure attuali adempiono a tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU adottate dopo i test nucleari ed i lanci eseguiti dalla Corea del Nord utilizzando la tecnologia dei missili balistici ed includono anche  ulteriori misure autonomamente adottate dall’UE. Tali decisione intendono colpire la politica  nucleare ed i programmi di lancio nordcoreani

Le misure più importanti comprendono divieti di esportazione ed importazione di armi, e di ogni oggetto o tecnologia che possa contribuire a tali attività. Sia l’ONU che l’UE, in modo autonomo, hanno anche istituito misure restrittive di natura finanziaria, commerciale e nel campo dei trasporti.

Con quella odierna, L’Unione europea ha così rafforzato le sue ultime misure, che furono decise il 22 aprile 2013, recependo la risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU n. 2094.

 

Domenico Martinelli

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Consiglio Europeo prende posizione sul traffico di migranti

EUROPA di

In seguito alla riunione con il primo ministro Davutoğlu, i capi di Stato e di governo dell’UE hanno affrontato la situazione in materia di migrazione, in particolare per quanto concerne la rotta dei Balcani occidentali. Hanno accolto con favore la discussione avuta con il primo ministro turco sulle relazioni UE-Turchia e sui progressi compiuti nell’attuazione del piano d’azione comune, di cui in questi giorni abbiamo parlato su europeanaffairs.media.

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La Turchia ha confermato il suo impegno ad attuare l’accordo bilaterale greco-turco in materia di riammissione al fine di accettare il rapido ritorno di tutti i migranti non bisognosi di protezione internazionale che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alla Grecia e di riaccogliere tutti i migranti irregolari fermati nelle acque turche.

I capi di Stato e di governo hanno convenuto che sono necessarie iniziative coraggiose per chiudere le rotte del traffico di esseri umani, smantellare il modello di attività dei trafficanti, proteggere le nostre frontiere esterne e porre fine alla crisi migratoria in Europa. Secondo i politici europei, occorrerà in particolare spezzare proprio il legame che esiste tra la traversata in mare e l’insediamento in Europa.

Per questo è stata sottolineata l’importanza dell’attività della NATO nel mar Egeo, diventata ormai già operativa. Anche i membri non UE della NATO sobo stati invitati a sostenere attivamente queste iniziative.

Tra gli ulteriori e nuovi obiettivi prefissati dal Consiglio spiccano quello di far rientrare, a spese dell’UE, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche e far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell’UE, secondo quanto previsto dagli accordi esistenti.

Il presidente del Consiglio europeo porterà avanti dette proposte e definirà i dettagli con la parte turca prima della prossima riunione dell’alto consesso politico.

I capi di Stato e di governo dell’UE hanno inoltre discusso con il primo ministro turco in merito alla situazione dei media in Turchia ed hanno inoltre ricordato che il Consiglio europeo, nella riunione del 18 e 19 febbraio, ha deciso di ripristinare una situazione in cui tutti i membri dello spazio Schengen applichino appieno il codice frontiere Schengen, tenendo conto al contempo delle specificità delle frontiere marittime, e di porre fine ad un atteggiamento sinora rivelatosi permissivo.

Secondo i politici europei, inoltre, i flussi irregolari di migranti lungo la rotta dei Balcani occidentali si sarebbero fortunatamente esauriti.

Affinché tale situazione possa perdurare è necessario intervenire secondo le seguenti linee:

  • stare al fianco della Grecia in questo momento difficile e fare tutto il possibile per contribuire a gestire la situazione che si è venuta a creare in seguito a tali sviluppi. Si tratta di una responsabilità collettiva dell’UE che richiede una mobilitazione rapida ed efficiente di tutti gli strumenti e le risorse dell’UE disponibili, nonché dei contributi degli Stati membri;
  • fornire una risposta immediata ed efficace alla situazione umanitaria estremamente difficile in rapida evoluzione sul terreno. La Commissione, in stretta collaborazione con la Grecia, gli altri Stati membri e le organizzazioni non governative, fornirà urgentemente un sostegno di emergenza sulla base di una valutazione, effettuata dalla Commissione e dalla Grecia, delle necessità e di un piano di emergenza e di risposta. In questo contesto, i capi di Stato o di governo accolgono con favore la proposta della Commissione sulla fornitura di sostegno di emergenza all’interno dell’UE ed esortano il Consiglio ad adottarla prima del Consiglio europeo di marzo, ampliando in tale modo la gamma di strumenti finanziari utilizzabili, e invitano l’autorità di bilancio ad adottare le eventuali misure di follow-up necessarie;
  • fornire ulteriore assistenza alla Grecia nella gestione delle frontiere esterne, comprese quelle con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e l’Albania, e garantire il corretto funzionamento dei punti di crisi, con il 100% di identificazioni, registrazioni e controlli di sicurezza, e la messa a disposizione di sufficienti capacità di accoglienza. Frontex lancerà al più presto un’ulteriore richiesta di agenti distaccati nazionali e tutti gli Stati membri dovrebbero rispondere in maniera esaustiva entro il 1º aprile. Europol schiererà rapidamente gli agenti distaccati in tutti i punti di crisi al fine di potenziare i controlli di sicurezza e sostenere le autorità greche nella lotta contro i trafficanti;
  • aiutare la Grecia ad assicurare il ritorno generale, su larga scala e accelerato in Turchia di tutti i migranti irregolari che non necessitano di protezione internazionale, in base all’accordo di riammissione Grecia-Turchia e, dal 1º giugno, all’accordo di riammissione UE-Turchia;
  • accelerare in maniera significativa l’attuazione della ricollocazione al fine di alleviare il pesante onere che grava attualmente sulla Grecia. L’EASO lancerà un’ulteriore richiesta di consulenze nazionali per sostenere il sistema di asilo greco e tutti gli Stati membri dovrebbero rispondere in maniera rapida ed esaustiva. Gli Stati membri sono altresì invitati a fornire con urgenza ulteriori posti di ricollocazione. La Commissione riferirà mensilmente al Consiglio in merito all’attuazione degli impegni in materia di ricollocazione;
  • continuare a cooperare strettamente con i paesi dei Balcani occidentali non appartenenti all’UE e fornire la necessaria assistenza;
  • attuare gli impegni di reinsediamento esistenti e proseguire i lavori su un programma volontario credibile di ammissione umanitaria con la Turchia;
  • adottare immediatamente tutte le misure necessarie in relazione all’eventuale apertura di nuove rotte e intensificare la lotta contro i trafficanti;
  • portare avanti, in via prioritaria, tutti gli elementi della tabella di marcia della Commissione sul “ritorno a Schengen”, in modo da porre fine ai controlli temporanei alle frontiere interne e ripristinare il normale funzionamento dello spazio Schengen prima della fine dell’anno.
    Il presente documento non fissa nuovi impegni per gli Stati membri per quanto concerne la ricollocazione e il reinsediamento.

Si tratta di misure urgenti che devono essere adottate nel contesto dell’attuale situazione sul terreno e dovrebbero essere oggetto di costante valutazione. Il Consiglio europeo ritornerà sul fascicolo della migrazione in tutti i suoi aspetti in occasione del Consiglio europeo di marzo per consolidare ulteriormente l’attuazione congiunta europea della nostra strategia globale in materia di migrazione.

 

Domenico Martinelli

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Sicurezza e privacy: l’eterno dilemma

EUROPA/INNOVAZIONE/POLITICA/Varie di

“Sicurezza e privacy. Eterno dilemma”. Talvolta è così. Talvolta no. Da un punto di vista relativo ed aziendale, la privacy rientra tra gli aspetti fondamentali propri della sicurezza, significando che un baco nel sistema di privacy comporterà ingenti danni all’impresa ed ai suoi clienti.

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In campo aziendale, ormai a livello mondiale, il problema della privacy è riconosciuto quale uno di quelli fondamentali, tali da implicare – nelle aziende più grandi, la separazione della figura del privacy “officer” o “consultant” da quella più generica del “security manager”.

Ma da un punto di vista assoluto, privacy e sicurezza sono due titani destinati allo scontro. Quanto e come si contrastano? Indubbiamente in Europa assistiamo ad una doppia esigenza: da un lato quella di far crescere e progredire i cittadini europei sotto il profilo dei diritti umani e dei diritti individuali, e la privacy forse, al primo colpo d’occhio sembrerebbe uno dei più importanti diritti individuali, quasi da assurgere, al giorno d’oggi, nella categoria dei diritti naturali. Da un altro punto di visita occorre che le istituzioni nazionali ed europee invadano letteralmente la privacy dei residenti e degli stranieri che chiedono di soggiornare nel vecchio continente.

Questo, com’è ovvio, per chiari motivi di ordine e sicurezza pubblica, al fine di contrastare i tristissimi fenomeni di cui tutti i giorni sentiamo e leggiamo: dall’immigrazione clandestina, al traffico di migranti, dal terrorismo, al riciclaggio di danaro. Ed è per questo che l’Europa si sta dotando di strumenti normativi volti a disciplinare da un lato i doveri/diritti dei cittadini in campo privato e, dall’altro, i doveri/diritti delle istituzioni nei confronti dei cittadini. Stiamo parlando, rispettivamente, del Regolamento e della Direttiva sulla Protezione dei dati. “Regolamento” e “Direttiva” sono due parole molto generiche, che recano invece nomenclature giuridiche molto più complesse e lunghe, ma che, nel settore della protezione dati, fanno immediatamente capire a cosa si riferiscono. In entrambe le fonti normative, di imminente promulgazione – pare che entrambi i provvedimenti abbiano superato gli step della discussione in Trilogo – si definiscono ruoli, competenze, soggetti destinatari ed “attori” del sistema di protezione dati e, conseguentemente, di privacy, che presto riguarderanno Europa, Stati Membri e Paesi c. d. Terzi. Molta importanza verrà ovviamente affidata, si presume, alle autorità nazionali di controllo, ossia ai rispettivi Garanti della Privacy nazionali, che sono già in parte coordinati dal Garante Europeo per la Protezione dei Dati.

Da un punto di vista operativo e spicciolo, comunque, dovrebbe cambiare poco, ma sarà utilissimo dare una volta per tutte uniformità alle singole legislazioni nazionali e prevedere comuni procedure di accesso ai dati e di contenzioso in materia.

In ogni caso, ad oggi, le istituzioni Europee e nazionali che agiscono nel campo della sicurezza sono – in estrema e profonda sintesi – legittimamente titolari delle potestà relative all’uso, alla raccolta ed alla detenzione dei dati, per adempiere ai loro fini istitutivi ed ai loro scopi istituzionali. La c. d. “Iniziativa Svedese”, le c. d. “Decisioni di Prüm” altro non sono che tentativi normativi, già recepiti od in corso di recepimento per migliorare l’uso delle informazioni ed il loro scambio tra Stati membri.

Ed è qui il nodo centrale della questione: secondo la giurisprudenza europea e nazionale, è stata sinora generalmente considerata giusta la compressione del diritto alla privacy, se lo stesso interesse confligge con interessi superiori, quale il diritto alla vita, od il principio secondo cui occorre evitare che un reato venga perpetrato o portato a compimento. E sono di fatto questi i principi, per così dire, filosofici, che sottendono all’esistenza normativa delle più disparate banche dati – talune ancora nemmeno in funzione – che supportano la giustizia e le forze di polizia europee nella loro quotidiana missione di prevenzione del e contrasto del crimine.

Nello specifico settore ci sono state fondamentali sentenze della Corte di Giustizia Europea che hanno disciplinato e completamente ridisegnato l’architettura della protezione dati, specie nei rapporti economici  con i grandi colossi statunitensi, che sono di fatto i monopolisti della comunicazione social e dei provider di servizi online. Ad esempio, si pensi alla famosa sentenza sulla “Data Retention” (a cui facciamo integrale rimando) che ha fatto completamente saltare gli accordi finora perfettamente “efficienti” tra UE e USA. Ogni stato esterno all’UE, che gestisca materialmente dei dati di cittadini europei, prima era di fatto libero nella gestione stessa: o, meglio, pur dovendo assicurare un adeguato regime di protezione dei dati era abbastanza svincolato da forme di controllo e verifica da parte delle istituzioni comunitarie.

Nel caso degli usa si trattava del c. d. principio del “Safe Harbour”. Rivelatosi insufficiente a tutelare la privacy dei cittadini che affidavano ai colossi della telematica mondiale i propri dati, i propri interessi e le proprie fotografie, a seguito della sentenza il “Safe Harbour” è stato completamente rivisto e rimpiazzato dal più sicuro accordo denominato “Privacy Shield”. Istituzione europea deputata alla sigla di tali accordi è la Commissione che, con il nuovissimo sistema giuridico ha messo, per così dire, i paletti agli Stati Uniti, prevedendo garanzie chiare e obblighi di trasparenza applicabili all’accesso ai dati da parte del governo degli Stati Uniti, imponendo obblighi precisi alle società e una robusta applicazione, prevedendo una protezione effettiva dei diritti dei cittadini dell’UE con diverse possibilità di ricorso e ideando un meccanismo annuale di riesame congiunto dell’efficacia dello scudo.

Quindi, riassumendo, l’Europa non è in controtendenza con il buon senso: se da un lato prevede la giusta garanzia di privacy per questioni e diritti fondamentali, dall’altra riesce a bilanciare con forza la propria azione di raccolta delle informazioni necessarie alla salvaguardia dei suoi cittadini, difendendo i suoi interessi e la sua autonomia anche dagli amici oltre l’Atlantico.

Su questo dilemma permangono comunque fortissimi dubbi, specie con riguardo alle legislazioni nazionali. Si pensi, ad esempio, ai paesi in cui è illegale la prostituzione. Molti movimenti politici o semplici correnti di pensiero chiedono a gran voce la legalizzazione e la redazione di apposite norme in materia.

A parere di chi scrive una norma in materia non potrà mai essere promulgata, proprio per motivi di privacy, anche se il topic “prostituzione” è un argomento che ne lambisce molti altri: diritti umani, violenza di genere, sfruttamento, immigrazione, atti di disposizione del proprio corpo e via dicendo. Se fosse emanata una legge che regolarizzi e, di fatto, re-instituisca la prostituzione, la stessa confliggerebbe – a puro titolo esemplificativo – con le norme che impongono alle strutture ricettive di comunicare alle Autorità (e quindi di far inserire nelle banche dati) quali siano i loro avventori.

Inevitabilmente un cliente ed una prostituta verrebbero identificati, e potrebbe altrettanto venir tracciato un profilo delle persone che frequentano quella prostituta o che frequentano quella determinata area o che, peggio, si diversificano per le loro abitudini sessuali (che sono, ad oggi, giustamente, un dato sensibilissimo). Eppure è fondamentale per le Autorità conoscere quali siano gli avventori degli alberghi, che sono soggetti alle leggi di pubblica sicurezza e che producono registrazioni dei clienti che possono rivelarsi fondamentali nella risoluzione di casi giudiziari ed investigativi.

Qui il dilemma: tutela degli interessi pubblici o tutela degli interessi individuali?

Domenico Martinelli

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UE: rimpatrio per 308 profughi

BreakingNews/EUROPA/POLITICA di

La Commissione ha confermato che la Grecia sta respingendo 308 migranti irregolari in Turchia. L’Unione Europea sta infatti intensificando i suoi sforzi per fare in modo che coloro che non si sono qualificati per ottenere la protezione internazionale in Europa siano rapidamente e realmente riaccompagnati nei loro paesi di origine o respinti verso i paesi di transito.

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Il Commissario per la migrazione, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos, ha dichiarato: “Nell’ambito del piano d’azione comune UE-Turchia abbiamo deciso di accelerare le procedure di rimpatrio e di riammissione. La Commissione europea ha rafforzato il suo sostegno alla cooperazione in materia di rimpatrio tra gli Stati membri UE e la Turchia e i trasferimenti di oggi  dalla Grecia alla Turchia dimostrano che i nostri sforzi stanno iniziando a dare i loro frutti; se vogliamo affrontare le sfide della crisi dei rifugiati con successo abbiamo bisogno di tornare ad una gestione ordinata dei flussi migratori. Dobbiamo fare in modo che coloro che hanno bisogno di protezione vengano accettare, ma deve essere chiaro anche che coloro che non hanno diritto di restare nell’UE saranno modo rapido ed efficace respinti“.

Secondo la Commissione, per fare in modo che il sistema europeo comune di asilo funzioni, è fondamentale che la politica di rimpatrio sia pienamente funzionante. Pur nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e del principio di accoglienza, il rimpatrio verso i paesi d’origine o verso i paesi di transito da parte dei migranti irregolari che non hanno diritto di restare nell’UE costituisce una parte essenziale degli sforzi globali dell’UE per affrontare il fenomeno della migrazione e, in particolare, per ridurre quello dell’immigrazione irregolare.

E’ per questo motivo che il rafforzamento della cooperazione in materia di respingimento con la Turchia è considerata ad oggi quale una delle priorità principali della Commissione europea. Nell’ambito del piano d’azione congiunto UE-Turchia, attivato il 29 novembre, l’UE e la Turchia si sono impegnati a rafforzare la cooperazione in materia di gestione del fenomeno migratorio – anche attraverso la prevenzione dei flussi migratori irregolari verso l’UE – e ad accelerare le procedure di respingimento degli  immigrati irregolari, in linea con le disposizioni studiate ad hoc per.

Tra ieri e oggi, pertanto, è iniziato il respingimento degli immigrati irregolari, prevalentemente di origine marocchina, algerina e tunisina.

Un segnale chiaro ed inequivocabile per coloro che sanno a priori di non aver diritto alla protezione internazionale.

Domenico Martinelli

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UE, presidenza Olanda: gli obiettivi

EUROPA di

L’Olanda ha intrapreso il suo turno alla Presidenza del Consiglio dell’UE.
Come forse tutti sapranno, ormai dal 1º gennaio scorso è cambiata la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea. Il Lussemburgo ha ceduto il testimone ai Paesi Bassi. Così come dichiarato dal paese dei tulipani e dei mulini a vento, “la Presidenza punterà a un’UE concentrata sulle questioni realmente importanti per i cittadini e le imprese, che sia capace di creare crescita e occupazione attraverso l’innovazione e che sia vicina alla società civile. La presidenza promuoverà iniziative a livello dell’Unione solo se le riterrà più efficaci rispetto a politiche a livello nazionale”.

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Nei prossimi sei mesi la Presidenza si concentrerà su quattro settori chiave:
– migrazione e sicurezza internazionale;
– finanze pubbliche sane e una zona euro solida;
– l’Europa come entità innovatrice e creatrice di posti di lavoro;
– una politica lungimirante in materia di clima ed energia.

I Paesi Bassi ricopriranno l’incarico fino al 30 giugno 2016, seguiti da Slovacchia e Malta.
Come detto, la Presidenza del Consiglio è assunta a turno dagli Stati membri dell’UE ogni sei mesi. Durante ciascun semestre, essa presiede le riunioni a tutti i livelli nell’ambito del Consiglio, contribuendo a garantire la continuità dei lavori dell’UE in seno a questa Istituzione.

Gli Stati membri che esercitano la presidenza collaborano strettamente a gruppi di tre, e vengono per questo chiamati trio. Tale sistema è stato introdotto dal trattato di Lisbona nel 2009. Il Trio fissa obiettivi a lungo termine e prepara un programma comune, in cui si stabiliscono i temi e le questioni principali che saranno trattati dal Consiglio per un periodo di 18 mesi. Sulla base di tale programma, ciascuno dei tre paesi prepara un proprio programma semestrale più dettagliato.

Il trio di presidenza attuale, come detto è formato dalle presidenze olandese, da quella slovacca e da quella maltese e, ad esempio, la Slovacchia sta già inviando i propri intendimenti generali in merito. Ogni presidenza ha il compito di portare avanti i lavori del Consiglio sulla normativa dell’Unione europea, garantendo la continuità dell’agenda dell’UE, il corretto svolgimento dei processi legislativi e la cooperazione tra gli Stati membri. A tal fine, la presidenza deve agire come un mediatore leale e neutrale.

La Presidenza ha inoltre l’onere della pianificazione e della conduzione delle sessioni del Consiglio e delle riunioni dei suoi organi preparatori, coordinando le sessioni delle varie formazioni del Consiglio per ciascun livello (ad eccezione del Consiglio “Affari esteri”) e le riunioni dei suoi organi preparatori, che comprendono i comitati permanenti, come il Comitato dei rappresentanti permanenti (più noto come COREPER), ed i gruppi e i comitati che si occupano di temi specifici.

Il tutto assicurando il regolare svolgimento dei dibattiti e la corretta applicazione del regolamento interno e dei metodi di lavoro del Consiglio, ed intervallando le riunioni formali con quelle informali, che si possono tenere a Bruxelles e nel paese che esercita la presidenza a rotazione.

Altro compito della presidenza di turno è quello di rappresentare il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni dell’UE, in particolare con la Commissione e il Parlamento europeo. Il suo ruolo è adoperarsi per raggiungere un accordo sui fascicoli legislativi attraverso i cosi detti “triloghi”, ossia riunioni informali di negoziazione e riunioni del comitato di conciliazione, in cui le tre principali Istituzioni europee concordano i testi legislativi e decidono compromessi sulle diverse istanze rappresentate.

La Presidenza lavora in stretto coordinamento con il presidente del Consiglio europeo (che ricordiamo è un organo di alto indirizzo polito ed è altra cosa dal Consiglio d’Europa) e con l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, carica ricoperta attualmente dall’on. Mogherini.

Nei confronti di quest’ultima istituzione, la Presidenza è chiamata a sostenerne i lavori e a svolgere determinate mansioni per conto dell’Alto Rappresentante, come rappresentare il Consiglio “Affari esteri” dinanzi al Parlamento europeo o presiedere il Consiglio “Affari esteri” quando quest’ultimo discute questioni di politica commerciale.
La Presidenza Olandese sta ovviamente cominciando a muovere i suoi primi passi già da questi giorni. Attivissimi e cliccatissimi sono i siti di riferimento.

Tra tutte le iniziative divulgate, oltre alla pubblicazione del calendario del semestre, spicca il primo programma culturale: l’apertura di un centro visitatori ad Amsterdam. Proprio ieri, lo scorso 4 gennaio, infatti, il ministro Olandese per gli Affari Esteri, Bert Koenders ha ufficialmente inaugurato “Il muro della vita” ad Amsterdam. Questa istallazione artistica interattiva, situata nei pressi del luogo che verrà dedicato agli eventi UE, è un luogo in cui i cittadini e gli artisti potranno scambiarsi idee sull’Europa in maniera libera e creativa, il tutto al fine di coinvolgere maggiormente i cittadini ed il pubblico circa il lavoro dell’Europa e , più nello specifico, della Presidenza Olandese nei vari settori d’intervento prefissati.

Seguiremo i lavori della presidenza passo per passo, specie nell’ambito di nostra competenza, con la speranza di veder risolti quanto prima i problemi attinenti la sicurezza interna e la migrazione.
Domenico Martinelli

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La rete Europea contro l’Apolidia lancia il suo nuovo report

Varie di

logo_ENSLa ENS – European Network on Statelessness (Rete Europea per l’Apolidia) sta lanciando in queste ore  il suo nuovo rapporto “Nessun bambino dovrebbe essere Apolide” parte integrante della sua campagna mirata a mettere fine all’apolidia infantile in Europa. L’ente è una charity di diritto inglese, con sede a Londra, e come tale è da intendersi quale un ente non governativo, che è alla continua ricerca di partnership col mondo accademico, organizzazioni internazionali, ed esperti del settore asilo ed immigrazione.

Il rapporto offre una sintesi di studi di ricerca condotti dai membri ENS in otto paesi europei, come pure un’analisi delle leggi nazionali in tutti i 47 Stati del Consiglio d’Europa (che ricordiamo, non è né il consiglio Europeo, né il Consiglio dell’Unione Europea, come abbiamo già spiegato su europeanaffairs.media, ma un’organizzazione internazionale che comprende anche Stati non UE, che ha come principale obiettivo la salvaguardia dei diritti dell’uomo) . Il documento spiega perché molte ibelong-fb-cover-Boy_itamigliaia di bambini continuano a crescere senza cittadinanza, a causa di lacune nelle leggi europee in materia o per via di ostacoli burocratici che talvolta impediscono la regolare registrazione delle nascite. Il rapporto rivela che anche tra gli Stati che hanno aderito alle convenzioni internazionali, più della metà non hanno ancora dato corretta attuazione ai relativi obblighi, volti a garantire che i minori acquisiscano una nazionalità. La ricerca di ENS fa luce anche sui casi nuovi ed emergenti di apolidia infantile e si focalizza proprio sul rischio corso da coloro che vengono adottati, o riconosciuti da coppie dello stesso sesso o da bimbi che nascono da rifugiati e migranti o attraverso la maternità surrogata.

Secondo i relatori,il cui lavoro quò essere scaricato qui, l’apolidia infantile – che genera inevitabilmente notevoli difficoltà nell’accesso a diritti e servizi – può essere un problema del tutto risolvibile: la relazione si conclude infatti con una serie di raccomandazioni volte a guidare l’azione per affrontare in modo più efficace il fenomeno in Europa.

Segnaliamo che l’argomento è oggetto di un hashtag su Twitter, #StetelessKids, e che una discussione passaportionline sul social è stata lanciata tra le 16.00 e le 18.00 (ora dell’Europa Centrale) di lunedì 21 settembre. Sull’argomento si è anche espresso Nils Muižnieks, Commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, con delle dichiarazioni su cui ritorneremo. All’evento ed alle discussioni nel settore partecipa anche l’UNHCR, con una campagna denominata #IBelong, che mira all’eradicamento dell’apolidia entro un decennio.

Il motto dell’ENS? “Ognuno ha diritto ad una nazionalità”.

 

 

 

Ue: nuove proposte sulla sicurezza

EUROPA/POLITICA di

Al vaglio misure per aiutare gli Stati partner nella lotta al terrorismo e alla criminalità. All’orizzonte anche alcune manovre di bilancio per favorire i processi di pace in Africa.

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La Commissione Europea e l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue hanno recentemente diramato un comunicato in materia di sicurezza. Non è una novità: ma l’obiettivo stavolta è quello di aiutare i paesi partner e le organizzazioni regionali a prevenire crisi in materia di sicurezza utilizzando gli strumenti di cui l’Unione ed i singoli Stati Membri dispongono, sulla scorta delle lezioni apprese nei paesi terzi come le missioni di formazione in Mali o in Somalia o, più indietro nel tempo, in Bosnia e Congo (si pensi alle missioni sotto egida UE denominate “EUFOR Althea” ed “EUFOR RD Congo”, a cui hanno partecipato negli anni folti contingenti di militari e non provenienti dal nostro Paese).

La “comunicazione” congiunta, che suona come un’importante dichiarazione di intenti, svela quali siano ad oggi le criticità del sistema Europa in materia sicurezza e difesa ed illustra una serie di proposte anche economico – finanziarie per fronteggiare le minacce del terrorismo e della criminalità organizzata emergenti dentro i confini dell’Unione. Il tutto manifesta l’evidente intento di Junker e di Mogherini di attribuire una missione ancora più globale dell’Europa. Il documento è da ritenersi quale un vero e proprio libro bianco di livello strategico in materia di sicurezza; la stessa Mogherini ha dichiarato: “Con queste nuove proposte intendiamo aiutare i nostri partner ad affrontare le sfide connesse al terrorismo, ai conflitti, alla tratta di esseri umani e all’estremismo. Permettere ai partner di garantire la sicurezza e la stabilizzazione sul loro territorio non serve solo a favorire il loro sviluppo, ma è anche nell’interesse della stabilità internazionale, comprese la pace e la sicurezza in Europa”.

Alcuni manovre di bilancio illustrate nel documento per il raggiungimento dell’obiettivo prefissato dalle Istituzioni UE sono:
– adattare il Fondo per la pace in Africa per ovviare alle sue limitazioni;
– creare un nuovo fondo che colleghi pace, sicurezza e sviluppo nell’ambito di uno o più strumenti già esistenti;
– creare un nuovo strumento finanziario destinato specificamente a sviluppare la capacità dei paesi partner in materia di sicurezza.

Materialmente, il supporto che la Commissione vorrebbe fornire potrebbe consistere nella fornitura di ambulanze e materiale di protezione o mezzi di comunicazione alle forze militari nei paesi in cui le missioni della politica di sicurezza e di difesa comune stanno già assicurando formazione e consulenza, ma dove la loro efficacia risente della mancanza dei mezzi essenziali.

Il tutto assume una maggiore rilevanza se si pensa che proprio domani, 7 maggio, un’importante Comitato del Consiglio dell’Unione Europea, il COSI – Standing Committee on Internal Security, si riunirà in maniera informale a Riga, in Lettonia (che è il paese attualmente reggente la Presidenza del Consiglio): in quella sede si discuterà principalmente di terrorismo, di foreign fighters, di confini, di immigrazione e dell’operato delle numerose agenzie europee operanti nel settore JHA (Justice and Home Affairs).

Questi eventi, questi “atteggiamenti”, devono indurci a pensare che l’Europa, e le sue numerose Istituzioni, con uno sguardo all’interno ed all’esterno dei suoi confini stanno cercando di assumere un ruolo di sempre maggior rilievo nella gestione civile delle crisi e dei risvolti ad esse interconnessi. L’Europa, in sintesi, pur non abbandonando i suoi primigeni obbiettivi strategici di natura politico-economica, sta operando finalmente in maniera sempre più incisiva anche negli equilibri e negli assetti internazionali, valicando – e anche di molto – i suoi confini geografici ed assurgendo ad organizzazione internazionale sempre più “completa”.

Domenico Martinelli

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