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David Cameron

Migranti a Calais – “Le parole sono importanti”, Cameron!

EUROPA/POLITICA/Varie di

Se fosse stato un personaggio surreale nel film “Palombella rossa”, avendo come interlocutore il Nanni Moretti impietoso di allora, David Cameron, il premier britannico, si sarebbe preso un ceffone memorabile sulle guanciotte rosee (molto british) e si sarebbe memorizzato a vita un “le parole sono importanti!!!” a seguito di quanto dichiarò ieri in tema di migranti.

“È molto complicato, lo capisco, perché c’è uno sciame di persone che arrivano attraverso il Mediterraneo, cercando una vita migliore; che vogliono venire in Gran Bretagna perché la Gran Bretagna ha posti di lavoro, è un’economia in crescita…”. Lo dice nel corso di un’intervista televisiva durante il suo tour in Vietnam, usando parole inopportune, perché no, sbagliate, per riferirsi ai migranti che da giorni tentano di attraversare l’Eurotunnel partendo da Calais.
La Gran Bretagna “non è un rifugio” per migranti e “sarà fatto tutto il necessario per garantire che i nostri confini siano sicuri”, ripete senza sosta Cameron in questi giorni. Ma in quell’intervista rilasciata a ITV News dal Vietnam, il premier si è lasciato andare usando una terminologia inaccettabile.

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Un commento “irresponsabile” e “disumanizzante” lo ha definito il Consiglio per i rifugiati britannico: “Questo tipo di retorica – aggiunge l’organizzazione – è molto irritante e arriva in un momento in cui il governo dovrebbe concentrarsi e lavorare con le controparti europee per rispondere con calma e compassionevolmente a questa terribile crisi umanitaria”. Cameron si dovrebbe ricordare che sta parlando di “persone non di insetti”, ha attaccato nel corso di un’intervista alla Bbc la leader ad interim dei Labour , Harriet Harman: “Credo che sia molto preoccupante – ha detto – che Cameron sembri voler aizzare la gente contro i migranti a Calais”. Anche Andy Burnham, altro contendente nella competizione per la leadership laburista, su Twitter condanna: “Cameron che chiama i migranti ‘sciame’ è a dir poco vergognoso”.
“Cameron rischia di disumanizzare alcune delle persone più disperate del mondo. Stiamo parlando di esseri umani, non insetti”, critica anche il leader dei liberal-democratici britannici, Tim Farron. “Usando il linguaggio del primo ministro” ha aggiunto “ perdiamo di vista quanto disperato deve essere qualcuno che si aggrappa al fondo di un camion o in treno per la possibilità di una vita migliore”.
Quando a distanziarsi da tale linguaggio è pefinoNigel Farage,il leader di UKIP, celebre per la sua posizione anti-migratoria, suggerendo che il linguaggio del premier era “parte di un suo sforzo per apparire forte sull’immigrazione” e che lui non avrebbe usato un linguaggio simile.

Il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per le migrazioni, Peter Sutherland ha ricordato che il dibattito nato sui migranti in arrivo da Calais “è decisamente eccessivo”: “Stiamo parlando – ha detto alla Bbc – di un numero di persone relativamente piccolo rispetto a quello che altri Paesi si stanno trovando a fare e che devono essere aiutati da Francia e Gran Bretagna”. In numeri: la Germania l’anno scorso ha ricevuto 175 mila domande di asilo e Londra 24 mila. “Qui stiamo parlando a Calais di un numero di persone tra le 5 mila e le 10 mila che vivono in condizioni terribili. La prima cosa che dobbiamo fare collettivamente è occuparci delle loro condizioni invece di parlare di costruire muri”.

Intanto, il dibattito sul “che fare” si infuoca ogni giorno tra i sudditi si Sua Maestà. “Gli importanti flussi migratori provenienti da Siria e Africa subsahariana sono una realtà. Non sono il risultato di trattati o di direttive dell’UE. Certi rifugiati tenteranno con tutti i mezzi di giungere in Gran Bretagna passando dalla Francia. Soltanto i Paesi che cooperano malgrado tutte le difficoltà potranno gestire, o diminuire, un movimento migratorio tanto forte … Il problema non è puramente britannico o puramente francese, è una questione comunitaria. Deve essere risolto in comune, in un modo tanto umano quanto risolutivo”, riporta The Guardian il 29 luglio.

Il ministro dell’Interno britannico Theresa May ha annunciato lo stanziamento di altri 7 milioni di sterline (10 milioni di euro) per rafforzare la sicurezza nei terminal di imbarco dell’Eurotunnel a Coquelles, nel Nord della Francia, al termine del suo incontro con l’omologo francese Bernard Cazeneuve. L’annuncio arriva dopo che Eurotunnel ha riferito dell’incursione lanciata in queste notti da parte di circa 2.000 migranti che tentano il tutto e per tutto per attraversare la Manica e raggiungere la Gran Bretagna.

Si rischia la vita ogni notte e, a volte, la si perde, come è accaduto la sera del 27 luglio quando, a perdere la vita, è stato un ragazzo sudanese di 20 anni rimasto schiacciato da un camion. A Parigi, un altro, di nazionalità egiziana, è rimasto fulminato mentre cercava di salire su un treno Eurostar.

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“Con la Francia lavoriamo a stretto contatto su una situazione che interessa  entrambi i Paesi. La Francia ha gia’ rafforzato il proprio dispositivo di polizia. Il governo del Regno Unito stanziera’ altri 7 milioni di sterline per la sicurezza a Coquelles”, ha detto May. Questi ulteriori 7 milioni si aggiungono agli oltre 15 stanziati in precedenza. Stando all’ultimo conteggio ufficiale, di inizio luglio, sono circa 3.000 i migranti presenti a Calais, per la maggior parte eritrei, etiopi, somali ed afgani.

Queste sono le misure alle quali si affidano le autorità per sedare ogni tentativo di passaggio dei migranti nel tratto della frontiera sottomarina più celebre del mondo. A sentire loro, però, nulla potrà fermare i tentativi di raggiungere l’obiettivo finale. Di certo, pensare a viaggi e odissee che durano anni per arrivare fin lì, nulla lascia pensare che l’ostacolo ultimo potrà mai farli desistere.

Il Tunnel della Manica, che collega la Gran Bretagna all’Europa continentale, divenne operativo, dando la possibilità di transitare via terra a persone e merci per ben 39 km sottomarini, dal 1994 dopo ben 8500 anni, ovvero dalla fine dell’ultima glaciazione. Una conquista dell’umanità, un’unificazione materiale che, per il suo stesso funzionamento particolare, fa da passaggio e barriera.

Tories o Lab? Il Regno Unito all’ultimo dilemma

EUROPA/POLITICA di

Due giorni al voto per i cittadini del Regno Unito e il mistero s’infittisce. Mai come a questo giro di elezioni generali si è raggiunto tale grado di imprevedibilità. Votare o non votare Tory? Votare o non votare Labour? A proposito, ci risiamo con i testardi scozzesi!

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Quinta potenza economica mondiale, il Regno si interroga sulle priorità che la politica dovrà inserire e affrontare nella prossima agenda quinquiennale. Al civico 10 di Downing Street continuerà ad avere le chiavi il conservatore Cameron o il laburista Miliband? Una cosa è certa, sta per finire l’era del monopolio di governo anche a Londra. I due leader dovranno provvedere ad alleanze estese per poter garantire la governabilità. Quasi una “normalità” per il resto d’Europa, Germania in primis con un modello di alleanze che “funziona” e Italia con qualche “problemino” in più, ma totalmente una novità per i britannici i quali si vedono alternare i governi laburisti o conservatori dal lontano 1922. Una simile situazione era venuta a crearsi già nel 2010 con i Lib Dem di Nick Clegg, con i quali Cameron mise su la coalizione.

Sistema elettorale e composizione del Parlamento

First past the post- così è chiamato il sistema maggioritario uninominale a norma del quale il territorio del Regno Unito è diviso in 650 circoscrizioni elettorali. La suddivisione delle circoscrizioni è divisa in questo modo: 523 in Inghilterra; 59 in Scozia; 40 in Galles; 18 in Irlanda del Nord. Da ciascuna circoscrizione verrà espresso un rappresentante da mandare alla Camera dei Comuni che assieme alla Camera dei Lord, composta da membri nominati, andrà a comporre il futuro Parlamento. La maggioranza assoluta è quantificata in 326 seggi. Un numero però improbabile da raggiungere da entrambi i partiti.

David Cameron ha dalla sua il cosiddetto” establishment” anche e soprattutto per la ripresa veloce del Regno Unito nell’economia dopo il fermo imposto dalla crisi globale. Culla del capitalismo liberale, il Regno Unito ha dato un forte segnale di rilancio, ma i frutti di questa ripresa, ad oggi, si segnalano a livello macro, la classe media deve ancora attendere le future buste paga per poterla verificare su di se.

Ed Miliband, dopo aver vinto al fratello David la leadership del Partito Laburista, Ed “il nerd” o Ed “il rosso” per i conservatori, sta guadagnando punti nei sondaggi in maniera decisiva e costante. Partito sfavorito all’inizio della campagna elettorale, ha saputo giocare molto sull’immagine, puntando all’autoironia, valore aggiunto come sempre nell’animo inglese.

I Lib Dem di Nick Clegg, voto di protesta nel 2010, oggi hanno perso la loro genuinità e vengono visti come parte del sistema. Lo Ukip di Nigel Farage, dopo l’exploit delle elezioni europee di un anno fa rimane l’anima indomata del panorama politico britanico, ma la sua portata antieuropeista e populista non si prevede possa essere determinante il 7 maggio prossimo. Infine troviamo  verdi che, con l’aiuto delle spinte da sinistra, puntano a qualche seggio.

Chi confonde le acque di tories e lab è l’SNP, il Partito Nazionale Scozzese con a capo il Primo Ministro donna, Nicola Sturgeon. Dopo aver perso il referendum sull’indipendenza della Scozia dal Regno Unito a settembre 2014 la popolarità della Sturgeon non è che aumentata. Una ventata di parole “di sinistra” e di grinta che fanno  la differenza. Escludendo ogni punto d’incontro con Cameron, si presume che l’SNP possa coalizzarsi con i laburisti di Miliband in caso di vittoria di questi, ma solo due giorni fa, lo stesso Miliband ha negato questa possibilità. Partendo dal presupposto che nessuno dei leader ha mai parlato o reso esplicite le possibili alleanze, pare inverosimile la chiusura totale della possibilità di alleanze tra questi due partiti.

Battaglia di seggi, battaglia di news. Lo schieramento dei grandi quotidiani, The Guardian e Financial Times in testa, rispettivamente per i laburisti e i conservatori è altrettanto un aspetto fondamentale. Il potere mediatico anglosassone determina più di una manciata di voti e si svolge ad altissimi livelli. Una copertura invidiabile dell’argomento su tutti i fronti, la City della finanza, le città operaie, le periferie del Regno vengono battute come in un trekking mainstream delle intenzioni di voto.

In sintonia con le ventate dal basso nel mondo occidentale, anche nel Regno Unito si continua ad auspicare una politica inclusiva con pressioni dal basso e sopratutto dai “giovani disillusi”, vedendo in questi il veicolo tramite il quale attingere a una nuova politica, più vera, più reale, più tangibile, fuori dall’establishment.

Europa: Should I stay or should I go?

Pochissima Europa in questa campagna elettorale da tutte le forze politiche coinvolte. David Cameron, in caso di vittoria indirà un referendum se rimanere o meno nell’UE. Miliband non lo farà. Stranota la posizione dell’UKIP, altre invece sono le priorità del SNP. Non è un mistero lo scetticismo britannico nei confronti dell’Europa unita, ma in caso di vittoria di Cameron e di eventuale uscita del Regno Unito dall’UE a indebolirsi sarà quest’ultima,  in caso contrario con presumibile rafforzamento del SNP a dover fare i conti con l’indebolimento interno sarà lo stesso Regno Unito.

Appuntamento, il 7 maggio dalle 7.00, Greenwich Mean Time.

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Sabiena Stefanaj

Ue, immigrazione: più fondi ma è spaccatura su rifugiati

Difesa/EUROPA/POLITICA di

Triplicate le risorse destinate alle operazioni Triton e Poseidon. Rimane la divisione sull’accoglienza dei richiedenti asilo.

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120 milioni di euro stanziati a Frontex per l’operazione Triton (quasi quanto quelli destinati a Mare Nostrum), aumento dell’area operativa e supporto logistico-navale all’Italia da parte dei Paesi del Nord Europa per agevolare il respingimento dei barconi provenienti dalla Libia. Nessun aiuto ad Italia, Grecia e Malta in materia di accoglienza dei rifugiati politici. No temporaneo ad un’azione militare diretta contro il porto di Tripoli. Questi i punti più rilevanti messi nero su bianco dal Consiglio Europeo straordinario, seguito prima da un vertice a quattro i leader di Italia, Gran Bretagna, Germania e Francia, andato in scena giovedì 23 aprile a Bruxelles.

Le premesse di una vera politica unitaria a livello continentale in materia di contrasto all’immigrazione e al terrorismo erano state anticipate nei giorni scorsi prima dal meeting dei ministri degli Interni e degli Esteri dell’Ue, poi dall’annuncio della riunione del Consiglio Europeo dato dal presidente Donald Tusk a seguito della strage di domenica scorsa in cui sono deceduti almeno 800 naufraghi.

Ma la realtà è ben diversa. Gli interessi e i punti di vista diversi hanno fatto sì che tra l’Italia e Paesi come Gran Bretagna e Svezia non si arrivasse ad una vera politica unica. Proprio David Cameron, offertosi di inviare la nave Hms Bulwark nell’abito delle operazioni di pattugliamento nel Mediterraneo, ha precisato di non volere accogliere nessun migrante. Mentre la cancelliera Angela Merkel ha aperto alle richieste di Roma, precisando tuttavia che «Svezia, Germania e Francia da sole accolgono il 75% dei rifugiati nell’Ue».

Insomma, l’accoglienza delle migliaia di migranti, che potrebbero attestarsi oltre le 20000 unità entro la fine del 2015, rimane su base volontaria. Renzi ha espresso soddisfazione per la volontà di collaborazione dei partner europei. Mentre, al momento, sembra essere rientrata la questione di un’azione militare contro il porto di Tripoli e con l’ausilio di droni: Merkel e lo stesso Primo Ministro italiano hanno ritenuto necessario, infatti, un pronunciamento delle Nazioni Unite su questa questione.

Ma la verità è che le differenze rimangono. Differenze che riguardano il giudizio degli Stati nordeuropei sull’operazione “Mare Nostrum” condotta dalla Marina Militare italiana e bollata come controproducente nella lotta all’immigrazione. E che influisce in maniera negativa sulla credibilità delle attuali Triton e Poseidon. Ma anche differenze per il futuro. Migranti, richiedenti asilo politico e terroristi provenienti non solo dalla Libia, ma dal resto dell’Africa e da parte dell’Asia sono di fatto le patate bollenti lasciate nelle mani della politica italiana.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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