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Il nuovo mondo del lavoro tra formazione e aggiornamento delle competenze

SOCIETA' di

In questa puntata di European Affairs Talks intervistiamo il dottor Andrea Simoncini, Ricercatore presso l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro ANPAL , Responsabile della Struttura di ricerca e consulenza tecnico scientifica 2 – Monitoraggio e valutazione della formazione professionale e del Fondo sociale europeo.

 

Andrea Simoncini

Laureato in Lettere e Dottore di ricerca in Scienze dell’educazione, dopo un primo periodo di collaborazioni universitarie, inizia nel 2001 il suo percorso professionale presso l’Associazione Tecnostruttura delle Regioni per il Fse maturando un’esperienza pluriennale in materia di politiche e investimenti pubblici per la formazione professionale e il lavoro, con specifico riguardo alle programmazioni comunitarie, ricoprendo, tra gli altri, il ruolo di responsabile del piano trasversaledi Assistenza Tecnica alle Regioni eProvince Autonomeper l’attuazione del Programma di iniziativa comunitaria Equal.Negli stessi anni, ha collaborato, presso l’ente pubblico di ricerca ISFOL (oggi INAPP), all’attuazione del sistema di accreditamento regionale della formazione professionale,con le funzioni di consulente esperto del gruppo tecnico nazionale e coordinatore della task force della Regione Abruzzo. Dal 2008 al 2017, come ricercatore tecnologo presso ISFOL, in distacco presso la Direzione Generale per le Politiche Attive, i Servizi per il Lavoro e la Formazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,ha svolto le funzioni di expertise tecnico, di monitoraggio, valutazione e analisi statistica,coordinamento scientifico e giuridico per la predisposizione di atti normativi, regolamentari e programmatori nell’ambito delle politiche dell’apprendimento permanente, della certificazione delle competenzee delle politiche attive del lavoro. Nel 2017 prende servizio presso l’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro – ANPAL, ricoprendo il ruolo di Responsabile della Struttura di ricerca e consulenza tecnico scientifica 2 – Monitoraggio e valutazione della formazione professionale e del Fondo sociale europeo.

In calo il numero di imprese a partecipazione pubblica in Italia secondo l’Istat

ECONOMIA di

L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) chiude il 2020 con un interessante studio circa “Le Partecipate Pubbliche in Italia|Anno 2018” del 30 dicembre 2020 che riguarda il numero delle imprese attive partecipate da almeno un’amministrazione pubblica regionale o locale, relativo all’anno 2018. Il panorama economico italiano è, infatti, notoriamente caratterizzato da società partecipate da soggetti pubblici; a tal riguardo, si fa riferimento a due principali categorie: le società a partecipazione pubblicale società a controllo pubblico

In calo il numero delle unità a partecipazione pubblica

Negli ultimi anni, le unità economiche attive a partecipazione pubblica si sono ridotte in maniera considerevole. Dal 2012, infatti, l’Istat conta una flessione del 19.7%. Analizzando la categoria delle partecipate pubbliche, nel 2018, l’Istituto di Statistica ha individuato 8.510 enti partecipati dal settore pubblico, per un totale di 924.068 addetti (persona occupata in un’unità giuridica, come lavoratore indipendente o dipendente). Ciò che emerge dallo studio è un’ulteriore conferma rispetto alla tendenza registrata negli ultimi anni: prendendo come riferimento il 2018, il numero delle unità partecipate si è ridotto del 6.7% a fronte di una crescita degli addetti del 4.4%, rispetto al 2017. Sembra, invece, rimanere stabile rispetto al 2017 la percentuale di società a controllo pubblico, rappresentata dal 53.2%.

Tuttavia, è interessante notare come, tra le imprese a partecipazione pubblica rilevate per l’anno 2018, il 43.5% è costituito da società con forma giuridica a responsabilità limitata, mentre il 30% è costituito da società per azioni e il 18.2% è rappresentato da Consorzi di diritto privato e altre forme di cooperazione tra imprese. Le percentuali più basse di società partecipate pubbliche vengono ricoperte da società cooperative per il 6.1% e da aziende speciali, aziende pubbliche di servizi, Autorità indipendenti ed Enti pubblici economici per il 2.1%.

Inoltre, la quota di partecipazione da parte dei soggetti pubblici è variabile. Le società la cui partecipata pubblica è superiore al 50% (percentuale che considera le società controllate) rappresentano più della metà delle imprese italiane, il 58.9%; con una quota di partecipazione tra il 20% e il 50% si contano il 15.4% di unità, mentre, per una quota di partecipazione inferiore al 20% figurano il 25.7% delle imprese. 

Infine, andando ad approfondire la distribuzione delle imprese partecipate, si può confermare che la maggiore concentrazione è nel Centro Italia e il Lazio ne detiene, per quest’area di riferimento, certamente il primato. 

Partecipate pubbliche attive divise per settori

Tra i diversi settori in cui rientrano le partecipate pubbliche, si conferma essere il più ampio, in termini di imprese attive partecipate, quello delle Attività professionali, scientifiche e tecniche poiché comprende il 14.4% delle imprese, seguito dal settore della Fornitura di acqua, reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento che conta il 12,4% di imprese. Se consideriamo il numero di addetti, invece, il settore più rilevante è il Trasporto e magazzinaggio con il 10,5% delle imprese partecipate.

Il valore aggiunto delle controllate pubbliche

Non meno importanti risultano essere le società a controllo pubblico. Come riporta l’Istat, le imprese controllate pubbliche generano, al netto delle attività finanziarie e assicurative, oltre 56 miliardi di valoreaggiunto, di cui il 7% proviene dal settore dell’industria e dei servizi. 

Nell’ambito delle controllate pubbliche, i settori più rilevanti possono essere così sintetizzati: la Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata realizza il 66,1% del valore aggiunto per il settore di riferimento; la Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento realizzail 60,8% del valore aggiunto e, infine, l’Attività estrattiva raggiunge un valore aggiunto pari al 66,8%.

Che cos’è la sostenibilità digitale? Ce lo spiega il libro del prof. Stefano Epifani.

La copertina del libro “Perché la SOSTENIBILITÀ non può fare a meno della trasformazione DIGITALE”

La sostenibilità digitale […] rappresenta un elemento di supporto che deve arricchire la sostenibilità ambientale, quella economica e quella sociale, rappresentando un elemento abilitante e – nel contempo – una chiave di lettura della tecnologia […]”

Lo ammetto: recensire il libro “Perché la sostenibilità non può fare a meno della trasformazione digitale“, scritto qualche mese fa dal prof. Stefano Epifani per i tipi del Digital Transformation Institute non è una cosa affatto semplice.
E non perché il testo sia complesso, tutt’altro: è scritto in maniera molto lineare, comprensibile e leggera, rendendo peraltro appetibili anche ai meno esperti del settore una serie di temi piuttosto complessi ed interdisciplinari, rifuggendo da particolari o nomenclature tecniche.
E, infatti, del libro di Stefano Epifani si comprende anzitutto questo: non occorre essere dei tecnici per capire le nuove tecnologie, ma bisogna aprirsi a ciò che nuovo e – quanto meno – provare a diventare dei tecnologi, nella consapevolezza che l’uomo del nostro tempo non può far finta di nulla e voltarsi dall’altro lato, quando si tratta di nuovi strumenti che impattano inevitabilmente sulle nostre vite.
Partendo dalla definizione di “sostenibilità“, che subito – com’è giusto che sia – ci fa pensare a questioni ambientali, il prof. Epifani ci introduce ai concetti, più articolati, di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Non ci soffermeremo sulle definizioni ma, come recita il testo di cui stiamo parlando, occorrerà sempre ricordare come “il sistema economico, quello sociale e quello ambientale sono – sempre – strettamente collegati tra loro: qualsiasi cosa si faccia agendo su uno di essi ci saranno impatti sugli altri“.
In termini estremamente sintetici e assolutamente non esaustivi: la sostenibilità – come principio guida delle tecnologie e delle scienze umane – può consentire un uso virtuoso dell’ambiente, dell’economia e della società in maniera da impiegarli e viverli al meglio nel presente; essa però prevede che l’uomo di oggi preservi il loro uso e godimento nelle migliori condizioni anche per le generazioni future.
A corollario di tutto, non potendo ignorare quanto succede alla tecnologia ormai da molti anni, la sostenibilità digitale si pone come strumento di perfezionamento, di integrazione, di miglioramento ed ottimizzazione dei tempi, delle dinamiche e dello studio dei vari macro-temi che sottendono alla sostenibilità in generale.
Anzi, dopo la lettura di questo testo, è facile comprendere come la sostenibilità digitale non sia un corollario ma, ormai, sia divenuta la base – o quanto meno, un punto fermo – della sostenibilità in senso generale.
Percorrendo anche gli albori ed i primi passi delle “nuove” tecnologie (ormai non tutte così “nuove”, come internet), questo libro ci guida in maniera ordinata verso le varie pietre miliari che hanno scandito il percorso dell’uomo tecnologico e ci guida, gradualmente, verso l’internet delle cose, i big data o l’intelligenza artificiale, spiegandoci tutto senza formule o enunciazioni di leggi fisiche o chimiche.
Ma non solo: in un succedersi di dicotomie volte a meglio comprendere le tecnologie e la sostenibilità digitale (reale/virtuale, sicurezza/libertà, privacy/controllo, apertura/chiusura, possesso/consumo, utente/attore) è possibile capire le differenze e, talvolta, anche i tranelli – non solo semantici – che si nascondono dietro alcune espressioni che tutti crediamo di possedere e di padroneggiare.
Il rischio, però, è quello di essere sbugiardati: siamo davvero sicuri di conoscere “compiutamente” i concetti di sharing economy, di car sharing, di home restaurant, di social eating, di copyright o copyleft (e l’elenco potrebbe continuare…)?
Passando dai social media agli smart grid, dagli smart whatch allo smart farming, questi termini – solo per citarne alcuni – ci sembrano apparentemente noti e chiari, ma in realtà nascondo insidie: il libro di Epifani cerca però di aprire gli occhi, di confutare il complottismo ed il timore che ultimamente si è ingenerato nelle nuove tecnologie; esso ci insegna, invece, a non preoccuparci delle “insidie“, ma a comprendere e ad utilizzare le nuove tecnologie in maniera consapevole, proprio per non averne paura e per produrre dei benefici per chi verrà dopo di noi.
Insomma: nel libro si fondono storia, tecnologia, sociologia, antropologia, comunicazione.
Ma è anche un racconto, non necessariamente fantascientifico: per porre il lettore nelle migliori condizioni di comprendere quanto sta per leggere, ogni capitolo è preceduto da una specie di tale immaginario, che ipotizza – ai giorni nostri – personaggi contemporanei alle prese con le nuove tecnologie e ne racconta, nel bene e nel male, i pensieri e le sensazioni. Come reagiranno un tassista, un giornalista, un medico o un agricoltore di fronte alle innumerevoli svolte tecnologiche ormai possibili ed accessibili per tutti?
Il libro, sostanzialmente, ci illustra una nuova filosofia, ma non trascura nemmeno il diritto (internazionale e non): il particolare fondamentale da noi finora omesso, infatti, è che l’analisi di Epifani muove in parallelo con i vari task ed obiettivi di sviluppo sostenibile assegnati “all’umanità” dall’Agenda 2030 e tiene in considerazione anche la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo, i Millennium Development Goals, il Manifesto per la Sostenibilità Digitale e quello sulle Fake news… il tutto partendo dal Red Flag Act promosso dalle autorità del Regno Unito per “ostacolare” lo sviluppo dell’automobile e favorire cocchieri e carrozze nella Londra di quasi due secoli fa.
Un testo consigliatissimo, un manuale per comprendere – anche da profani – le nuove tecnologie, uno spunto di approfondimento per ulteriori riflessioni e un “vaccino” per evitare paure e fobie verso il mondo che verrà.
Disponibile su carta e, ovviamente, in formato digitale, oltre alla ricca bibliografia il testo vanta un’introduzione a cura di Alberto Marinelli (direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale – CoRis – de “La Sapienza”), la prefazione a cura di Enrico Giovannini (portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e professore dell’Università “Tor Vergata”) e la postfazione a cura di Sonia Montegiove (direttrice editoriale di Tech Economy 2030).

Domenico Martinelli

Profilo sintetico dell’autore:
Stefano Epifani è docente di Internet Studies in Sapienza, Università di Roma, dove insegna dal 2003. Giornalista e advisor internazionale sui temi di sostenibilità digitale, dal 2010 collabora con agenzie delle Nazioni Unite ed altre istituzioni sul tema degli impatti della trasformazione digitale applicata i processi si sviluppo urbano sostenibile.
Nel 2012 ha fondato Tech Economy, oggi Tech Economy 2030: il primo magazine digitale italiano dedicato alla sostenibilità digitale. Nel 2015 ha fondato il Digital Transformation Institute, istituto di ricerca di cui è tutt’oggi presidente.

 

Recensione pubblicata dallo stesso autore sulla rivista euNOMIKA a questo link. 

 

L’attualità del pensiero di Pippo Fava

SOCIETA' di

Ricorre oggi l’anniversario dell’assassinio da parte della Mafia di Giuseppe Enzo Domenico Fava, conosciuto meglio come Pippo, giornalista e uomo anche di letteratura e cinema che con la sceneggiature per il film Palermo or Wolfburg vinse l’orso d’Oro al festival di Berlino
1980. Fava venne ucciso la sera del 5 gennaio 1984, non ancora sessantenne a Catania con alcuni colpi alla nuca che, in un primo momento fecero pensare ad un delitto non di stampo mafioso. Di tutta la sua attività, senza voler sminuire assolutamente alcun aspetto, specialmente quelli connessi alla sua attività di inchiesta che lo ha portato alla morte, viene oggi da riflettere su una sua frase che si rivela a dir poco profetica, di trema attualità e che merita di essere riportata integralmente per essere compresa appieno.

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“Homo Googlis”. In libreria il nuovo libro dell’avv. Gianni Dell’Aiuto.

BOOKREPORTER di

La copertina di “Homo Googlis”, ultimo libro di Gianni Dell’Aiuto.

E’ uscito – per i tipi delle Edizioni Efesto – “Homo Googlis”, il nuovo libro di Gianni Dell’Aiuto.
Un volume in cui l’autore riesce a tipizzare e descrivere una nuova strana figura di abitante del pianeta terra e che sembra avere preso il posto dell’Homo Sapiens, il suo predecessore.
L’Homo Googlis è una razza che vive costantemente in rete, non a caso definita il suo habitat naturale dentro il quale è riuscito a svilupparsi e compiere la sua evoluzione (o involuzione?); il suo primo gesto al mattino è controllare le notifiche sullo smartphone, non solo quelle di lavoro.
L’Homo Googlis è colui che fornisce anche il carburante con cui funziona internet, vale a dire i suoi dati personali che vengono letteralmente regalati alle multinazionali che operano online per permettere lodo di profilare ogni singolo utente.
Questa nuova razza è afflitta da malattie che non esistevano prima dell’ingresso di internet nel nostro quotidiano, come la dismorfia da snapchat e le fobie da disconnessione, si informa chiedendo sui social o su wikipedia e, grazie a questa illusione di sapere, si può dichiarare sui suoi profili social “laureato all’università della vita” e, pertanto, vuole dire la sua su tutto e contro tutti, giungendo a farsi beffe della scienza.
L’autore, Gianni Dell’Aiuto, è un avvocato, toscano di origine, che vive e lavora a Roma. Da sempre è attento alle tematiche non solo strettamente legali che si muovono sulla rete; in questo suo libro passa da Manzoni a Zuckerberg, da Bill Gates a Kipling, descrive il signor Beppe Stizzosetti, un tipico Homo Googlis e tocca addirittura Platone e la filosofia Greca, ingenerando forti dubbi se non un senso di inquietudine nel lettore sui danni che possono derivare da un cattivo uso di un cellulare, non a caso paragonato ad un arma.
Nella prefazione, di Francesco Saverio Vetere, ci si sofferma sui richiami filosofici del testo: che cosa c’entra la scienza fondativa della ragione con questo strano uomo frutto di un uso incontrollato di internet?
La risposta c’è, e partendo dal mito della caverna e, anche attraverso Don Ferrante de “I promessi sposi“, si arriva a Google e ai suoi creatori, che sono riusciti a generare l’Homo Googlis in meno di un quarto di secolo.
A madre natura erano occorsi millenni per la sua evoluzione.
Dello stesso autore – che collabora anche con European Affairs Magazine – ricordiamo le seguenti fatiche letterarie (reperibili qui) di taglio professionale e non:

  • La protezione dei dati personali. Tra GDPR e altri rischi della rete
    Gianni“, Edizioni Efesto, 2019;
  • Regolamento europeo della privacy. Vademecum per aziende e liberi professionisti. Come sopravvivere al GDPR ed essere in regola” (scritto a quattro mani con Alessandro Papini), Edizioni Efesto, 2019;
  • È successo a te“, Edizioni Efesto, 2017;
  • Cronache da ultima pagina“, Edizioni Guida, 2009.

 

Recensione comparsa anche sulla rivista euNOMIKA, a questo link.

Geopolitica e geoeconomia. Opportunità globali post-covid

SOCIETA' di

L’emergenza Covid non è certo ancora terminata e non è dato sapere quali potranno essere gli sviluppi futuri anche solo nel breve periodo: la campagna di vaccinazione è solo all’inizio e i toni sono decisamente più ottimistici rispetto a solo alcuni mesi orsono; se quindi a livello sanitario sembra si intraveda l’uscita dal tunnel altre considerazioni possono essere fatte a livello politico globale.

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Arleo (Competere.eu): urgente un Piano Nazionale sul Turismo

ECONOMIA di

“Le drastiche riduzioni delle presenze turistiche che emergono anche dal Report di oggi di Istat sui movimenti nei primi nove mesi del 2020 sono un segnale di allarme. E’ urgente un Piano Nazionale sul Turismo fatto di aiuti concreti al settore.” Lo dichiara Giuseppe Arleo responsabile dell’Osservatorio sulla ricostruzione economica post Covid-19 di Competere.eu nel commentare lo studio di oggi dell’Istituto Nazionale di Statistica.

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