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La vera importanza del referendum sul divorzio

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Il 12 e 13 maggio del 1974, hanno rappresentato una svolta epocale in Italia della quale, forse, sul momento non abbiamo capito appieno la portata. Ci sono date che, in una nazione, segnano la sua storia, come il 4 luglio negli Stati Uniti o il 14 luglio in Francia. In Italia sicuramente il 2 giugno del 1946 è stato fondamentale, così come, nel 1948, il 18 aprile e il 14 luglio: la prima, data delle elezioni che segnarono l’affermazione della DC sul fronte delle sinistre, la seconda quella dell’attentato a Togliatti che bloccò definitivamente le velleità di portare il paese verso l’Unione Sovietica. Tuttavia il giorno in cui venne bocciata la proposta di abrogazione del divorzio, forse è accaduto qualcosa di più importante. E probabilmente non solo in Italia.

Nel 1970 era entrata in vigore la Legge Fortuna – Baslini, che aveva introdotto il divorzio dopo che, fin dall’Unità d’Italia, le proposte per inserimento nel nostro ordinamento erano state bocciate a causa del peso della chiesa cattolica che, ovviamente, non poteva avallare in alcun modo la possibilità che fosse un provvedimento civile a far venir meno un vincolo sacramentale. Le polemiche erano ben oltre l’aspro; Benedetto Croce definì la proposta Zanardelli del 1901 un atto anticlericale. Il problema venne messo da parte durante il ventennio: sarebbe stato difficile fare un simile sgarbo alla chiesa dopo la firma dei Patti Lateranensi.

L’introduzione del divorzio venne ovviamente accompagnata da forti polemiche in un’Italia che ancora, in gran parte, mal digeriva le idee e i movimenti degli anni 60 e, in particolare del 68 che viveva ancora la sua onda lunga. Per molti aspetti era ancora quell’Italia in cui dominava la censura che impedì di mandare in radio “Dio è morto”, che peraltro era trasmessa da Rodio Vaticana, e che imponeva alle gemelle Kessler di nascondere le gambe in TV. Eravamo negli anni dei figli dei fiori, ma si respirava l’aria del 1950, quando il futuro presidente Scalfaro gridò allo scandalo per una signora che, in un ristorante, aveva le spalle scoperte. Era l’Italia di Paolo Fiordelli, vescovo di Prato che aveva affisso alle porte della chiesa un manifesto con cui esponeva alla pubblica gogna una coppia che aveva avuto l’ardire di sposarsi solo in comunque, definendoli pubblici concubini.

 In questo clima dove le differenti istanze erano fortemente contrapposte, la Democrazia Cristiana e il suo segretario, un politico di elevato livello culturale ed economista di spessore, Amintore Fanfani, si fecero portavoce delle istanze della Chiesa nella battaglia per l’abrogazione. Ma anche lo stesso fronte cattolico era spaccato: le ACLI si erano schierate a favore del divorzio, mentre il movimento per l’abrogazione vedeva tra i suoi promotori, oltre ai vertici della DC e la Chiesa, nomi quali Giorgio La Pira. A favore dell’abrogazione personaggi dello spettacolo come Domenico Modugno e Arnoldo Foà: il suo intervento si trova su YouTube, ed è ancora carico di significato. 

L’esito del voto, il primo referendum dell’Italia Repubblicana, fu una schiacciante sconfitta per chi voleva l’abolizione del divorzio, per la DC, per la Chiesa, per Fanfani. L’affluenza alle urne fu massiccia: oltre l87% degli aventi diritto si presentò alle urne ad esercitare il proprio diritto dovere. Il 59,26 per cento degli elettori disse NO, e la legge rimase in vigore. Fanfani si dimise pochi mesi dopo, consapevole delsuo fallimento.  L’anno successivo venne approvata la riforma del diritto di famiglia, e la donna ottenne la parità di diritti nella coppia. Probabilmente un esito diverso del referendum avrebbe influito anche sull’approvazione di questa normativa.

Ma cosa rappresentò in realtà questo voto? Molto probabilmente portò alla luce un significativo cambio di mentalità negli italiani e un forte richiamo alla chiesa nelle sue gerarchie e come istituzione. Era il segnale che, insieme al mondo, era cambiata anche una mentalità radicata da secoli e il potere non solo temporale della chiesa, forse anche sulle coscienze da secoli, era venuto meno. Una nuova coscienza, rispettosa ma laica, si era pian piano formata.

Forse erano anche esiti del Concilio Vaticano Secondo, i cui effetti riformatori si stavano avvertendo: il prete che non voltava la schiena ai fedeli durante la celebrazione della messa non più in latino, avevano fatto perdere quel senso di sottomissione reverenziale all’istituzione e ai suoi dogmi. Le coscienze si formavano in maniera più libera e critica ed anche, quasi certamente, senza voler forzatamente aderire a dottrine completamente atee e negazioniste di un Dio. 

La campagna elettorale che precedette il referendum viene ancora vista come una contrapposizione tra lo schieramento cattolico e il laicismo; ma è più verosimile che fosse ormai giunto il momento in cui l’ortodossia cattolica doveva fare i conti con se stessa e con il nuovo contesto sociale che si era venuto a creare e nel quale avrebbe volutocontinuare a vivere come all’epoca del Papa Re, quando il timore di una scomunica metteva in agitazione. Ma non erano più i tempi di Enrico IV che dovette recarsi a Canossa per ottenere la revoca della scomunica.

Nel 1978 il passo successivo, che segno il punto di non ritorno: l’approvazione della legge sull’aborto e l’abolizione delle norme del codice penale che prevedevano, tra i delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe, anche la pena della reclusione per la donna che volontariamente si fosse sottoposta ad un aborto.

Norme inimmaginabili solo venti anni prima.

1872 nasce la specialità degli Alpini

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Esperti rocciatori, truppe da montagna altamente addestrate, sciatori fuori dal comune, nonché il più antico Corpo di Fanteria da montagna attivo nel mondo. Nato il 15 ottobre 1872 per volere del Generale Giuseppe Perrucchetti – Medaglia d’oro al Valore Militare nella battaglia di Custoza – che già nel marzo 1872 aveva mosso il primo passo con un articolo suRivista Militare,dal titolo “Considerazioni su la difesa di alcuni valichi alpini e proposta di un ordinamento militare territoriale della zona alpina “e con il contributo del Senatore del Regno, nonché Generale anch’egli, Cesare Ricotti-Magnani, il quale con uno stratagemma riusci ad inserire l’istituzione delle prime quindici compagnie alpine in un largo programma
di riforma militare.

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Covid-19: una pedina fondamentale sulla scacchiera internazionale

Con “trappola di Tucidide” il grande storico attribuiva lo scoppio della guerra fra Atene e Sparta alla crescita della potenza ateniese, e alla paura che tale crescita causava nella rivale Sparta. Oggi mentre il mondo affronta una delle sue sfide più importanti, lo scenario internazionale ci pone di fronte alla possibilità che questa trappola scatti. Ancor prima dell’emergenza Covid-19, si scorgeva una fase storica in cui una potenza a lungo dominante -gli Stati Uniti- fronteggiava una potenza emergente -la Cina- e in molti, sullo scenario internazionale, temevano per gli effetti di questa competizione.

Un duello già visto

Quest’anno per l’economia globale sarà il peggiore degli ultimi cent’anni. Solo negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione nel mese di aprile è passato al 14,7%, il più alto dalla Grande Depressione, e sicuramente le continue pressioni tra Stati Uniti e Cina non porteranno a sviluppi migliori. Nel giro di pochi mesi gli umori dell’amministrazione americana verso Pechino si sono più volte capovolti. Prima le battaglie su Huawei, il 5g e lo spionaggio informatico che, ad un certo punto, sembravano risolte con una stretta di mano tra i due leader, ma con lo scoppio del contagio il Covid-19 è diventato una pedina fondamentale sulla scacchiera internazionale.

Il Coronavirus appare in Cina a “fine dicembre” e per il mese di gennaio si rivela un problema solo cinese. Trump e i suoi esperti non esternano preoccupazione, anzi per tutto il mese e quello successivo, Trump elogerà la Cina: il 24 gennaio sul suo profilo Twitter il Presidente statunitense scriveva: “China has been working very hard to contain the Coronavirus. The United States greatly appreciates their efforts and transparency. I twill out well. In particular, on behalf of the American People. I want to thank President Xi”. Non solo Trump ringraziava il Presidente Xì per il lavoro svolto, ma il 10 febbraio si congratulava anche con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per poi accusarla a metà aprile di aver “portato avanti la disinformazione della Cina riguardo al coronavirus” e decidere la sospensione degli aiuti per un periodo tra i 60 e i 90 giorni.

La comunicazione si fa sempre più difficile

Mentre l’epidemia cresce negli Stati Uniti, a inizio marzo gli infètti sono 1300 e i morti 36, Trump dichiara emergenza nazionale e il tono nei confronti di Pechino cambia. Il Covid-19 inizia e diventare il “virus cinese” mentre il portavoce del Ministro degli esteri cinese accusa “il virus potrebbe essere partito dagli Stati Uniti e portato a Wuhan dall’esercito statunitense, quando lo scorso ottobre più di 300 soldati americani si trovavano a Wuhan per il campionato mondiale di giochi militari”.

La battaglia si sposta sul controllo della narrazione della pandemia e la comunicazione diventa la chiave per decidere chi uscirà vincitore su scala mondiale. Iniziano le ripercussioni sui giornalisti. Il 19 febbraio Pechino espelle tre cronisti del “Wall street journal”, accusati di aver utilizzato un titolo dispregiativo “China is Real Sick Man of Asia”, a cui si accoderanno più tardi anche i giornalisti del New York Times e del Washington Post. D’altra parte, Washington risponde allontanando 60 inviati cinesi dei principali media filogovernativo.

Nel frattempo, le voci che il virus possa provenire dai laboratori di Wuhan, viene smentita il 17 marzo dalla rivista scientifica “Nature medicine”. Il Covid-19 è il risultato di un’evoluzione naturale, arrivata dal pipistrello, ma questo non ferma né la propaganda americana né il Presidente Trump che annuncia l’intervento dell’intelligence americana per investigare sulle origini del Covid-19, mentre la Cina rispedisce le accuse al mittente affermando che gli Stati Uniti spostano l’attenzione dei loro ritardi nell’agire contro il coronavirus.

Lo scontro comunicativo si rinvigorisce con le esternazioni del segretario di Stato americano, Mike Pompeo che domenica scorsa davanti all’Abc, affermava di avere enormi prove che il virus provenga dai laboratori di Wuhan. Posizione ritrattata parzialmente pochi giorni dopo, “ci sono solo delle evidenze ma non delle certezze” e riaccusa Pechino di mancata trasparenza nella fase iniziale del contagio e di continuare a essere “opaca” e a “negare l’accesso” alle informazioni.

Il Covid-19 e la leadership internazionale

Quello che oggi appare più evidente non sono solo le conseguenze del Covid-19 nel mondo ma anche il ruolo che esso ha assunto nella contrapposizione tra Stati Uniti e Cina. Quello che la storia ci dirà è che quel “rinoceronte grigio” (espressione coniata dall’analista politico americano Michele Wucker che si riferisce ai pericoli grandi e trascurati) è già in casa nostra ed ha subito un processo di fusione. Come i tentacoli di una piovra che si legano immediatamente a qualsiasi cosa, il Covid-19 è progressivamente diventato la nuova pedina da sfruttare per respingere l’ambizione della Cina di colmare il vuoto di leadership con gli Stati Uniti. E l’Europa? La sensazione è che l’Ue abbia bisogno di un processo rigenerativo per poter acquisire quel sentimento di unione tanto promosso quanto artificioso. Nell’attesa che questo processo possa presto manifestarsi, la speranza è quella di non restare intrappolati nello scontro tra Usa e Cina. La sensazione è che l’Ue non dovrà fronteggiare solo le gravi conseguenze che il Covid-19 lascerà, oltre a far fronte a questa pandemia che colpisce in maniera orizzontale ogni paese, l’Ue dovrà contrastare da un lato, il forte euroscetticismo presente nei propri confini e dall’altro, la prospettiva di una contrapposizione sempre più forte tra Cina e Usa. Dalle sue risposte dipenderà il suo futuro, la sua leadership internazionale e la sua indipendenza rispetto ai due principali contendenti a livello globale.

Covid19 Emergenza Ristorazione La pietra Scheggiata chiusa regala pizze

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Continua la nostra inchiesta sul settore del turismo, oggi parliamo con l’imprenditore della ristorazione Mauro Ciavarella, proprietario de “la Pietra scheggiata a Roma”. Nonostante la chiusura del locale Mauro però non si è fermato del tutto, due volte a settimana cucina pizze per donarle a chi non si può permettere un pasto caldo in questi giorni di estrema crisi, se prima capitava ogni tanto oggi sono molte le persone che chiedono aiuto.

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Le proteste sociali al tempo del Coronavirus

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In tutto il mondo i cittadini continuano a far sentire la propria voce. L’attuale pandemia COVID-19 ha cambiato la forma delle proteste, ma non le ha silenziate.

Se le immagini più forti e significative del 2019 sono state quelle delle piazze gremite di manifestanti in lotta per il riconoscimento dei propri diritti, le foto del 2020 raffigurano città deserte, sospese a data da destinarsi.

In un battito di ciglia, l’anno delle proteste è sfociato nell’anno del lockdown. 

Tuttavia la gente non ha smesso di far sentire la propria voce: i desideri di cambiamento e giustizia sono, se è possibile, più sentiti di prima. Se il momento storico obbliga le persone a stare a casa, il protestare, anziché spegnersi, semplicemente cambia forma, adeguandosi alla realtà della pandemia. 

Ad Hong Kong gli attivisti pro-democrazia che da ottobre 2019 si oppongono all’ingerenza di Pechino nella regione hanno organizzato in diversi punti del territorio delle “edicole” dove si raccolgono le iscrizioni al sindacato (e dove non sono presenti mai più di 4 persone, come impongono le ordinanze). 

Anche le manifestazioni sono continuate, nonostante i divieti delle autorità. Il 24 aprile e il 1° maggio, alcune centinaia di dimostranti si sono radunati all’interno del centro commerciale New Town Plaza. La protesta è stata interrotta dalla polizia in tenuta antisommossa, che ha spruzzato spray al peperoncino e gas lacrimogeni per disperdere gli attivisti.

Spostandosi in Israele, colpisce la potenza evocativa della manifestazione organizzata a Tel Aviv per denunciare i rischi per la democrazia legati alle trattative fra il primo ministro BanjaminNetanyahu e il suo ex avversario politico Benny Gantz per formare un governo di coalizione.

Più di 2000 persone, tutte vestite di nero, hanno occupato piazza Rabin mantenendo la distanza di sicurezza di due metri e indossando mascherine protettive, in linea con le regole sul distanziamento sociale previste per contenere l’epidemia. L’effetto finale di questa geometria ordinata e silenziosa è stato sicuramente potente e di forte impatto.

In Russia si assiste ai primi raduni di protesta virtuali senza la presenza fisica dei manifestanti. Gli organizzatori delle proteste hanno sfruttato le applicazioni per la mobilità “Yandex.Navigator” e “YandexKarti”, che permettono agli utenti di lasciare dei commenti visibili in punti specifici della mappa. Al posto dei commenti sul traffico, alcuni cittadini si sono lamentati delle difficoltà economiche dovute al lockdown e hanno protestato contro le autorità politiche. I luoghi virtualmente scelti per lasciare i propri messaggi sono stati quelli intorno agli uffici governativi, che si sono in questo modo ritrovati circondati da una vera e propria “folla virtuale”. 

Negli Usa, il lockdown imposto dal Coronavirus non è solo un ostacolo per le manifestazioni, ma la causa stessa per cui si protesta. Dalle Hawaii al Michigan, migliaia di persone, molte anche armate, sono scese in piazza per chiedere libertà di fronte ad uno stop delle attività che ritengono non democratico e in violazione dei diritti costituzionali.

Le manifestazioni affondano le radici nelle difficoltà economiche: a causa del lockdown milioni di americani sono senza lavoro,costretti a casa senza stipendio e senza assicurazione sanitaria.

A Berlino il movimento ambientalista europeo, nato nel 2019 e guidato dalla giovane attivista Greta Thunberg, si fa sentire in maniera pacifica e creativa. Mentre la mobilitazione si è trasferita per il momento online, il movimento ha trovato un modo per portare comunque la voce ambientalista davanti al parlamento tedesco. Un numero limitato di attivisti ha collocato centinaia di cartelli colorati, uno dei simboli del Fridays for Future, davanti al Bundestag, per chiedere una ripresa dell’economia all’insegna dell’ambiente e delle energie rinnovabili.

Queste carrellata rappresentativa dei tanti fermenti sociali oggi in atto ci mostra che, da un angolo all’altro del globo, la paura del virus non ha frenato la volontà dei cittadini di far valere i propri diritti. Che conseguenze potrà avere l’attuale emergenza sanitaria sul futuro delle mobilitazioni?

Che le proteste siano nuove o vecchie, che il motivo sia pre-covid o post-covid non importa: la pandemia getterà inevitabilmente ulteriore benzina sul fuoco del malcontento globale, soprattutto a causa della recessione economica che seguirà. E così da sanitaria l’epidemia potrebbe rapidamente trasformarsi in una “pandemia sociale” di gravissima portata. La cesura imposta del virus dovrebbe essere quindi l’occasione per ripensare le basi della nostra società e ripartire diversamente.

Di Laura Iannello

Covid19 l’impatto nel settore turistico alberghiero

ECONOMIA/Senza categoria di

L’emergenza Coronavirus ha avuto come primo immediato effetto la sospensione di tutti gli spostamenti a livello mondiale e l’attuazione di drastiche misure di distanziamento sociale necessarie a fermare l’espansione del contagio. Queste misure seppur necessarie hanno generato un blocco totale del settore turistico ed in particolare sul comparto alberghiero che ha visto l’azzerarsi delle presenze nei due mesi di lockdown della nazione. Leggi Tutto

La Sicilia apre alle attività sportive e alla navigazione a vela individuale

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La Confindustria Nautica plaude alla decisione della Regione Sicilia che apre alle attività sportive, alla navigazione a vela individuale, alla consegna delle imbarcazioni e alle attività di manutenzione a bordo da parte degli armatori. Un segnale di ripartenza del mercato nautico che vede nei mesi primaverili ed estivi la sua maggiore attività e che in questi mesi di emergenza potrebbe avere gravi ripercussioni.

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Lega: piano strategico per il turismo post Covid-19

ECONOMIA/POLITICA di

Il piano strategico della Lega per un rilancio del paese a seguito della grande crisi post-epidemica del Covid19, parte da un confronto con le categorie produttive che maggiormente subiranno le conseguenze della profonda recessione prevista. Tra queste il turismo e le attività commerciali connesse rientrano nel novero di quei settori economici, inquadrati genericamente nel mondo delle Partite Iva, che sistematicamente contribuiscono alla creazione di gran parte del Prodotto Interno Lordo nazionale ed ai maggiori contributi fiscali. Leggi Tutto

Elena Bittante
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