GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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REGIONI - page 85

ONU: Il lavoro della Croce Rossa e di Villa Maraini come modello nella lotta alle malattie mortali

AMERICHE di

Alle Nazioni Unite si è concluso il tavolo per avviare una strategia collettiva finalizzata ad aggredire le cause di malattie mortali come l’HIV, le epatiti virali, la tubercolosi, e le conseguenze sociali, a livello mondiale, come lo stigma e l’emarginazione. Malattie cardiache, ictus, cancro, diabete, malattia cronica di Lyme, depressione sono solo alcune delle malattie prevenibili delineate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e che ogni anno uccidono prematuramente 41 milioni di persone, di questi l’85% sono in Paesi in via di sviluppo. Viviamo in un mondo sempre più globalizzato, con un’aspettativa di vita più lunga, un clima in rapido mutamento e con livelli crescenti di urbanizzazione. Viviamo in un mondo che vede cambiamenti di ogni tipo e che vede aumentare il numero delle malattie croniche in tutte le nazioni. Occorre affrontare il cambiamento climatico e l’inquinamento per i loro effetti sulla salute pubblica, occorre affrontare i problemi di salute mentale anche attraverso la prevenzione del suicidio, occorre affrontare l’uso dannoso di alcool e droghe, occorre affrontate i problemi di sotto- e sovra- nutrizione. “Ma possiamo cambiare rotta, potremmo prevenire 10 milioni di questi decessi entro il 2025” ha dichiarato Tedros Adhanom, direttore generale dell’OMS.  Il riferimento è ai “Best Buys” dell’OMS, una serie di 16 interventi pratici che sono “convenienti e fattibili per tutti i paesi compresi i paesi a basso e medio reddito“. L’elenco prevede misure di controllo del tabacco, campagne di vaccinazione e produzione di alimenti che contengono meno zucchero, sale e grassi. I benefici inoltre andrebbero oltre la salute: ogni dollaro investito nei “Best buy”, produrrebbe un rendimento di almeno sette dollari.

Il problema ha assunto un’importanza tale che ora è uno dei principali obiettivi degli “Obiettivi di sviluppo sostenibile” con l’Obiettivo 3.4 . Per raggiungere lo sviluppo sostenibile è fondamentale garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età. Sono stati fatti grandi progressi per quanto riguarda l’aumento dell’aspettativa di vita e la riduzione di alcune delle cause di morte più comuni legate alla mortalità infantile e materna. Sono stati compiuti  significativi progressi nell’accesso all’acqua pulita e all’igiene, nella riduzione della malaria, della tubercolosi, della poliomielite e della diffusione dell’HIV/AIDS. Nonostante ciò, sono necessari molti altri sforzi per sradicare completamente un’ampia varietà di malattie e affrontare numerose e diverse questioni relative alla salute, siano esse recenti o persistenti nel tempo.

     Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle società della Croce rossa e Mezzaluna rossa, ha detto alle autorità presenti: “Dobbiamo riconoscere i progressi compiuti nella lotta contro queste terribili patologie a livello globale e, in particolare, in Europa. Si tratta del risultato di sforzi congiunti, programmi nazionali e internazionali. La Croce Rossa sostiene la strategia “End TB” e quella per porre fine all’epidemia di AIDS entro il 2030. Tuttavia, questi obiettivi saranno pienamente raggiunti solo se arriviamo davvero ai più vulnerabili: penso a tutte quelle persone che vivono in comunità remote o in ambienti affollati e scarsamente ventilati come le persone migranti, i prigionieri, i rifugiati o le persone che fanno uso di sostanze stupefacenti. Sono quelle che, oltre a pagare il prezzo della sofferenza della malattia, vivono anche lo stigma e la discriminazione. Non abbiamo più scuse. Le nuove tecnologie e le cure mediche possono debellare definitivamente queste patologie. La diagnosi e il trattamento, una volta più complicati, oggi sono possibili anche solo con un semplice kit da utilizzare direttamente nelle comunità o addirittura nelle abitazioni. Ma, mentre si compie questo cammino tecnologico, non dobbiamo sottovalutare il potere del ‘tocco umano’.

Uno degli esempi operativi forniti da Rocca è la Fondazione Villa Maraini, l’Agenzia Nazionale per le tossicodipendenze della Croce Rossa Italiana fondata da Massimo Barra nel 1976. La fondazione offre un insieme di servizi per la cura e la riabilitazione dalle tossicodipendenze, abuso di alcol e gioco d’azzardo, articolati su diversi livelli di soglia: bassa, media e alta, a seconda della motivazione che l’utente deve avere per poter affrontare la terapia proposta. La strategia terapeutica dell’Agenzia è adattare la terapia al soggetto e non viceversa. Qui la Croce Rossa, insieme alla Fondazione Villa Maraini, offre l’opportunità di test gratuiti per la diagnosi immediata dell’HIV e dell’epatite C, nell’ambito della campagna ‘Meet, Test & Treat’. Con questa attività è aumentato significativamente il rilevamento e il trattamento tempestivo dell’HIV e dell’epatite C. Questo è solo uno degli esempi di progetti avviati in tutto il mondo. Le Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa hanno avviato progetti in tutto il mondo per sostenere questo percorso, come la Croce Rossa bielorussa o la Mezzaluna Rossa del Kyrgyzstan.

Rapid Alert System for Food and Feed: la Commissione europea pubblica il report annuale

EUROPA di

L’Unione Europea ha uno dei più alti standard di sicurezza alimentare al mondo, in gran parte grazie alla solida serie di normative europee in vigore, che garantisce che il cibo sia sicuro per i consumatori. La politica dell’UE per la sicurezza alimentare riguarda l’intero ciclo alimentare – dalla fattoria alla tavola dei consumatori – e punta a garantire: la sicurezza dei generi alimentari e dei mangimi; elevati standard di salute e benessere per gli animali e di tutela per le piante; informazioni chiare sull’origine; il contenuto e l’uso degli alimenti. In particolare, la politica alimentare dell’UE comprende: una legislazione esaustiva sulla sicurezza degli alimenti e dei mangimi e sull’igiene alimentare; una valida consulenza scientifica sulla quale basare le decisioni; controlli e verifiche.

A tal proposito, il RASFF – il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi – è lo strumento chiave per garantire il flusso di informazioni per consentire una reazione rapida quando vengono rilevati rischi per la salute pubblica nella catena alimentare.

Creato nel 1979, tale sistema consente di condividere tutte le informazioni in modo efficiente tra i suoi membri, quali le autorità nazionali di sicurezza alimentare dell’UE, la Commissione, l’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), l’Autorità europea di vigilanza (ESA); inoltre, fornisce un servizio disponibile 24 ore su 24 per garantire che le notifiche più urgenti possano essere inviate, ricevute e possano ottenere una risposta nel modo più efficace. Grazie al RASFF, è stato possibile evitare molti rischi per la sicurezza alimentare, prima che potessero essere dannosi per i consumatori europei. Il RASFF è un sistema solido e maturato negli anni che continua a mostrare il suo valore per garantire la sicurezza alimentare nell’UE: lo scambio di informazioni che avviene tramite il RASFF può avere come conseguenza il ritiro dal mercato di determinati prodotti.

La base giuridica del RASFF è il regolamento (CE) n. 178/2002. L’articolo 50 del regolamento istituisce il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi come una rete che coinvolge gli Stati membri, la Commissione come membro e gestore del sistema e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Ogni qualvolta un membro della rete dispone di informazioni relative all’esistenza di un grave rischio diretto o indiretto per la salute umana derivante da alimenti o mangimi, tali informazioni sono immediatamente notificate alla Commissione nell’ambito del RASFF.

Il 25 settembre 2018 la Commissione europea ha pubblicato il report annuale, riferito al 2017, sul RASFF: nel 2017 sono state inviate alla Commissione europea un totale di 3832 notifiche riguardanti alimenti o mangimi. In merito a tali notifiche, 942 sono state classificate come un vero e proprio “allarme”, in quanto indicano un serio rischio per la salute, per il quale è stata necessaria un’azione rapida; 596 come informazioni per il follow-up, dei controlli periodici e programmati; 706 come informazioni per richiamare l’attenzione su una determinata questione; 1588 come notifica di rifiuto alla frontiera.

Il tipo di rischio segnalato nelle notifiche di allarme riguardava principalmente la salmonella nella carne di pollame, che è risultato essere il problema più frequentemente segnalato negli alimenti controllati al confine dell’Unione Europea, insieme alle segnalazioni di mercurio nel pesce spada negli alimenti controllati sul mercato dell’Unione Europea. Solo una piccola percentuale delle notifiche nel 2017 riguardava i mangimi (6%) e il materiale a contatto con gli alimenti (3,1%). Sempre nel 2017, vi è stato un elevato numero di notifiche relative ai residui di fipronil nelle uova, a causa dell’uso illegale di questa sostanza come biocida: quello del 2017 è stato lo scambio di informazioni più intenso nella storia di RASFF e ha aiutato a rintracciare e rimuovere le uova interessate dal mercato.

Vi sono diverse tipologie di notifiche da poter inviare, così da differenziare le diverse segnalazioni e le cause delle stesse. Le notifiche possono riguardare: tipo di prodotto, quindi cibo, mangime o materiale a contatto con gli alimenti; tipo di notifiche, quindi avviso, informazioni, rifiuto dal confine; base della notifica, indicando il tipo di controllo, relazioni o indagini posti sulla base della notifica (controllo di frontiera; controllo sul mercato; controllo della società; reclamo del consumatore; intossicazione alimentare).

Ciò che emerge dal report pubblicato è che l’Italia nel 2017 ha avuto un livello di guardia molto alto da parte delle autorità italiane in materia di sicurezza alimentare. Infatti, l’Italia è stato il paese più attivo nel sistema RASFF, con più di 1400 notifiche e segnalazioni inviate alla Commissione europea.

In generale, il 46% delle notifiche RASFF riguardava controlli alle frontiere esterne dell’area economica europea, principalmente nei punti di entrata o di ispezione alle frontiere, mentre la più ampia categoria di notifiche riguarda i controlli ufficiali sul mercato interno.

Rispetto al 2016, il numero di notifiche di allerta, che denunciano il grave rischio per la salute a causa di prodotti che circolano sul mercato, è aumentato dell’11% con il 24% in più di notifiche trasmesse. Le cifre complessive presentano un aumento molto significativo del 28% delle notifiche originali, che rappresentano un nuovo caso segnalato su un rischio per la salute rilevato in una o più partite di un alimento o mangime, rispetto al 2016, con un aumento complessivo del 26% nel 2017.

Preoccupazione di Save the Children nella Repubblica democratica del Congo: nuovi casi di Ebola in un paese già segnato dalla guerra

AFRICA di

Diamanti, Coltan, Oro, Cobalto, Rame, Niobio, risorse minerarie preziose nel sottosuolo, legni pregiati, risorse naturali del suolo, la seconda foresta più estesa del mondo e tanta tantissima terra coltivabile. Questo è ciò che possiede la Repubblica Democratica del Congo, questo scatena gli appetiti internazionali e questo sta alla base delle lotte interne di potere. Nella regione del Kivu sono all’ordine del giorno i conflitti “tutti contro tutti” fra l’esercito e il centinaio di bande armate e gruppi ribelli, inoltre si è registrata un impennata dei rapimenti; nella regione di Kinshasa si ripetono gli scontri fra i soldati e i militanti della setta mistico-politica Bundu dia Kongo; nella Provincia di Tanganyika e nell’Alto Katanga sono riprese le tensioni e le violenze fra etnie; nel Kasai è esploso un ulteriore conflitto fra i militari governativi e le milizie del gruppo Kamwina Nsapu che ha provocato centinaia di vittime; nella regione di Beni i civili sono stati presi di mira e uccisi, il 7 ottobre degli uomini armati hanno ucciso 22 persone. Ai conflitti si aggiunge il traffico di risorse del paese e lo sfruttamento da parte delle altre nazioni. Emblematico, curioso e controverso è il sequestro nel 2017 da parte delle autorità dello Zambia di 499 camion di proprietà dell’esercito congolese. I camion contenevano il cosiddetto “legno rosso”, chiamato cosi perché una volta tagliato assume una colorazione rosso sangue, ed è così emerso lo scandalo del traffico illegale di questo legname pregiato che finisce perlopiù in Cina, dove viene impiegato per la fabbricazione di mobili di lusso. È un attività illegale poiché è una specie arborea protetta che si stima porta l’abbattimento di 150 alberi nella sola Repubblica democratica del Congo, ciò simboleggia lo sfruttamento delle risorse del paese e un disastro ambientale. A ciò si aggiunge che questo clima di totale e diffusa instabilità e conflitto ha contributo al verificarsi di violazioni dei diritti umani, di abusi e di enormi crisi umanitarie.

     La situazione a marzo 2018 contava 2,2 milioni di bambini gravemente malnutriti; 13,1 milioni di persone bisognose di aiuti per sopravvivere e oltre 4 milioni di civili sfollati a causa del conflitto. Recentemente Save the Children ha espresso forte preoccupazione per la conferma di cinque nuovi casi di Ebola identificati negli ultimi giorni nella Repubblica Democratica del Congo, due dei quali localizzati nella zona di Tchomia, nella provincia di Ituri, vicino al confine con l’Uganda. Tchomia, situata sul lago Alberto, si trova 62 km a sud del capoluogo di provincia di Bunia, a circa 200 chilometri da Beni, in Nord Kivu, l’area in cui si è sviluppato il decimo focolaio di Ebola in Repubblica Democratica del Congo. In queste zone nell’ultimo anno decine di gruppi armati e le forze di sicurezza hanno continuato a compiere omicidi, stupri, estorsioni e a saccheggiare illegalmente il territorio, allo scopo di sfruttarne le risorse naturali. Il conflitto in corso tra hutu e nande nel Nord Kivu ha causato morti, sfollati e distruzione d’infrastrutture, specialmente nelle aree di Rutshuru e Lubero. Save the Children sta lavorando in stretto coordinamento con il governo della Repubblica democratica del congo, le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni umanitarie internazionali e i servizi sanitari locali per contenere la diffusione del virus Ebola. L’Organizzazione, inoltre, è impegnata nella sensibilizzazione della comunità locali per ridurre la paura della malattia, offrendo informazioni e tecniche su come le famiglie possono proteggersi dal virus. Nell’ambito della sua risposta al virus Ebola, Save the Children sta fornendo supporto anche alle comunità e alle autorità ugandesi, in modo da essere pronte nel caso in cui l’Ebola dovesse diffondersi oltre il confine, formando i team sanitari nei villaggi e predisponendo strutture per il lavaggio delle mani. Alla situazione si aggiunge che i forti timori della popolazione riguardo al virus Ebola hanno reso difficile l’accettazione da parte della comunità di organizzazioni umanitarie. Heather Kerr, direttore di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo, ha dichiarato “I nostri operatori sanitari stanno svolgendo un lavoro straordinario visitando le famiglie porta a porta e alleviando la paura riguardo all’Ebola. Se le persone arrivano in tempo in un centro di trattamento hanno buone possibilità di sopravvivere. Ma le famiglie hanno visto alcuni pazienti entrare nei centri e non uscirne e questo può scatenare la paura tra la comunità, causando anche la fuga di persone che presentano sintomi. Gli ultimi casi identificati rafforzano ancora di più la convinzione che in questo momento il nostro lavoro dentro e fuori Beni è particolarmente cruciale”.

     Nella Repubblica democratica del Congo i bambini sono i più colpiti e l’Unicef ha denunciato che solo nel corso del 2017 vi sono stati 800 casi di abuso sessuale e il reclutamento di circa 3 mila bambini soldato da parte delle milizie. A causa del conflitto armato migliaia di bambini hanno preso i loro genitori, sono stati reclutati nell’esercito e nelle milizie e sono in generale vittime di violenza. Inoltre, Devono affrontare stress e traumi del passato. La situazione generale ha portato 60 mila congolesi nei soli primi tre mesi del 2018 a passare il confine con l’Uganda per fuggire. Al 10 novembre 2017, l’Uganda ospitava circa 1.379.768 tra rifugiati e richiedenti asilo di varie nazionalità e circa il 61% era costituito da minori, prevalentemente non accompagnati o separati dai loro genitori. I richiedenti asilo provenienti Repubblica democratica del Congo hanno ottenuto il riconoscimento automatico dello status di rifugiati (prima facie) e quelli di altre nazionalità sono stati esaminati secondo il processo di determinazione individuale dello status di rifugiati, condotto dal comitato di eleggibilità dei rifugiati. Ai sensi della legge sui rifugiati del 2006 e del regolamento sui rifugiati del 2010, i rifugiati godevano di una relativa libertà di movimento, degli stessi diritti dei cittadini ugandesi di accedere ad alcuni servizi essenziali, come istruzione primaria e assistenza medica, e del diritto di lavorare e di avviare un’impresa. Il sistema è entrato però in crisi nel maggio 2017 poiché è stato costretto a dimezzare le razioni di cereali a oltre 800 mila rifugiati. A ciò sono seguiti appelli di richiesta di fondi ai donatori internazionali per affrontare la crisi regionale dei rifugiati ma non hanno ottenuto risultati sufficienti.

 

Nucleare: Appello della Croce Rossa a Governo italiano da Assemblea Generale ONU

AMERICHE di

Rocca: “Ho scritto al Presidente Conte affinché aderisca al bando definitivo di tutte le armi atomiche”

Il 26 settembre l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite celebra la “Giornata Internazionale per l’Eliminazione Totale delle Armi Nucleari”. Anche da qui Francesco RoccaPresidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, rilancia un appello affinché l’Italia ratifichi il Trattato per il divieto dell’utilizzo delle armi nucleari, voluto proprio dall’Onu lo scorso anno. Ma non solo. Il Presidente del network umanitario più grande del mondo, infatti, ha anche inviato una lettera al premier Conte. “In rappresentanza delle centinaia di migliaia di cittadini italiani che operano con e a sostegno della Croce Rossa Italiana e dei più di dieci milioni di cittadini del mondo che fanno riferimento al Movimento internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa – ha ribadito Francesco Rocca dal suo blog di Huffington Post – ho scritto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, pregandolo di sensibilizzare il Governo di cui è a capo a aderire al bando definitivo totale e alla distruzione totale di tutte le armi nucleari”.

Lo scorso anno, dopo una mobilitazione internazionale, 120 Paesi membri dell’Onu hanno ratificato il testo. Già allora la Croce Rossa italiana e la Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa avevano sollecitato tutti Paesi membri, ma molti non hanno risposto alla chiamata. Tra questi, il precedente governo italiano.

Nel corso di un’Assemblea il cui tema portante è quello di una “condivisione a livello globale delle responsabilità per giungere a società più pacifiche, eque e sostenibili” – sottolinea Rocca – voglio rilanciare con forza l’appello affinché tutte le nazioni civili e gli uomini e donne di buona volontà colgano questa opportunità storica per salvare il Pianeta e l’Umanità da questa micidiale minaccia, frutto della parte più oscura dell’Uomo”.

Per questo, la Croce Rossa Italiana ha voluto anche realizzare un incisivo video-appello per la Giornata, costruito attraverso materiali audio-video originali e poco noti, provenienti dagli Archivi del Comitato Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (CICR).

Abbiamo raggiunto il Voce Presidente Rosario Valastro che in questo contesto ha voluto sottolineare l’importanza del bando totale delle armi nucleare e dell’adesione al trattato delle potenze occidentali, vedi l’intervista video.

 

I vertici della Croce Rossa Italiana all’Assemblea Generale della Nazioni Unite

AMERICHE di

Dal 23 al 29 settembre a New York parteciperanno all’Assemblea  Generale delle Nazioni Unite Francesco Rocca, in qualità di Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC) e Rosario Valastro, Vicepresidente nazionale Croce Rossa Italiana. Tanti sono i temi sul tavolo: Il Global Compact, la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili (come il diabete), la necessità di maggiori investimenti per contrastare le epidemie locali e migliorare la risposta alle catastrofi, le crisi umanitarie protratte nel tempo, l’aggravamento dell’epidemia da tubercolosi e infine i cambiamenti climatici.

Il Movimento della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa intende sensibilizzare i governi a impegnarsi per una migrazione sicura, organizzata e che garantisca i diritti umani. Per questo particolare attenzione sarà riservata al “Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare affinché il documento sia adottato nella conferenza che si terrà a Marrakech il prossimo dicembre. Nel rapporto della International Federation of Red Cross and Red Crescent Societies (IFRC) intitolato “Il nuovo ordine murato. Come le barriere all’assistenza minima trasformano la migrazione in crisi umanitaria” vengono identificati i fattori che impediscono ai migranti vulnerabili di avere accesso all’aiuto di cui hanno bisogno. Tali fattori variano da quelli più evidenti – incluso il timore di essere perseguiti, arrestati o deportati – a quelli meno ovvi, che possono comprendere costi proibitivi, barriere culturali e linguistiche e la scarsa informazione in merito ai propri diritti. Lo scopo del report è quello di sottolineare che non è necessario maltrattare le persone per assicurare il controllo delle frontiere poiché ogni essere umano deve avere accesso ai servizi e all’assistenza umanitaria di base come un adeguata alimentazione, essenziali cure mediche e giusta informazione legale sui propri diritti. Gli incontri si svolgono in un periodo in cui  i governi stanno implementando leggi che criminalizzano l’assistenza umanitaria, comprese le operazioni di ricerca e salvataggio e l’assistenza di emergenza a migranti privi di documenti di identità. In questo momento occorre combattere l’idea che la prospettiva di ottenere una elementare assistenza o l’attività di ricerca e soccorso possano agire come incentivi per la migrazione poiché è semplicemente errato e  le persone prendono la decisione di migrare per ragioni molto più profonde di queste. Lo scopo di IFRC è quello di chiedere ai governi di assicurarsi che le loro leggi, politiche, procedure e pratiche nazionali siano conformi agli obblighi già esistenti in base alle leggi internazionali e vadano incontro alle necessità e ai bisogni di assistenza e protezione dei migranti. Nell’ambito di questo argomento verrà affrontato il tema delle cure specialistiche per i bambini migranti.

Altra questione importante sarà quella delle crisi umanitarie protratte nel tempo, come in Siria, Bangladesh, nella Repubblica Democratica del Congo, in America Latina e tutti gli altri Paesi e regioni in cui lo staff e i volontari della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa stanno fornendo assistenza.  Solo il conflitto armato siriano dura da sette anni e tutte le parti coinvolte nel conflitto hanno commesso impunemente crimini di guerra, altre gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e violazioni dei diritti umani. Per esempio, anche le forze governative e le forze loro alleate, comprese quelle russe, han­no compiuto attacchi indiscriminati e attacchi diretti contro la popolazione civile e obiettivi civili, effettuando bombardamenti aerei e lanci di artiglieria, anche con armi chimiche e di altro genere vietate dal diritto internazionale, provocando centinaia di morti e feriti. Inoltre, hanno mantenuto lunghi assedi su aree densamente popolate, limitando l’accesso di migliaia di civili agli aiuti umanitari e ai soccorsi medici. Questa situazione ha fatto si che non ci sono più posti “sicuri” per bambini e civili dato che vengono colpite  arbitrariamente scuole, ospedali o mercati. Recentemente moltissimi bambini, che hanno già subito traumi e sofferenze durante i precedenti attacchi nella Ghouta orientale, nell’area est di Aleppo e in altre zone, hanno cercato rifugio a Idlib, per trovarsi nuovamente esposti al rischio mortale di una escalation del conflitto. Secondo dati recenti, l’80% dei bambini siriani che sono all’interno del paese vive stati d’ansia, di preoccupazione o di forte stress, e questo dà l’idea dell’impatto delle continue violenze sui bambini. Gli stessi bambini che dovrebbero ricevere riparo e protezione nella provincia nord-occidentale di Idlib stanno invece subendo di nuovo attacchi aerei e violenze nel preludio della possibile offensiva. In questo e altre contesti suscita preoccupazione anche il fatto che operatori umanitari vengono presi di mira e rischiano la vita ogni giorno.

Ci sarà anche un focus sull’aggravamento dell’epidemia da tubercolosi, con riferimento a come combattere la malattia e il suo stigma. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) recentemente ha pubblicato il suo Rapporto Globale sulla Tubercolosi definito da Medici Senza Frontiere un quadro vergognoso sull’incapacità del mondo di affrontare la malattia infettiva più mortale, che pur essendo curabile uccide ogni anno oltre un milione e mezzo di persone. Il rapporto evidenzia infatti i deboli progressi fatti a livello internazionale sulla Tubercolosi, sottolineando che a un ritmo così lento i paesi non riusciranno a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla strategia “End TB”. La preoccupazione è che i governi stiano affrontando la malattia infettiva più mortale al mondo con pericolosa mediocrità dato che è il settimo anno consecutivo che circa il 40% dei casi di Tubercolosi non viene diagnosticato. Stando al rapporto OMS, la Tubercolosi resta la malattia infettiva più mortale al mondo, con 1,6 milioni di decessi nel 2017 (rispetto a 1,7 milioni nel 2016) e 10 milioni di persone che hanno sviluppato la malattia nel 2017 (rispetto ai circa 10,4 milioni nel 2016). Particolarmente preoccupanti le forti lacune nella diagnosi e nel trattamento: nel 2017, il 64% dei casi di Tubercolosi è stato diagnosticato e rendicontato (rispetto al 61% nel 2016). Tra le persone affette da Tubercolosi resistente ai farmaci (DR-TB), il 25% delle persone diagnosticate è stato anche trattato (rispetto al 22% nel 2016).

Infine, si discuterà dei cambiamenti climatici, per concentrarsi di conseguenza sul rafforzamento della resilienza delle comunità. I cambiamenti climatici stanno diventando sempre di più la causa di vaste crisi umanitarie che stanno cambiando il modo di vivere il nostro pianeta. Per esempio la siccità in Africa Orientale ha messo in ginocchio paesi già colpiti da guerre, crisi politiche e scontri etnici, ciò ha generato crisi umanitarie profonde in paesi come il Sud Sudan, l’Etiopia, l’Eritrea, il Burundi, il Kenya e la Somalia. Di conseguenza in questi paesi vi sono Insicurezza alimentare acuta (l’impossibilità di consumare cibo adeguato mette direttamente in pericolo le vite e i mezzi di sostentamento delle persone) e Fame Cronica (una situazione nella quale una persona non è in grado di consumare cibo sufficiente a mantenere uno stile di vita normale e attivo per un periodo prolungato) che rappresentano una piaga per milioni di persone nel mondo. A livello mondiale le situazioni di conflitto rimangono il fattore principale alla base della grave insicurezza alimentare in 18 paesi, 15 dei quali in Africa e Medio Oriente. Mentre I disastri climatici hanno provocato crisi alimentari in 23 paesi, due terzi dei quali in Africa. Conflitti, disastri climatici e altri fattori spesso contribuiscono a crisi complesse che hanno ripercussioni devastanti e durature sui mezzi di sostentamento delle persone. Per secoli, le popolazioni dell’Africa Orientale hanno dovuto affrontare fenomeni di questo tipo con una cadenza di cinque o sei anni. Recentemente, però, si è assistito a un’accelerazione di questa periodicità a causa del surriscaldamento globale. L’aumento delle temperature ha portato a un progressivo inaridimento delle fonti idriche con un conseguente calo della produzione agricola e un impoverimento dei pascoli. Il caldo e le eccessive distanze per procurarsi l’acqua mettono a repentaglio vite umane e bestiame. In Africa la frequenza delle siccità si sta intensificando fin dagli anni Novanta. Secondo degli studi ciò è dovuto in parte agli effetti del ciclo di El Niño e La Niña, i periodici fenomeni di riscaldamento e raffreddamento delle acque del Pacifico. I cambiamenti climatici esasperano questi effetti, spingendo verso l’alto le temperature e causando aridità.

Il 26 settembre si celebra, tra l’altro, la “Giornata Mondiale per l’eliminazione totale delle armi nucleari”, voluta proprio dall’ONU come condizione essenziale per garantire la pace e la sicurezza internazionali. L’Assemblea Generale, perciò, sarà l’importante occasione e vetrina per rilanciare e ribadire l’appello della Croce Rossa Italiana. Il raggiungimento del disarmo nucleare mondiale è da sempre un obiettivo prioritario delle Nazioni Unite. Già nel 1946 fu l’oggetto della prima risoluzione dell’Assemblea Generale, che consentì l’istituzione di una Commissione per l’utilizzo pacifico dell’energia atomica. Nel 1959 il disarmo è stato inserito nel programma dell’Assemblea Generale, nel 1975 è stato il tema delle conferenze di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare e nel 1978 la prima sessione speciale dell’Assemblea Generale sul disarmo ha riaffermato la sua massima priorità. Mentre dopo la guerra fredda si è assistito a drastiche riduzioni nel dispiegamento di armi nucleari, ad oggi non è stata distrutta una sola testata sulla base di un trattato, bilaterale o multilaterale, e non sono in corso negoziati per il disarmo nucleare. La dottrina della deterrenza nucleare continua ad avere un ruolo centrale nelle politiche di sicurezza di tutti gli Stati che possiedono armi nucleari e dei loro alleati. Ma le sfide legate alla sicurezza non possono rappresentare una scusa per continuare la corsa agli armamenti nucleari, né una giustificazione per declinare la responsabilità condivisa di costruire la pace nel mondo. La giornata del 26 settembre per l’eliminazione totale delle armi nucleari, istituita nel 2013 con la Risoluzione A/RES/68/32, è stata designata dalle Nazioni Unite per ricordare la necessità di questo impegno comune: raggiungere la pace e la sicurezza in un mondo libero da armi nucleari. Lo scorso anno, dopo una mobilitazione mondiale 120 Paesi membri dell’Onu hanno firmato un Trattato per il divieto dell’utilizzo delle armi nucleari. La Croce Rossa italiana e la Federazione internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, hanno sollecitato tutti i governi ad aderire a questo impegno, ma molti non hanno risposto alla chiamata. Tra questi, il precedente governo italiano.

Al via l’ultima fase dei negoziati per la Brexit

EUROPA di

Mercoledì 19 settembre, durante un summit speciale nell’ambito del Consiglio europeo in corso a Salisburgo, la Prima Ministra britannica, Theresa May, ha tenuto un discorso con l’intento di aggiornare i leader europei sullo stato delle trattative per la Brexit, segnando, secondo alcuni, l’inizio dell’ultima fase dei negoziati con l’Unione europea.

Le due parti, nonostante i vari mesi di negoziati, non hanno ancora raggiunto un’intesa sulle due questioni cruciali: il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord e le future relazioni commerciali con l’Unione europea. Tuttavia, la Prima Ministra May ha affermato che il Regno Unito non ha intenzione di prorogare i negoziati e dunque l’avvio della Brexit, previsto per il 29 marzo del prossimo anno e ha dichiarato che l’onere di portare a termine l’accordo è di tutti. Per ragioni tecniche tale accordo dovrà essere concluso entro la metà di novembre, in quanto alla fine del mese avrà luogo un vertice straordinario per ufficializzare l’accordo. Pertanto, i negoziatori, hanno a disposizione meramente altri due mesi per decidere se vi sarà un accordo o una Brexit “no deal”. “Riconosciamo tutti che il tempo è breve, ma estendere o ritardare questi negoziati non è un’opzione” ha dichiarato la May.

Relativamente alla prima questione cruciale nell’ambito dei negoziati, vale a dire il confine tra Irlanda ed Irlanda del Nord, è importante evidenziare che la frontiera irlandese è lunga circa 400 km e le problematiche da risolvere riguardano le persone e le merci che quotidianamente passano dalla Repubblica dell’Irlanda – Stato membro dell’UE – all’Irlanda del Nord, parte del Regno Unito. Si stima che circa un milione di persone viva nelle comunità di confine. Il rischio è attuare misure troppo restrittive o poco efficienti che potrebbero alimentare vecchie tensioni. A tal proposito le posizioni dei negoziatori europei risultano essere molto distanti da quelle dei negoziatori britannici: i primi propongono che l’Irlanda del Nord rimanga sia nel mercato comune europeo che nell’unione doganale e ciò avrebbe come conseguenza l’istituzione di una sorta di dogana tra Irlanda del Nord e la restante parte del Regno Unito, tuttavia ciò eviterebbe la ricostruzione di una frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord; “L’idea che dovrei approvare la separazione legale del Regno Unito in due territori doganali non è credibile” ha affermato Theresa May; i negoziatori britannici, infatti, affermano che una situazione di questo tipo violerebbe l’integrità territoriale del Regno Unito, pertanto propongono una serie di misure volte a ridurre al minimo i disagi posti in essere dalla creazione di una nuova frontiera. Relativamente alla questione delle future relazioni commerciali tra Unione europea e Regno Unito, vige ancora molta incertezza, causata soprattutto dalla mancanza di precedenti: i negoziatori europei propongono già da tempo un accordo commerciale di libero scambio sulla base di quelli stipulati recentemente con il Canada ed il Giappone; tuttavia, i Paesi che intrattengono dei legami commerciali più stretti con il Regno Unito, come Svezia, Paesi Bassi e Danimarca propongono un accordo che preveda una maggiore collaborazione; anche il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, predilige tale opzione.

Nel corso del suo breve discorso, Theresa May, ha insistito sulle proposte britanniche contenute nella piattaforma negoziale, varata in estate nell’ambito della riunione di governo di Chequers, definendole “serie” e difendendole dalle proposte di modifiche ribadite dai leader dell’Unione europea.Tali proposte a suo avviso “consentono di mantenere un commercio senza frizioni “e si pongono come il solo “piano credibile e negoziabile sul tavolo che rispetta il voto del popolo britannico e al tempo stesso non crea una frontiera chiusa tra Irlanda del Nord e Irlanda”. Inoltre, non ha aperto spiragli relativi all’ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit, smentendo gli auspici fatti in alcune interviste televisive dai premier di Malta e Repubblica Ceca.

Il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato, in maniera poco ottimistica, che l’intesa risulta essere ancora lontana, mentre il Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk ha affermato che le proposte britanniche devono essere “rielaborate ed ulteriormente negoziate” ed ha aggiunto che “vari scenari sono ancora possibili” a conferma del fatto che raggiungere un accordo non è ancora facile. La Cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha detto di sperare in una Brexit “che si svolga in una buona atmosfera, con grande rispetto tra le parti e con un accordo che renda possibile una cooperazione tra Ue e Regno Unito in settori come la sicurezza”.

In seguito al discorso della May, non si è aperto alcun dibattito, dato che la questione Brexit era l’ultimo tema inserito nell’agenda.

Relativamente ai prossimi sviluppi, al termine del Consiglio europeo ci si attende una dichiarazione congiunta di tutti gli Stati membri. I negoziati riapriranno il 3 ottobre, alla fine del congresso nazionale del Partito conservatore britannico, il partito della May. Entro il 18 ottobre, data in cui si riunirà nuovamente il Consiglio europeo, si auspica che i negoziatori abbiano trovato un accorto per tutte le questioni lasciate in sospeso. A fine novembre, nell’ambito della riunione straordinaria del Consiglio europeo vi sarà l’ufficializzazione degli accordi. Fino a novembre potrebbero mutare molte questioni ed il rischio è che, alla fine dei negoziati, non si raggiunga un accordo. Questo è considerato da tutti il peggior risultato possibile dei negoziati in quanto avrebbe delle conseguenze notevoli sull’economia e sulla burocrazia del Regno Unito nonché dei Paesi limitrofi. Tuttavia tale ipotesi, ad oggi, risulta essere ancora la meno probabile.

Connettività Europa – Asia: l’UE intensifica la sua strategia

EUROPA di

L’importanza che ha l’Unione Europea nell’attuale scenario geopolitico favorisce l’intraprendere delle relazioni internazionali con altrettanto cruciali attori della politica globale. L’area asiatica sta acquistando un ruolo sempre più rilevante, sia da un punto di vista politico che da un punto di vista economico; in particolare, la Cina sta pian piano diventando una grande potenza.

In tale contesto, il 19 settembre 2018, la Commissione europea e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, hanno adottato una comunicazione congiunta che definisce la visione dell’Unione Europea per una nuova strategia globale, al fine di collegare meglio l’Europa e l’Asia.

La comunicazione congiunta si basa sulla volontà propria dell’Unione europea di migliorare le connessioni tra i suoi Stati membri, nonché con altre regioni. Con una connettività sostenibile, completa e basata su regole ben definite, la comunicazione sarà fondamentale per guidare l’azione esterna dell’Unione Europea in questo campo, che fa parte di quello più grande della strategia globale.

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea è stata adottata il 28 giugno 2016 per migliorare l’efficacia della difesa e della sicurezza dell’Unione e dei suoi Stati membri, per la protezione dei civili e per la cooperazione tra le forze armate degli Stati membri.

La Global Strategy europea ha cinque priorità nella sua azione esterna:

– La sicurezza dell’Unione;

– Stato e resilienza della società;

– Un approccio integrato per i conflitti e crisi;

– Ordini regionali cooperativi;

– Governance globale per il 21° secolo.

In tema di connettività Europa – Asia, l’Unione Europea avrà un particolare approccio, riconoscendo che l’Asia comprende più regioni che ospitano paesi molto diversi in termini di modelli economici e livello di sviluppo, con determinate azioni concrete basate su tre punti:

1. la creazione di collegamenti di trasporto, energia, reti digitali e connessioni umane;

2. l’offerta di partnership per la connettività ai paesi asiatici ed alle organizzazioni;

3. la promozione di una finanza sostenibile attraverso l’utilizzo di diversi strumenti finanziari.

L’obiettivo è quello di collegare meglio l’Europa e l’Asia attraverso reti fisiche e non, al fine di rafforzare la resilienza delle società e delle regioni, facilitare gli scambi, promuovere l’ordine internazionale basato sulle regole e creare strade per un futuro più sostenibile.

In particolare, risulta essere importante la creazione di reti transfrontaliere, poiché le infrastrutture e i collegamenti efficienti creano crescita e occupazione e consentono il movimento di persone e merci; l’Unione Europea estenderà le proprie reti e contribuirà a quelle nuove, oltre i propri confini. Le reti transeuropee di trasporto (TEN-T) dell’Unione Europea verranno estese ai paesi confinanti con l’Asia, attraverso il mercato unico digitale dell’UE che fornisce un piano per migliorare gli scambi di servizi digitali e promuovendo scambi e mobilità nell’istruzione, nella ricerca, nell’innovazione, nella cultura e nel turismo. L’Unione europea sta collaborando con molti partner al fine di promuovere approcci simili alla connettività sostenibile: la piattaforma di connettività UE-Cina aiuterà entrambe le parti a creare sinergie e ad affrontare diversi punti. L’UE si impegnerà con le organizzazioni regionali e con quelle internazionali per determinare i quadri giuridici e le forme concrete di connettività, fissando gli standard internazionali. In particolare, l’Unione Europea sta lavorando con l’Organizzazione mondiale del commercio, l’Agenzia internazionale dell’energia, l’Organizzazione marittima internazionale e gli organi delle Nazioni Unite per attuare delle pratiche globali sostenibili ed eque. Infine, risulta essere importante anche la promozione del finanziamento sostenibile degli investimenti, che potrebbero comportare opportunità significative per le imprese europee.

Nell’ambito dell’adozione della comunicazione congiunta, sono state fatte importanti dichiarazioni. L’Alto rappresentante dell’UE Mogherini ha dichiarato: “La connettività è la via per il futuro: più siamo connessi, maggiori sono le opportunità che abbiamo – trovare soluzioni politiche comuni e portare prosperità economica ai cittadini. Il nostro approccio è quello dell’Unione europea: istituire reti più solide e rafforzare i partenariati per una connettività sostenibile, in tutti i settori e basato sul rispetto di norme comuni: questo è il modo europeo per affrontare le sfide e cogliere opportunità, a beneficio delle persone in Europa e anche in Asia”.

Uno dei settori principali in cui la connettività con l’Asia risulta essere importante è quello dei trasporti. A tal proposito, il commissario per i trasporti, Violeta Bulc, ha dichiarato: “L’infrastruttura dei trasporti è la linfa vitale dei collegamenti UE-Asia, portando persone e merci tra i continenti, sulle ali della digitalizzazione e della decarbonizzazione, l’Europa condivide le reti di trasporti e i programmi di finanziamento delle infrastrutture più sviluppati nel mondo”.

Una migliore connessione tra Europa e Asia attraverso i collegamenti di trasporto, energia, reti umane e digitali rafforzerà le società e le regioni, faciliterà gli scambi e promuoverà l’ordine internazionale basato su regole precise.

La comunicazione congiunta adottata sarà discussa al Parlamento europeo e al Consiglio e sarà oggetto delle discussioni sulla connettività al prossimo vertice in materia di Asia-Europa (ASEM) che si terrà a Bruxelles il 18-19 ottobre.

Egitto, una prigione a cielo aperto

AFRICA di

In Egitto le autorità fanno ricorso a torture, sparizioni forzate, esecuzioni extragiudiziali e ogni tipo di maltrattamento. Vengono colpite persone critiche verso il governo, manifestanti pacifici, giornalisti, difensori dei diritti umani e personale delle ONG con interrogatori, divieti di viaggio, congelamento dei beni, detenzioni arbitrarie e processi gravemente iniqui. Recentemente Amnesty International ha chiesto l’immediata e incondizionata scarcerazione di tutte le persone imprigionate in Egitto per aver espresso pacificamente le loro opinioni poiché al crescente malcontento per la situazione economica e politica, il governo sta rispondendo con un giro di vite di una gravità senza precedenti. Dal dicembre 2017 Amnesty International ha documentato i casi di almeno 111 persone arrestate dai servizi di sicurezza solo per aver criticato il presidente al-Sisi e la situazione dei diritti umani nel paese mentre almeno 35 persone sono state arrestate per accuse quali “manifestazione non autorizzata” e “adesione a un gruppo terroristico” per aver preso parte a una piccola protesta pacifica contro l’aumento del prezzo del biglietto della metropolitana. Tra le persone perseguitate vi sono anche autori comici e di satira che sono  stati arrestati dopo aver pubblicato online commenti spiritosi e che dovranno rispondere delle accuse di “violazione della pubblica decenza” o di altre imputazioni definite in modo vago. Tra aprile e settembre 2017, le forze di sicurezza hanno arrestato almeno 240 attivisti politici e manifestanti per accuse legate ad alcuni post pubblicati online, che le autorità avevano ritenuto “ingiuriosi” nei confronti del presidente o per avere partecipato a eventi di protesta non autorizzati. Inoltre le autorità hanno bloccato almeno 434 siti web, compresi quelli di alcuni notiziari indipendenti come Mada Masr e di alcune organizzazioni per i diritti umani come la Rete araba per l’informazione sui diritti umani mentre molti giornalisti sono stati condannati a pene detentive per accuse riconducibili esclusivamente al loro lavoro come “diffamazione” o per quelle che le autorità consideravano “informazioni false”. Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord si Amnesty International, ha dichiarato che “in Egitto al giorno d’oggi criticare il governo è più pericoloso che in ogni altro momento della recente storia del paese. Sotto la presidenza di al-Sisi chiunque esprima pacificamente le sue opinioni è trattato come un criminale. I servizi di sicurezza stanno chiudendo senza pietà qualsiasi spazio indipendente politico, sociale, culturale rimasto in attività. Queste misure, più estreme persino di quelle adottate nel repressivo trentennio della presidenza di Hosni Mubarak, hanno trasformato l’Egitto in una prigione a cielo aperto per chi critica le autorità”.

     Il parlamento ha recentemente adottato, senza consultare la società civile o le organizzazioni di giornalisti e con la scusa delle “misure anti-terrorismo”, una nuova legge che autorizza la censura di massa nei confronti di portali informativi indipendenti e delle pagine Internet di gruppi per i diritti umani. Bounaim ha continuato dicendo che “l’amministrazione del presidente al-Sisi sta punendo l’opposizione pacifica e l’attivismo politico con pretestuose leggi contro il terrorismo e altre norme vaghe che qualificano come crimine qualsiasi forma di dissenso. L’ultima legge sui crimini a mezzo stampa e informativi ha reso pressoché assoluto il controllo delle autorità egiziane sulla stampa offline e online e sui mezzi radio-televisivi. Nonostante l’attacco senza precedenti alla libertà d’espressione e il fatto che ormai la paura sia diventata una sensazione quotidiana, molti egiziani continuano a sfidare la repressione rischiando di perdere la libertà. Ecco perché Amnesty International mobiliterà i suoi sostenitori nel mondo affinché esprimano la loro solidarietà a tutti gli egiziani in carcere solo per aver espresso le loro opinioni: devono sapere che non sono soli!”.

Amnesty International chiede alle autorità egiziane di rilasciare tutte le persone che si trovano in carcere solo per aver espresso pacificamente le loro opinioni, di porre fine alla repressiva campagna di censura nei confronti dei media e di abolire le leggi che rafforzano la presa dello stato sulla libertà d’espressione. Le continue e ingiustificate misure adottate dalle autorità egiziane per ridurre al silenzio le voci pacifiche hanno spinto centinaia di attivisti e di esponenti dell’opposizione a lasciare il paese, onde evitare di finire arbitrariamente in carcere. Ma tante altre persone continuano coraggiosamente a prendere la parola contro l’ingiustizia all’interno del paese.

State of the European Union: il discorso annuale di Juncker al Parlamento europeo

EUROPA di

Quella del SOTEU, il discorso annuale del presidente della Commissione europea sullo Stato dell’Unione Europea – State of the European Union – è diventata ormai una tradizione, ispirata al discorso del presidente degli Stati Uniti d’America. Il discorso sullo stato dell’Unione è sinonimo di trasparenza e responsabilità da parte delle istituzioni europee e si tiene ogni anno nel corso della prima assemblea plenaria di settembre. Il dibattito annuale è un’occasione per i deputati del Parlamento di esaminare il lavoro e i progetti della Commissione europea.

Jean-Claude Juncker, il 12 settembre 2018, ha pronunciato il suo discorso di fronte al Parlamento europeo di Strasburgo. Il discorso che si è tenuto quest’anno ha avuto un valore particolare per il presidente Juncker: a maggio del 2019 ci saranno nuove elezioni e a settembre dello stesso anno verranno nominati nuovi commissari dagli Stati membri; vale a dire che è probabilmente l’ultima volta in cui Juncker si rivolge agli attuali deputati. Alla luce di ciò, il presidente della Commissione ha impostato il suo discorso come se volesse trarre le conclusioni del suo operato, sottolineando quali sono stati i risultati raggiunti ed analizzando i lavori svolti fino ad oggi, aggiungendo poi cosa invece rimane da portare avanti e quale direzione prenderà la Commissione europea.

Inoltre, il discorso di Juncker può essere considerato come una risposta politica alle preoccupazioni dei cittadini, nonché un importante mezzo per esprimere la sua posizione sulle questioni dibattute dai leader dell’Unione Europea, quali migrazione, economia o politiche sociali, ma anche sull’aumento delle forze di estrema destra e anti-UE in Europa.

Il presidente della Commissione europea ha presentato le sue priorità per il prossimo anno ed ha  delineato la sua visione su come l’Unione europea può continuare a costruire un’Unione unita, più forte e più democratica, riprendendo anche quanto detto nel suo discorso del 2017.

Il discorso del presidente Juncker al Parlamento europeo è stato accompagnato dall’adozione di 18 iniziative concrete da parte della Commissione europea su migrazione e confini, sicurezza, elezioni libere e sicure, il partenariato dell’Unione europea con l’Africa e l’UE come attore globale. Queste proposte hanno lo scopo di contribuire a fornire risultati positivi per i cittadini in vista delle elezioni europee del 2019.

Le proposte chiave dell’indirizzo che sono state fatte sullo Stato dell’Unione 2018 riguardano:

Sicurezza: nuove regole per ottenere contenuti terroristici dal web; misure per assicurare elezioni europee libere ed eque; una procura europea rafforzata per combattere il terrorismo transfrontaliero; e iniziative per investire nella cybersecurity;

Migrazione e riforma delle frontiere: un’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo rafforzata; una guardia costiera e di frontiera europea pienamente equipaggiata, fino a 10mila unità in più; norme dell’Unione Europea più forti in materia di rimpatrio; migrazione legale;

Africa e investimenti esterni: una nuova alleanza Africa-Europa per investimenti e occupazione sostenibili; un’architettura finanziaria più efficiente per gli investimenti al di fuori dell’Unione Europea;

Politica estera e di sicurezza comune: migliorare l’efficienza del processo decisionale;

Cambiamenti stagionali dell’orologio: la Commissione propone di porre fine alle variazioni dell’orologio stagionale;

Antiriciclaggio: una maggiore vigilanza antiriciclaggio per un settore bancario e finanziario stabile.

Nel suo discorso, Juncker ha toccato tutti i temi principali di cui si dibatte oggi in politica e nell’Unione Europea. In particolare però, è bene soffermarsi su alcuni momenti del discorso che risultano essere particolarmente importanti. Juncker ha sottolineato la necessità per l’Europa di diventare più sovrana in modo da poter svolgere un ruolo maggiore nel plasmare gli affari globali.  Il presidente Juncker ha dichiarato: “è arrivata l’ora della sovranità europea: è ora che l’Europa prenda il suo destino nelle proprie mani, questa convinzione che <united we stand taller> è la vera essenza di ciò che significa essere parte dell’Unione europea, condividere la sovranità – quando e dove necessario – rende più forte ciascuno dei nostri stati nazione “. Consapevole che ci sono continue sfide esterne da affrontare, Juncker ha ribadito come insieme l’Europa sia più forte: vi è stato il riferimento all’adesione dei paesi dei Balcani occidentali e all’importanza di essere sempre aperti e tolleranti, anche nell’ambito dell’allargamento agli Stati membri.

Il presidente della Commissione ha affrontato anche il tema dei migranti, dicendosi contrario alle frontiere interne e invitando i paesi membri a trovare un giusto rapporto fra responsabilità e solidarietà, che necessita di essere dimostrata. E’ stata inoltre ribadita l’importanza della lotta al terrorismo: la Commissione europea ha proposto nuove norme per lottare contro la propaganda terroristica. Altro punto toccato è stato l’euro, con la volontà di rafforzarne il ruolo internazionale attraverso un piano che verrà proposto dalla Commissione entro l’anno.

Infine, Juncker ha chiesto agli eurodeputati il rispetto per l’Unione europea e la difesa della sua immagine, che implica l’apertura verso il patriottismo illuminato, con un’Europa che possa arrivare a parlare con una sola voce, e la chiusura ad ogni forma di nazionalismo che invece si pone in contrasto con l’Unione europea. Juncker ha concluso dichiarando che:”Per stare in piedi da sola, l’Europa deve andare avanti come una sola. Amare l’Europa è amare le sue nazioni. Amare la tua nazione è amare l’Europa. Il patriottismo è una virtù. Il nazionalismo incontrollato è pieno di veleno e inganno”.

Il Parlamento europeo contro l’Ungheria di Orbán

EUROPA di

Mercoledì 12 settembre, il Parlamento europeo riunito a Strasburgo, ha approvato la mozione contenuta nella relazione Sargentini sullo Stato di diritto in Ungheria, votando a favore dell’attivazione delle procedure per l’applicazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona.

Quest’ultimo prevede che il Consiglio a maggioranza dei quattro quinti possa inviare un monito ad uno Stato membro che viola lo Stato di diritto; la proposta della Commissione europea, di un terzo degli Stati membri o del Parlamento possono far scattare la procedura. Si tratta della cosiddetta “opzione nucleare”, espressione utilizzata negli ambienti delle istituzioni europee, al fine di porre l’accento sulla rarità e sulla gravità delle sanzioni applicate nei confronti degli Stati membri che violano lo Stato di diritto e si pongono in contrasto con i valori fondanti dell’Unione europea.

Il Parlamento europeo, dunque, ha invitato gli Stati membri ad agire nei confronti dell’Ungheria al fine di prevenire una minaccia sistemica ai valori comunitari fondanti. Tali valori sono sanciti dall’Articolo 2 del Trattato UE e ripresi all’interno della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, tra i quali rilevano il rispetto per la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto ed i diritti umani.

Gli eurodeputati chiedono, dunque, agli Stati membri di avviare la procedura prevista dall’articolo 7, paragrafo 1 del Trattato di Lisbona, affermando che nonostante le autorità ungheresi si siano sempre mostrate disponibili a discutere in merito alla legalità di qualsiasi misura specifica, “la situazione non è stata affrontata e permangono molte preoccupazioni, che hanno un impatto negativo sull’immagine dell’Unione, nonché sulla sua efficacia e credibilità nella difesa dei diritti fondamentali, dei diritti umani e della democrazia a livello mondiale, e rivelano la necessità di affrontarle mediante un’azione concertata dell’Unione”.

Il Parlamento europeo ha inoltre ricordato che l’adesione dell’Ungheria all’Unione europea è stato un atto volontario fondato su una decisione sovrana, dotata di un ampio consenso tra tutti gli schieramenti politici e ha sottolineato che ciascun governo ha il dovere di eliminare il rischio di una grave violazione dei valori dell’UE, anche se “tale rischio è una conseguenza duratura delle decisioni politiche suggerite o approvate dai governi precedenti”.

Negli ultimi anni i governi ungheresi sono stati spesso accusati di avere indebolito le proprie istituzioni democratiche nonché lo Stato di diritto, oltre che di aver favorito la discriminazione nei confronti delle minoranze etniche. L’eurodeputata della Sinistra Verde, Judith Sargentini, incaricata dal Parlamento di esaminare la situazione del Paese, ha pubblicato un lungo e dettagliato rapporto in cui sostiene che l’Ungheria sta violando le regole democratiche e lo Stato di diritto; tale rapporto è stato oggetto della discussione che avuto luogo martedì 11 settembre al Parlamento europeo, alla presenza dello stesso Viktor Orbán; quest’ultimo ha affermato “Il mio intervento non vi farà cambiare opinione, ma sono venuto lo stesso. Non condannerete un governo, ma l’Ungheria che da mille anni è membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia patria” e ha aggiunto “L’Ungheria sarà condannata perché ha deciso che non sarà patria di immigrazione. Ma noi non accetteremo minacce e ricatti delle forze pro-immigrazione: difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l’immigrazione clandestina anche contro di voi, se necessario.

Nel dettaglio, le preoccupazioni del Parlamento si riferiscono alle seguenti questioni: il funzionamento del sistema costituzionale e del sistema elettorale; l’ indipendenza della magistratura e di altre istituzioni; i diritti dei giudici; la corruzione ed i conflitti di interesse; la tutela della vita privata e la protezione dei dati; la libertà di espressione; la libertà accademica; la libertà di associazione; il diritto alla parità di trattamento; i diritti delle persone appartenenti a minoranze, compresi i rom e gli ebrei nonché la protezione dalle dichiarazioni di odio contro tali minoranze; i diritti fondamentali dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati; infine, i diritti economici e sociali.

La decisione è stata approvata con 448 voti favorevoli, 197 contrari e 48 astensioni. Era necessaria una maggioranza dei due terzi sui voti espressi e un minimo di 376 voti a favore. La maggioranza a favore dell’attivazione della procedura è stata più ampia del previsto, a otto mesi dalle elezioni europee molti eurodeputati hanno deciso di prendere le distanze dell’Ungheria. Fra i principali partiti italiani il Partito Democratico ed il Movimento 5 Stelle hanno votato a favore dell’attivazione dell’Articolo 7, mentre la Lega e Forza Italia avevano già annunciato il loro voto contrario. La maggioranza Lega – Movimento 5 Stelle che sostiene il governo italiano, si è dunque spaccata sulla questione, così come è successo per l’Austria ed il Belgio.

La relatrice Judith Sargentini ha dichiarato “Nella settimana in cui si discute lo Stato dell’Unione, il Parlamento europeo invia un messaggio importante: difendiamo i diritti di tutti gli europei, compresi i cittadini ungheresi, e difendiamo i nostri valori europei. I leader europei devono ora assumersi le proprie responsabilità e smettere di guardare dall’esterno, poiché lo Stato di diritto viene distrutto in Ungheria. Per un’Unione costruita su democrazia, Stato di diritto e diritti fondamentali, ciò è inaccettabile” e ha aggiunto “Non credo che questo o qualunque altro voto o discorso farà cambiare idea all’Ungheria, invertendo il corso delle sue politiche, altrimenti il Governo avrebbe già risposto alle infrazioni aperte dalla Commissione. Ma questo voto non era indirizzato all’Ungheria, bensì agli altri 27 Paesi dell’Ue”.

L’ “opzione nucleare”, al termine di un procedimento complesso, potrebbe condurre alla rimozione del diritto di voto dell’Ungheria in sede europea; tuttavia occorre il voto favorevole di tutti gli altri 27 Stati; a tal proposito la Polonia – contro cui la Commissione europea, lo scorso anno, ha avviato un procedimento dell’articolo 7, ma finora senza l’espressione del Consiglio – ha già lasciato intendere che si schiererà a favore dell’Ungheria.

Relativamente alle prossime tappe, ora spetterà agli Stati membri assumere una posizione: questi ultimi possono, deliberando a maggioranza di quattro quinti, determinare l’esistenza di un chiaro rischio di grave violazione dei valori dell’Unione europea da parte dell’Ungheria. Il Consiglio dovrebbe prima ascoltare le opinioni delle autorità ungheresi e ogni eventuale decisione dovrà ricevere il consenso del Parlamento. Rilevante è che gli Stati membri possono anche decidere di rivolgere delle raccomandazioni all’Ungheria, affinché venga affrontata la situazione di rischio di violazione.

In una fase successiva, il Consiglio europeo può determinare, all’unanimità e con l’approvazione finale del Parlamento, l’esistenza nello Stato membro in questione di una grave e persistente violazione (non più rischio) dello Stato di diritto, della democrazia e dei valori fondanti dell’Unione europea. Ciò potrebbe, in conclusione, condurre a delle sanzioni.

Francesca Scalpelli
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