GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Diritti umani

La Commissione si attiva per bandire dal mercato dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato

Nella giornata del 15 settembre la Commissione Europea ha proposto di vietare i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell’UE.

Il lavoro forzato include tutte quelle situazioni in cui le persone sono costrette a lavorare attraverso l’uso di violenza o intimidazioni, o con mezzi più indiretti come il debito manipolato, il mantenimento di documenti di identità o le minacce di denuncia alle autorità di immigrazione.

Dunque la proposta della Commissione riguarda tutti i prodotti, siano essi prodotti fabbricati nell’UE destinati al consumo interno e alle esportazioni o beni importati, senza concentrarsi su società o industrie specifiche. Questo approccio globale è importante perché, secondo le stime, 27,6 milioni di persone sono vittime del lavoro forzato, in molte industrie e in tutti i continenti. La maggior parte del lavoro forzato avviene nel settore privato, mentre in alcuni casi è imputabile agli Stati. La proposta si basa su definizioni e norme concordate a livello internazionale e sottolinea l’importanza di una stretta cooperazione con i partner globali. A seguito di un’indagine, le autorità nazionali avranno la facoltà di ritirare dal mercato dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Le autorità doganali dell’UE individueranno e bloccheranno alle frontiere dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato.

Valdis Dombrovskis, Vicepresidente esecutivo e Commissario per il Commercio, ha dichiarato: “Questa proposta farà davvero la differenza nella lotta contro una schiavitù moderna che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Puntiamo a eliminare dal mercato dell’UE tutti i prodotti realizzati con il lavoro forzato, indipendentemente dal luogo di fabbricazione.”

Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno, ha aggiunto: “Nell’attuale contesto geopolitico abbiamo bisogno di catene di approvvigionamento sicure e sostenibili. Non possiamo mantenere un modello di consumo di beni prodotti in modo non sostenibile. Il mercato unico è una risorsa formidabile per evitare che prodotti realizzati ricorrendo al lavoro forzato circolino nell’UE e uno strumento per promuovere una maggiore sostenibilità in tutto il mondo.”

Lo strumento relativo al lavoro forzato nella pratica

Le autorità nazionali degli Stati membri attueranno il divieto attraverso un approccio di applicazione solido e basato sul rischio. In una fase preliminare valuteranno i rischi di lavoro forzato sulla base di molteplici fonti di informazione, che  dovrebbero facilitare l’individuazione dei rischi. Tra le fonti di informazione possono rientrare i contributi della società civile, una banca dati dei rischi di lavoro forzato incentrata su specifici prodotti e aree geografiche e il dovere di diligenza esercitato dalle imprese.

Le autorità avvieranno indagini sui prodotti per i quali vi sono fondati sospetti che siano stati ottenuti con il lavoro forzato. Possono chiedere informazioni alle società ed effettuare controlli e ispezioni, anche in paesi al di fuori dell’UE. Se le autorità nazionali accerteranno la presenza di lavoro forzato, ordineranno il ritiro dei prodotti già immessi sul mercato e vieteranno l’immissione sul mercato dei prodotti interessati e la loro esportazione. Di conseguenza le società dovranno smaltire i prodotti e sostenere le spese conseguenti a tale operazione.

Se le autorità nazionali non sono in grado di raccogliere tutti gli elementi di prova necessari, ad esempio a causa della mancanza di collaborazione da parte di una società o dell’autorità di uno Stato terzo, possono prendere la decisione sulla base dei dati disponibili.

Durante l’intero processo le autorità competenti applicheranno i principi di valutazione basata sul rischio e di proporzionalità. Su tale base la proposta tiene conto in particolare della situazione delle piccole e medie imprese (PMI). Senza essere esentate, le PMI saranno agevolate dall’impostazione specifica della misura: le autorità competenti infatti, prima di avviare un’indagine formale, considereranno le dimensioni e le risorse degli operatori economici interessati e l’entità del rischio di lavoro forzato. Le PMI beneficeranno inoltre di strumenti di sostegno.

 

La Commissione elabora una strategia per promuovere il lavoro dignitoso in tutto il mondo 

La proposta fa seguito all’impegno dell’UE, la quale promuove il lavoro dignitoso in tutti i settori e ambiti strategici in linea con un approccio globale rivolto ai lavoratori nei mercati nazionali, nei paesi terzi e lungo le catene di approvvigionamento globali. Ciò comprende norme fondamentali del lavoro come l’eliminazione del lavoro forzato. La comunicazione sul lavoro dignitoso in tutto il mondo, presentata nel febbraio 2022, definisce le politiche interne ed esterne che l’UE mette in campo per realizzare l’obiettivo di un lavoro dignitoso in tutto il mondo.

ll lavoro dignitoso: l’UE come leader globale responsabile

L’UE ha già intrapreso azioni risolute per promuovere il lavoro dignitoso su scala mondiale, contribuendo al miglioramento della vita delle persone in tutto il mondo. Negli ultimi decenni il numero di minori vittime del lavoro minorile è diminuito significativamente a livello mondiale (passando da 245,5 milioni nel 2000 a 151,6 milioni nel 2016). Tuttavia il numero di minori costretti a lavorare è aumentato di oltre 8 milioni tra il 2016 e il 2020, invertendo la precedente tendenza positiva. Allo stesso tempo, la pandemia mondiale di COVID-19 e le trasformazioni nel mondo del lavoro, indotte anche dai progressi tecnologici, dalla crisi climatica, dai cambiamenti demografici e dalla globalizzazione, possono avere ripercussioni sulle norme del lavoro e sulla protezione dei lavoratori.

In tale contesto l’UE è determinata a portare avanti il suo attuale impegno e a consolidare ulteriormente il suo ruolo di leader responsabile nel mondo del lavoro, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione e sviluppandoli ulteriormente. I consumatori chiedono sempre più beni prodotti in modo sostenibile ed equo, che garantiscano un lavoro dignitoso a coloro che li producono.

L’UE rafforzerà le sue azioni basandosi sui quattro elementi del concetto universale del lavoro dignitoso sviluppato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e integrato negli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (ONU). Tali elementi sono: 1) la promozione dell’occupazione; 2) le norme e i diritti sul lavoro, tra cui l’eliminazione del lavoro forzato e del lavoro minorile; 3) la protezione sociale; 4) il dialogo sociale e il tripartitismo. La parità di genere e la non discriminazione sono questioni trasversali in questi obiettivi.

Prossime tappe

La proposta deve ora essere discussa e approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea prima di poter entrare in vigore e si applicherà a decorrere da 24 mesi dalla sua entrata in vigore.

Di Anna Tulimieri

Ucraina. Bambini in fuga

 

Ucraina: 1 bambino su 5 ha dovuto lasciare il Paese, 6 milioni sono intrappolati all’interno, in grave pericolo a causa dell’aumento degli attacchi a strutture civili. Colpiti oltre 460 scuole e 43 ospedali.                       
Fino a sei milioni di bambini sono intrappolati all’interno dell’Ucraina e sono in grave pericolo a causa dei crescenti attacchi a scuole e ospedali. Molti di loro sono al riparo all’interno di edifici che rischiano di essere attaccati da un momento all’altro, Leggi Tutto

Ucraina. Kharkiv sotto attacco

 

UCRAINA: DA AMNESTY INTERNATIONAL LE TESTIMONIANZE DALLA CITTÀ DI IZIUM, ASSEDIATA DALLE FORZE RUSSE DAL 28 FEBBRAIO. Tra il 9 e il 12 marzo Amnesty International ha raccolto drammatiche testimonianze di persone evacuate dalla città di Izium, nella regione ucraina orientale di Kharkiv, assediata e bombardata dalle forze russe dal 28 febbraio e i cui abitanti rimasti e rifugiati nelle cantine e nei sotterranei sono ormai a corto di cibo e di acqua. “Decine di piccoli centri dell’Ucraina sono sotto costanti attacchi e i loro abitanti sono al centro degli scontri armati o sono assediati dalle forze russe. Le testimonianze che abbiamo raccolto rivelano il terrore di persone Leggi Tutto

Ucraina. Continuano gli aiuti

 

UCRAINA: CONTINUA IL PONTE UMANITARIO DELLA CROCE ROSSA ITALIANA

Schintu “Partito altro carico di aiuti CRI nel fine settimana”. Rocca: “Non ci fermeremo finché ce ne sarà bisogno”

Roma, 14 marzo 2022 – Continua senza sosta il ponte umanitario della Croce Rossa Italiana verso l’Ucraina. “Nel fine settimana sono partiti altri cinque tir carichi di aiuti con una squadra di nostri tredici operatori a bordo”, dice Ignazio Schintu, Direttore Operazioni Emergenze e Soccorsi della CRI. Il carico questa volta è composto da: materiale sanitario, vestiti pesanti, generi alimentari, 24 tonnellate di cibo per bambini, gruppi elettrogeni, stufe, 1200 sacchi a pelo, 2000 letti da campo e anche cibo per cani. Questa è la terza partenza dall’Italia per la CRI nell’arco di dieci giorni e altre sono previste a breve. I mezzi arriveranno sempre a Chenivtsi, in Ucraina, via Romania, dove c’è un hub della Croce Rossa Ucraina per lo smistamento degli aiuti .“Grazie alla solidarietà dei nostri donatori e di tantissimi italiani – sottolinea Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC) – stiamo rispondendo senza sosta alle richieste della Croce Rossa Ucraina. La situazione è drammatica, le necessità tantissime ed è importante coordinare gli aiuti in base alle reali e concrete necessità degli operatori che si trovano sul posto. Non ci fermeremo finché ce ne sarà bisogno”.

 

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Ucraina: Garantire la sicurezza.

Ucraina: i corridoi umanitari non sono sicuri, nuove testimonianze. Servono osservatori nazionali

11 Marzo 2022

Photo by Andriy Dubchak/dia images via Getty Images

Ai civili le cui abitazioni sono state distrutte e a coloro che, temendo per la propria vita, sono costretti a fuggire dai bombardamenti russi in Ucraina dev’essere garantito l’accesso a corridoi umanitari sicuri. Lo ha dichiarato Amnesty International, ricordando che da due settimane in Ucraina migliaia di persone vivono sotto bombardamenti illegali e milioni sono state costrette a sfollare. Gli attacchi delle forze russe alla popolazione civile ucraina e le furiose distruzioni delle infrastrutture necessarie alla vita quotidiana violano le Convenzioni di Ginevra e altre norme internazionali, e devono cessare. Come minimo, devono essere garantiti i percorsi sicuri di evacuazione, tuttavia questi corridoi, fino ad oggi, si sono rivelati inaffidabili e pericolosi. Ucraina e Russia hanno raggiunto il primo accordo sui corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili e sull’ingresso degli aiuti umanitari il 3 marzo, ma la loro attuazione è stata lenta e limitata. È urgente che ai civili che cercano riparo dai bombardamenti, compresi quelli le cui abitazioni sono state distrutte, siano garantiti percorsi sicuri di evacuazione. Inoltre, è importante che queste persone non siano costrette a trasferirsi nei territori controllati dalla Russia, compresi la Crimea e il Donbass, o nella stessa Russia.

“Occorre istituire autentici corridoi umanitari in modo veloce, efficace e sicuro. I civili non possono andare incontro a rischi addirittura maggiori mentre cercano di allontanarsi dal conflitto”, ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.

“Prendere di mira civili e obiettivi civili, così come portare a termine attacchi indiscriminati, è vietato dal diritto internazionale. Tutti gli attacchi illegali devono cessare. Questo urgente bisogno di corridoi umanitari è la conseguenza diretta del tradimento della Russia dei suoi obblighi legali”, ha aggiunto Callamard. Le autorità ucraine hanno chiesto percorsi di evacuazione dei civili dalle città di Mariupol, Enerhodar, Sumy, Izyum e Volnovakha, sottoposte a pesanti bombardamenti. Hanno inoltre chiesto percorsi verso la capitale per i residenti di alcune città vicine a Kiev, come Bucha, Irpin e Hostomel. Dalle testimonianze raccolte da Amnesty International, ciò non è stato possibile a causa dei continui bombardamenti russi. Amnesty International chiede a tutte le parti di accordarsi sull’istituzione di corridoi umanitari ben organizzati e sicuri e di rispettare in buona fede questi accordi, fornendo alla popolazione civile mezzi di trasporto accessibili e tempo sufficiente per un’evacuazione sicura. L’organizzazione internazionale chiede inoltre che sia garantito l’accesso a osservatori internazionali che monitorino questi passaggi sicuri. Le forze russe non devono ricorrere a quegli assedi illegali di civili che ricordano quelli della capitale cecena Grozny e delle città della Siria, sottoposte a bombardamenti indiscriminati e ad attacchi alle infrastrutture civili, con la popolazione costretta a scegliere tra la resa e la fame.

Gli attacchi a Irpin

Il 6 marzo nei pressi di Irpin, un sobborgo alla periferia di Kiev, le forze russe hanno aperto il fuoco contro un punto di passaggio per l’evacuazione dei civili, uccidendo diversi di loro. Questa è la testimonianza di una donna, che faceva parte di un convoglio di 12 automobili che recavano la scritta “bambini”, che tentava di lasciare Irpin: “In due o tre minuti, dopo aver superato un carro armato distrutto, hanno iniziato a sparare. Una donna di 30 anni è morta e con lei una donna di 60 anni, la madre di una parente che era nella mia automobile. Mio cognato ha riportato una frattura a un braccio, l’autista ferite alle costole. Io sto bene, ho solo una piccola ferita alla testa”. I giornalisti che stavano effettuando riprese nella zona hanno riferito di un altro attacco che ha ucciso quattro persone, tra cui una donna e due dei suoi tre figli. Hanno parlato di spari e colpi di artiglieria a ripetizione: ciò fa pensare che si sia trattato di attacchi indiscriminati o sproporzionati, dunque violazioni del diritto internazionale umanitario.

@Photo by SERGEI SUPINSKY/AFP via Getty Images

“Impossibile andare via”

Amnesty International teme che alcuni gruppi di persone che cercano di lasciare le zone di conflitto vadano incontro a ulteriori difficoltà: persone con disabilità, anziani, persone con problemi di salute che sono meno in grado di lasciare facilmente le proprie abitazioni, cercare riparo durante gli attacchi o ricorrere a cure mediche. Elena Kozachenko, una donna di 38 anni di Chernihiv, sta facendo cicli di chemioterapia a seguito di un tumore al seno: “Ho il cancro e ho bisogno di cure mediche. L’ultimo ciclo di chemioterapia è stato il 23 febbraio. Il prossimo dovrebbe essere il 16 aprile. Devo eseguire dei controlli ma l’ospedale oncologico si trova in una zona costantemente bombardata. Ho troppa paura per andarci. Restare in Ucraina per una persona nelle mie condizioni sarebbe un suicidio. Ma andarsene è impossibile. Sono un bersaglio vivente”. Molte persone anziane, oltre alle difficoltà di lasciare le proprie abitazioni, non voglio andarsene dai luoghi dove hanno vissuto per decenni, se non per tutta la vita. Rita, medico di famiglia di 64 anni residente a Kiev: “Kiev è una città antica. Le persone anziane, quelle con mobilità limitata, non possono scendere dalle proprie abitazioni al piano terra. Col buio disattivano la corrente elettrica così pensano di non attirare i bombardamenti. È come se fosse una condanna a morte. Se non possono usare l’ascensore, restano bloccate in casa”. Un membro del consiglio regionale di Kiev, che rappresenta Irpin, Bucha e altre comunità sotto l’assedio russo, ha aggiunto: “Sono per lo più gli anziani a rimanere. È più sicuro per loro rimanere a casa piuttosto che muoversi senza soldi o cibo. È il luogo in cui sono nati, lo conoscono, conoscono i vicini, temono che altrove nessuno li aiuterà. E comunque non hanno i soldi per andarsene”. Alle persone anziane e quelle con disabilità, così come altri gruppi particolarmente a rischio, dev’essere data priorità così come previsto dal diritto internazionale umanitario. L’organizzazione e la comunicazione sull’evacuazione e sui corridoi umanitari sicuri devono essere inclusivi e le informazioni, i trasporti e gli altri servizi devono essere accessibili a ogni persona. Da tutta l’Ucraina, le persone intervistate da Amnesty International hanno riferito di vivere in luoghi sovraffollati in cui scarseggiano cibo, acqua e medicinali. A causa degli incessanti bombardamenti russi, ci sono persone bloccate nei propri appartamenti da giorni, senza riscaldamento, elettricità e linee telefoniche funzionanti.

L’intervento umanitario ONU per 12 milioni di persone in Ucraina

La continua violenza armata e il rapido deterioramento delle misure di sicurezza in Ucraina continuano ad aggravare la sofferenza di milioni di persone nella regione orientale, un’area già esposta a otto anni di conflitto armato, isolamento delle comunità, deterioramento delle infrastrutture, molteplici restrizioni ai movimenti, livelli elevati di mine antiuomo e contaminazione da ordigni inesplosi, nonché l’impatto del COVID-19.

La situazione attuale

La situazione umanitaria in Ucraina è peggiorata rapidamente in seguito al lancio dell’offensiva militare della Federazione Russa il 24 febbraio 2022. La violenza armata è aumentata in almeno otto oblast (regioni), tra cui Kyivska oblast e la capitale Kiev, nonché nell’est oblasts Donetska e Luhanska che erano già state colpite dal conflitto. I recenti sviluppi delle ostilità hanno reso la situazione ancora più imprevedibile e instabile.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha registrato dall’inizio del conflitto 802 vittime civili in Ucraina: 249 uccisi (di cui 232 adulti, 9 ragazzi, e 8 bambini) e 553 feriti.

La maggior parte delle vittime civili sono state causate dall’uso di armi esplosive di lunga portata, attacchi aerei, bombardamenti di artiglieria pesante e sistemi missilistici multilancio. L’OHCHR ritiene che le cifre reali siano considerevolmente più elevate, soprattutto nel territorio controllato dal governo e soprattutto negli ultimi giorni, poiché la ricezione di informazioni da alcune località in cui sono in corso intense ostilità è stata ritardata e molti rapporti sono ancora in attesa di conferma. Ciò riguarda, ad esempio, la città di Volnovakha (parte della regione di Donetsk controllata dal governo) dove si sospetta un numero elevato di vittime civili.

Le conseguenze umanitarie del conflitto

L’intensa escalation militare ha provocato la perdita di vite umane, feriti e movimenti di massa della popolazione civile in tutto il paese e verso i paesi vicini, nonché gravi distruzioni e danni alle infrastrutture civili e agli alloggi residenziali.

La fornitura di servizi pubblici – acqua, elettricità, riscaldamento e servizi sanitari e sociali di emergenza – è sottoposta a forti pressioni e l’accesso delle persone alle cure di prima necessità è limitato da un sistema sanitario allo stremo.

Con la continuazione dell’operazione militare e la crescente instabilità, è probabile che le catene di approvvigionamento vengano interrotte per un periodo di tempo prolungato. Anche la capacità delle autorità locali di sostenere un livello minimo di servizi è stata gravemente ostacolata dalla dipartita dei dipendenti o dall’impossibilità di accedere al proprio posto di lavoro.

I gruppi particolarmente vulnerabili includono gli anziani e le persone con disabilità, che potrebbero non essere in grado di fuggire o rimanere nelle aree colpite, con conseguenti rischi per le loro vite, difficoltà a soddisfare i bisogni quotidiani e difficoltà nell’accesso all’assistenza umanitaria.

L’intervento della comunità umanitaria

La comunità umanitaria si è rapidamente adattata all’evolversi della situazione, anche grazie allo Humanitarian Response Plan, ovvero il piano di emergenza inter-agenzie aggiornato all’inizio del 2022 prima dell’inizio della crisi. Purtroppo, la violenza degli scontri armati ha provocato una forte escalation dei bisogni e una significativa espansione delle aree in cui è richiesta assistenza umanitaria rispetto a quanto previsto all’inizio dell’anno. Anche il tipo di bisogni e le attività umanitarie richieste negli oblast di Donetska e Luhanska sono cambiati a causa della nuova portata delle ostilità.

Ciò ha intensificato gli sforzi delle organizzazioni comunitarie per mitigare l’impatto del conflitto attraverso la fornitura di assistenza alimentare, servizi di protezione, accesso all’acqua potabile, rifugi e assistenza sanitaria.

Le Nazioni Unite, attraverso l’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) hanno autorizzato una sovvenzione del Fondo centrale di risposta alle emergenze (CERF) di $20 milioni ad integrazione dei meccanismi di finanziamento umanitario già esistenti, tra cui lo stanziamento di $18 milioni da parte del Fondo umanitario ucraino.

L’assegnazione del CERF consente alle agenzie e ai partner delle Nazioni Unite di potenziare ulteriormente le operazioni umanitarie, in particolare in nuove località che non sono state precedentemente colpite da ostilità, e di migliorare la capacità della catena di approvvigionamento al fine di fornire assistenza umanitaria mirata alle persone colpite dalla recente ondata di violenza.

I finanziamenti attualmente disponibili per le operazioni umanitarie in Ucraina sono estremamente limitati. Per un rapido aumento della risposta umanitaria, i partner umanitari richiedono 1,1 miliardi di dollari per aiutare più di 6 milioni di persone bisognose. I finanziamenti immediati e urgenti saranno cruciali per soddisfare le esigenze umanitarie di milioni di civili nel mezzo di un’escalation delle ostilità.

Sostieni il Fondo umanitario in Ucraina

L’ONU ha lanciato un appello di emergenza per 1,7 miliardi di dollari per fornire aiuti alle persone all’interno dell’Ucraina e ai rifugiati fuggiti nei paesi vicini. Il Fondo umanitario ucraino è un fondo comune nazionale. I fondi messi insieme supportano una risposta umanitaria tempestiva, coordinata e basata sui diritti umani.

La tua donazione aiuterà le ONG umanitarie e le agenzie delle Nazioni Unite in Ucraina ad assistere le comunità e le persone più vulnerabili e a fornire loro cibo, acqua, riparo e altro supporto di base di cui hanno urgente bisogno. Grazie a questo meccanismo di risposta rapido e flessibile, il tuo regalo di oggi può davvero salvare una vita.

Link in basso per fornire assistenza alle vittime del conflitto in Ucraina

Fondo umanitario in Ucraina:

https://act.unfoundation.org/onlineactions/D47Mjcz_6ECF1PLeCnHIIw2

Agenzia ONU dei Rifugiati (UNHCR):

https://dona.unhcr.it/campagna/crisi-ucraina/

UNICEF:

https://donazioni.unicef.it/landing-emergenze/emergenza-ucraina?wdgs=GAEU&gclid=CjwKCAiAjoeRBhAJEiwAYY3nDD_jSpD6lKPQ0LHB7hQ9v5Iz2hU_ZE5WnT76RiUJGD4EccpjtDuYMBoCWY8QAvD_BwE#/home

World Food Programme:

https://donatenow.wfp.org/it/~mia-donazione?redirected=IT

 

Tigray. Crimine verso i diritti umani

CRONACA/Diritti umani di

Combattenti affiliati al Fronte popolare di liberazione del Tigray hanno deliberatamente ucciso decine di persone, sottoposto a stupri di gruppo decine di donne e ragazze – alcune delle quali di soli 14 anni – e saccheggiato beni pubblici e privati in due zone della regione amhara, nell’Etiopia del nord. Lo ha denunciato Amnesty International, in un rapporto diffuso oggi sulle atrocità commesse in una serie di attacchi avvenuti tra fine agosto e inizio settembre del 2021 nella città di Kobo e nel villaggio di Chenna, finiti nel mese di luglio sotto il controllo delle forze tigrine.

“Le forze tigrine hanno mostrato profondo disprezzo per le regole basilari del diritto internazionale umanitario. Vi sono sempre maggiori prove di crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità commessi nelle zone della regione amhara finite sotto il loro controllo a partire dallo scorso luglio, tra cui ripetuti casi di stupro, uccisioni sommarie e saccheggi, persino all’interno degli ospedali”, ha dichiarato Sarah Jackson, vicedirettrice di Amnesty International per l’Africa orientale, il Corno d’Africa e i Grandi Laghi.

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Ucraina. I diritti umani vengono meno.

Diritti umani di

AMNESTY INTERNATIONAL: “IN CASO DI ULTERIORE CONFLITTO ARMATO IN UCRAINA, CONSEGUENZE DEVASTANTI PER I DIRITTI UMANI DI MILIONI DI PERSONE”

Di fronte alla crescente minaccia dell’uso della forza militare da parte della Russia, Amnesty International ha ammonito che un’altra escalation del conflitto armato in Ucraina avrebbe conseguenze devastanti per i diritti umani nella regione: minaccerebbe le vite civili, i beni di sussistenza e le infrastrutture, produrrebbe un’acuta crisi alimentare e potrebbe causare sfollamenti di massa. In Ucraina si registra già un impatto negativo sui diritti economici e sociali: i prezzi dei generi alimentari e dei beni di prima necessità, compresi i medicinali, sono aumentati a detrimento dei diritti alle cure mediche e a un adeguato standard di vita, soprattutto delle persone anziane, di quelle giovani e di Leggi Tutto

Terre e comunità rare. Gli indios chiudono le loro terre.

Americas/AMERICHE/Diritti umani di

Il numero dei contagiati da coronavirus in America Latina ha ormai raggiunto quota 90.059, dei quali 4.247 sono morti. É quanto emerge da una statistica elaborata dall’ANSA sulla situazione esistente in 34 nazioni e territori latinoamericani. In appena tre giorni la regione è passata da 80.120 contagi e 3.364 morti, al bilancio odierno. Il Brasile continua a essere il primo Paese nella regione per numero di casi e di deceduti, registrando oltre un terzo dei positivi dell’America Latina.

Gli indigeni abbandonati di fronte alla pandemia

Per evitare il contagio, in almeno 12 Stati del Brasile, gli indios di varie etnie hanno chiuso l’accesso alle loro terre per cercare di impedire l’arrivo del coronavirus: lo rende noto il portale di notizie Uol, sottolineando che coloro che vivono nei villaggi sono più vulnerabili alle epidemie virali e temono che i casi di Covid-19 si diffondano nei loro territori. “Per il momento non abbiamo nessun caso sospetto, ma stiamo chiudendo il villaggio per non far entrare persone da fuori che possano contaminarci”, ha spiegato il capo tribù Almir Narayamoga, dell’etnia Suruì, che vive a Rondonia.

Il primo nativo sconfitto dal coronavirus è stato Alvanir Xirixana, 15enne che viveva nel villaggio Rehebe, lungo il fiume Uraricoera, una regione dove trafficano migliaia di garimpeiros (ricercatori illegali d’oro) che fanno affari illeciti nella Terra indigena yanomami. “La morte del ragazzo ha diffuso la preoccupazione tra gli yanomami”, scrive la Folha de S.Paulo. “Molti temono che si ripeta la tragedia provocata dall’invasione dei ricercatori d’oro tra gli anni sessanta e ottanta del novecento, quando il 15 per cento della popolazione morì a causa di malattie virali, in particolare del morbillo”. La stessa organizzazione che rappresenta i diritti degli Yanomami, l’Hutukara Associação Yanomami, pone l’attenzione sulle migliaia di ricercatori d’oro che ogni anno attraversano queste zone, sottolineando come il villaggio dove viveva Alvanir sia un loro percorso.

La diffusione del virus nei popoli nativi dell’America Latina è particolarmente preoccupante se consideriamo che per queste popolazioni la situazione è già estremamente drammatica. La malattia si aggiungerebbe ad altri problemi cronici come la malnutrizione o la carenza d’acqua potabile. Una delle raccomandazioni di base per evitare la diffusione del coronavirus è proprio il lavaggio frequente delle mani con acqua e sapone. Tuttavia, in America Latina, questa semplice raccomandazione può essere difficile da soddisfare poiché la regione convive con una costante contraddizione. Sebbene la regione abbia il 31% delle fonti di acqua dolce del mondo, quasi 37 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile, secondo fonti della Banca mondiale. Mentre in Bolivia le comunità indigene praticano la semina dell’acqua, in Perù l’acqua viene catturata dalla nebbia. La popolazione zapoteca in Messico svolge da molti anni lavori di raccolta dell’acqua in buche costruite a tale scopo.

Oltre a tutto questo, le popolazioni native continuano ad affrontare vecchie sfide, come l’invasione delle loro terre, il disboscamento illegale o le estrazioni minerarie illegali che probabilmente, sono gli stessi vettori del virus. Per il momento i nativi stanno facendo la loro parte, cercando di non entrare in contatto con i ricercatori d’oro o con i narcotrafficanti che hanno grandi interessi economici nella regione, ma fin quando sarà presente il disinteresse dello stato, e nel caso del Brasile di Jair Bolsonaro gli attacchi frontali alle comunità indigene, l’autoisolamento dei nativi sarà fragile e forse inutile. Per tutte queste ragioni è necessario articolare un piano nazionale di emergenza che veda la partecipazione di organizzazioni indigene e istituzioni partner per riuscire a evitare il crollo di queste rare comunità.

 

Tra GDPR e rischi della rete. Il 24 maggio verrà presentato a Viterbo un libro sulla nuova normativa in materia di privacy.

 VITERBO: Tutti, ma proprio tutti, ormai, abbiamo sentito parlare del GDPR, ossia della General Data Protection Regulation. Chi non ha sentito parlare di questo acronimo, però, ha sicuramente percepito che “qualcosa” è cambiato. La privacy stessa, il suo concetto intrinseco, ontologico, ed il suo modo di manifestarsi, sono cambiati. Leggi Tutto

Domenico Martinelli
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