GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Flaminia Maturilli - page 7

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Green recovery, i ministri dell’energia lavorano per una ripresa sostenibile

EUROPA di

Il 28 aprile 2020, i ministri dell’Energia dell’UE si sono incontrati in videoconferenza per discutere sull’impatto della pandemia di Covid-19 nel settore dell’energia, discutendo di come preparare la ripresa. La fase di ricostruzione è un’occasione importante per mettere in atto una transizione verso un’economia verde e sostenibile, un’energia pulita e la neutralità climatica. Condivide la stessa posizione anche Ursula Von der Leyen, che ha ribadito l’importanza di una ripresa economica green, perché ricostruzione economica e tutela ambientale sono tutt’altro che questioni separate.

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Repubblica Ceca, estensione dello Stato di emergenza e dei programmi di supporto

EUROPA di

Con il prolungarsi dell’emergenza da Covid-19 in Repubblica Ceca, è stato necessario estendere di nuovo lo stato di emergenza, inizialmente previsto fino all’11 aprile e poi prorogato per la prima volta al 30 aprile. Il governo di Praga ha richiesto una seconda proroga, al fine di proseguire con la gestione dell’emergenza nell’interesse di tutto il paese e continuare a poter emanare programmi di aiuti, come il “Job Support Programme”. Anche questa volta, non sono mancati dibattiti e scontri tra diverse visioni: Babiš ha proposto una proroga di un mese, fino al 25 maggio; il parlamento ha approvato invece lo stato di emergenza fino al 17 maggio.

La proroga dello stato di emergenza

Lo scorso 24 aprile, il governo ha deciso di presentare una richiesta di proroga dello stato di emergenza in vista della scadenza del 30 aprile, anche a seguito di una sentenza del tribunale municipale di Praga del 23 aprile, che annulla le principali misure anti-epidemiologiche annunciate sulla base della legge sulla protezione della salute pubblica. Affinché il governo mantenga il controllo sullo sviluppo dell’epidemia nelle prossime settimane, deve procedere in conformità con la Crisis Act, che, tuttavia, può essere applicato solo durante uno stato di emergenza. Il primo ministro Babiš, in una riunione di emergenza con i membri del governo, ha elogiato il comportamento dei cittadini cechi durante tutto questo periodo e, in particolar modo, nelle vacanze pasquali. Anzi, fa leva proprio sul buon comportamento dei cittadini per allentare rapidamente le misure annunciate. Tuttavia, non si può ancora dire di aver superato la crisi ed è dunque importante mantenere in vigore parte delle misure prese finora.

Dopo un lungo dibattito in Parlamento, il 28 aprile la Camera dei deputati ha deciso di estendere lo stato di emergenza non fino al 25 ma fino al 17 maggio: la maggior parte dell’opposizione ha rifiutato di prolungare lo stato di emergenza, accusando il gabinetto del primo ministro di agire in modo illegale ed anche caotico, imponendo misure ed allentando restrizioni senza un chiaro ordine. Babiš, per tutta risposta, proporrà nei prossimi giorni un emendamento alla legge sulla protezione della salute pubblica che consentirà di mantenere le misure restrittive sulla base di una decisione del ministero della sanità, anche senza un attivo stato di emergenza.

Programma di supporto al lavoro, ospedali e agenti

Il 27 aprile, il governo ha esteso il programma di supporto al lavoro: i datori di lavoro che hanno dovuto sospendere o limitare le attività a causa dell’epidemia di coronavirus saranno in grado di ottenere rimborsi di pagamento salariale dallo Stato per il periodo che va dal 12 marzo fino alla fine di maggio. Il cosiddetto “programma antivirus” riconosce i costi sostenuti dai datori di lavoro per gli stipendi dei dipendenti, compresi i contributi obbligatori per il periodo in cui non hanno potuto lavorare o in cui sono state limitate le attività dalle misure previste dal governo. Questo strumento è stato approvato il 31 marzo con validità fino al 30 aprile; in vista della sua scadenza, è stato prorogato fino al 31 maggio, giorno fino al quale continueranno le concessioni di aiuti per molte aziende. Sarà compito dei vari datori di lavoro richiedere un rimborso di stipendi per i dipendenti. Il 7% dei lavoratori cechi ha perso il proprio lavoro a causa dell’epidemia da coronavirus, quindi al momento sembra essere fondamentale un programma di supporto come quello approvato.

Il governo ha inoltre approvato la proposta del ministero della Sanità di cancellare i debiti degli ospedali statali, dal momento che queste istituzioni hanno da tempo avuto problemi a pagare i loro debiti e stanno vivendo un inasprimento maggiore della loro situazione economica. Il governo dedicherà circa 6,6 miliardi di corone ceche dalle riserve di bilancio a loro favore. Inoltre, è stato previsto anche un aumento dei finanziamenti per gli stipendi dei soldati professionisti, dei funzionari doganali e degli agenti di polizia impegnati a gestire l’epidemia di coronavirus nel paese.

Ripartire: la riapertura dei confini

Il Paese sta pian piano riaprendo per tornare alla normalità e già dal 25 maggio potranno riaprire ristoranti e pub. Sarà comunque obbligatorio indossare la mascherina almeno fino alla fine di giugno e vi saranno delle maggiori attenzioni per quanto riguarda il numero di tavoli previsti e di persone ammesse ai locali. Rimangono i divieti per gli eventi pubblici, sportivi e non solo, viste le condizioni di svolgimento che li caratterizza, con un’elevata quantità di persone e senza possibilità di mantenere le distanze.

Un importante cambio di rotta si è visto con la riapertura dei confini: la Repubblica Ceca è stato uno dei primi paesi in Europa a chiudere i confini eppure, vedendo un calo del tasso di contagiati da Covid-19, il 24 aprile è stato deciso dal governo di riaprire i confini del paese. In ogni caso, ciò non toglie l’importanza fondamentale del periodo di isolamento. “Al ritorno, i viaggiatori dovranno presentare la conferma di un test negativo per il coronavirus o saranno costretti a trascorrere 14 giorni in quarantena”, ha affermato il Ministro della salute Vojtěch. Tale misura è stata presa considerando l’alto numero di lavoratori cechi che si spostano oltre confine per il lavoro, alla luce del fatto che la Repubblica Ceca confina con Austria, Slovacchia, Polonia e Germania e sono molte le persone che vivendo al ridosso del confine lavorano in un altro stato.

Industria, Ricerca ed Energia: la Commissione ITRE al Parlamento europeo

EUROPA di

La Commissione ITRE – Industria, Ricerca ed Energia – è una delle 20 commissioni interne al Parlamento europeo e fa parte di quelle permanenti: formata da un gruppo di eurodeputati, ha un ruolo fondamentale nella procedura legislativa ordinaria. La Commissione ITRE ha come Presidente Cristian-Silviu Buşoi, ed è composta da 72 membri che riflettono la composizione del Parlamento nel suo insieme. Tra i deputati italiani vi sono, tra gli altri, la Vicepresidente di Commissione Patrizia Toia, i deputati Carlo Calenda, Aldo Patriciello, Ignazio Corrao e la deputata Isabella Tovaglieri come membri effettivi, ed anche Simona Bonafè e Matteo Adinolfi come membri sostituti.

Il lavoro della Commissione

Trattandosi di una commissione permanente, tra i compiti dell’ITRE vi è l’approvazione delle relazioni di carattere legislativo, la presentazione di emendamenti da sottoporre all’aula, la nomina dei membri delle squadre indicate di negoziare la legislazione dell’UE con il Consiglio, l’approvazione delle relazioni di iniziativa, l’organizzazione di audizioni con esperti e il controllo dell’operato degli organismi dell’UE. Inoltre, la Commissione nomina solitamente un rapporteur che fa delle raccomandazioni alla Commissione e presenta la relazione in assemblea plenaria. Il lavoro delle Commissioni nel Parlamento è fondamentale, poiché la maggior parte della funzione legislativa del Parlamento si svolge proprio all’interno di queste.
La Commissione ITRE si occupa dell’industria, energia e ricerca, ed è responsabile di molteplici settori: la politica industriale dell’Unione e l’applicazione di nuove tecnologie, comprese le misure relative alle PMI; la politica di ricerca e innovazione dell’Unione, nonché la diffusione e lo sfruttamento dei risultati della ricerca; la politica spaziale europea; le attività del Centro comune di ricerca, del Consiglio europeo della ricerca, dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia e dell’Istituto per i materiali e le misure di riferimento; misure dell’Unione relative alla politica energetica, anche nel contesto del funzionamento del mercato interno dell’energia; ciò che riguarda il trattato EURATOM e la sua Agenzia di approvvigionamento; sicurezza nucleare, disattivazione e rifiuti smaltimento nel settore nucleare; la società dell’informazione, la tecnologia dell’informazione e le reti e i servizi di comunicazione, comprese le tecnologie e gli aspetti di sicurezza e la creazione e lo sviluppo di reti transeuropee nel settore delle telecomunicazioni.

Le priorità

Il rapporto delle attività 2014-2019 sintetizza al meglio le attività portate avanti dall’ITRE negli ultimi anni, e fa comprendere l’indirizzo che si sta seguendo ora e si seguirà in futuro. In particolare, il primo obiettivo è quello di contribuire a dare una nuova spinta per l’occupazione, la crescita e gli investimenti, il tutto attraverso il progetto dell’economia circolare e il quadro finanziario pluriennale di 2021-2027. La seconda priorità è creare un mercato unico digitale connesso, migliorando l’accesso ai beni e servizi digitali per consumatori e imprese, creando condizioni favorevoli alla crescita e condizioni di parità per reti digitali e servizi innovativi, massimizzando il potenziale di crescita dell’economia digitale. La terza priorità è creare un’unione energetica resiliente con una politica lungimirante sul cambiamento climatico, attraverso la sicurezza energetica, un mercato europeo dell’energia pienamente integrato, l’efficienza energetica che contribuisce alla moderazione della domanda, la decarbonizzazione dell’economia, investimenti in ricerca, innovazione e competitività. Il quarto obiettivo è garantire un mercato interno più profondo ed equo, con una forte base industriale, così come la quinta priorità è la garanzia di una più giusta Unione economica e monetaria.

La risposta al Coronavirus

In questo ultimo periodo, il coronavirus è diventato argomento centrale anche nell’agenda dell’ITRE: il Presidente del Parlamento europeo ha annunciato una serie di misure per contenere la diffusione dell’epidemia e salvaguardare le attività principali del Parlamento, che vengono ridotte ma mantenute nelle loro parti essenziali. Nell’ambito dell’ITRE, il 15 aprile la Commissione ha approvato una comunicazione sul ruolo dei test per un’efficace strategia di uscita coordinata tra loro, e gli scienziati del Centro comune di ricerca hanno sviluppato criteri di prestazione dei test per migliorare l’accuratezza complessiva dei test COVID-19. Il 17 aprile, il Parlamento ha adottato una risoluzione sulla crisi COVID-19, chiedendo un approccio coordinato post-lockdown nell’UE, compresi anche test su larga scala. Il 24 aprile, la Commissione europea ha discusso con la commissaria per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù Mariya Gabriel e la commissaria per il mercato interno Thierry Breton sulla strada da seguire per le proposte del Parlamento. Molto importante è la piattaforma europea di dati COVID-19, lanciata per consentire la raccolta e la condivisione dei dati di ricerca disponibili. I ricercatori saranno in grado di archiviare, condividere e analizzare un’ampia varietà di risultati sul coronavirus. Infine, la Commissione europea, in stretta collaborazione con gli Stati membri dell’UE, ospiterà, con il patrocinio della Gabriel, il primo hackathon paneuropeo sul Covid-19, per collegare la società civile, gli innovatori, i partner e gli investitori da tutta Europa e oltre, al fine di sviluppare soluzioni innovative per le sfide legate al coronavirus.

Covid-19, la Repubblica Ceca tra riaperture, aiuti europei e prevenzione

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La Repubblica Ceca, colpita dalla pandemia del Covid-19 già dai primi di marzo, sta attraversando ora una fase molto simile a quella degli altri paesi europei: pianificare le prime riaperture ma continuare a prevenire l’ulteriore diffusione del virus, senza recare eccessivi danni all’economia. Un’impresa non da poco che Praga affronta grazie alle misure di aiuti di Stato approvati dalla Commissione europea e dal prestito della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, ed inoltre estendendo la “smart quarantine”, provata nella Moravia meridionale, in tutto il paese.

Le ultime misure del governo

In vista di un futuro allentamento delle misure di lockdown ma con la volontà di scongiurare l’ulteriore diffusione del coronavirus, il governo di Praga ha preso molteplici misure. Il ministro della Sanità Vojtech ha annunciato il 21 aprile il lancio di un test su larga scala di persone selezionate in modo casuale in determinate località del Paese. “Stiamo lanciando uno studio unico sull’immunità collettiva. 27.000 persone saranno testate per la presenza di coronavirus. Vogliamo scoprire quanta parte della popolazione ha riscontrato l’infezione e quale immunità hanno i diversi gruppi di età. Di conseguenza, saremo in grado di comprendere meglio la situazione e creare una previsione per lo sviluppo futuro”, ha dichiarato Vojtech su Twitter. Lo studio avrà luogo a Praga, Brno e dintorni, Olomouc e dintorni, Litoměřice, Litovel e Uničov. La partecipazione è volontaria, ma i partecipanti non devono avere alcun sintomo associato al Covid-19, né possono essere stati precedentemente contagiati dal virus.
Inoltre, a partire dal 20 aprile è stato possibile riaprire diverse attività: negozi di artigiani (evitando comunque il diretto contatto con i clienti), rivenditori di automobili e mercati all’aperto. Gli studenti universitari potranno tornare all’università per avere colloqui individuali con i docenti in caso di necessità; si possono celebrare matrimoni (con un massimo di 10 persone come ospiti) e gli atleti professionisti potranno tornare ad allenarsi all’aperto.
Un’altra importante misura riguarda gli aiuti che lo Stato fornisce alla popolazione: i lavoratori autonomi colpiti dalla pandemia riceveranno a maggio un pagamento di 15.000 corone dallo stato, secondo quanto ha dichiarato il Primo Ministro Babiš. “Il governo è anche pronto per i pagamenti a giugno, se necessario”, ha poi aggiunto. Già ad aprile era stata approvata una politica di aiuti, una somma forfettaria di 25.000 corone. Per accedere al pagamento, i richiedenti devono dimostrare di soddisfare due condizioni: essere un lavoratore autonomo; l’attività autonoma del richiedente deve essere la sua attività principale.

L’estensione della Smart Quarantine

Come ulteriore forma di prevenzione, a partire dal 20 aprile, il progetto di “quarantena intelligente” testato sulla regione della Moravia meridionale è stato esteso a tutto il paese. Si tratta di un progetto che prevede di rintracciare tutti i contatti avuti dalle persone che risultano positive al virus nei cinque giorni precedenti al tampone, creando delle mappe per ricostruire i loro movimenti con l’aiuto di banche e operatori di telefonia mobile. Tutti coloro con cui sono entrati in contatto i positivi verranno testati e messi in quarantena per evitare l’ulteriore diffusione del virus. La quarantena intelligente contribuirà all’accelerazione nel processo di identificazione dei nuovi casi di coronavirus, nonché nel processo di riapertura delle attività del Paese. Secondo quanto previsto, tutti i dati dovranno essere definitivamente cancellati dopo che la ricerca è stata completata, ed inoltre solo gli epidemiologi potranno accedere ai dati.

Aiuti dall’Europa

La Commissione europea ha approvato un regime di aiuti di Stato per la Repubblica ceca fino a 1 miliardo di CZK (circa 37 milioni di euro). Il Paese ha notificato alla Commissione, sotto il Temporary Framework, uno schema per sostenere gli investimenti delle piccole e medie imprese nella produzione di prodotti rilevanti per l’epidemia di coronavirus; lo schema iniziale prevede un budget di 300 miliardi di corone ceche, approssimativamente 11 milioni di euro, per poi poter essere incrementato fino a 37 milioni di euro. Il sostegno pubblico avverrà attraverso delle sovvenzioni dirette: coprirà il 50% dei costi ammissibili che le aziende devono sostenere per produrre i prodotti ora fondamentali. L’obiettivo è proprio migliorare e accelerare la produzione per contrastare la diffusione del coronavirus e curare chi è già stato contagiato attraverso ventilatori, indumenti, attrezzature protettive e strumenti diagnostici. Nell’ambito del regime, i progetti di investimento saranno completati entro sei mesi dalla data di concessione dell’aiuto. L’approvazione della Commissione è dovuta alla vitale importanza che ricoprono gli aiuti per il paese, essenziali al raggiungimento di un obiettivo di comune interesse; inoltre, il regime è necessario, appropriato e proporzionato per combattere la crisi sanitaria.
Infine, la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa, ha approvato un prestito di 300 milioni di euro alla Repubblica Ceca per finanziare le spese sanitarie per combattere la diffusione e l’impatto della pandemia. Si tratta del primo prestito del governo con questa banca, supporterà il governo ceco nel proseguire i suoi sforzi per mitigare la diffusione e le conseguenze del Covid-19 coprendo il 90% del costo totale richiesto a breve termine. Consentirà l’acquisizione di materiale e attrezzature mediche, inclusi test, ventilatori e respiratori, nonché dispositivi di protezione per il personale in prima linea. Il prestito può anche coprire la riabilitazione e la conversione di spazi, unità mediche e ospedali per soddisfare le attuali esigenze di assistenza sanitaria di emergenza.

Aiuti di Stato, la Commissione approva il doppio regime di garanzia dell’Italia: via libera al Decreto Liquidità

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Il 14 aprile 2020, la Commissione europea ha approvato un pacchetto di aiuti nell’ambito del temporary framework previsto per gli aiuti di Stato: le misure di garanzia approvate dall’UE rientrano nelle norme previste nel Decreto Liquidità. Con due decisioni diverse, Bruxelles ha approvato delle misure a sostegno dell’economia di circa 200 miliardi e delle garanzie a sostegno di lavoratori autonomi, PMI e imprese a media capitalizzazione che risentono dell’emergenza coronavirus. In questo periodo, gli aiuti di Stato diventano fondamentali per le imprese: la Commissione ha adottato 54 decisioni per dare il via libera a 66 misure nazionali notificate dai governi di 22 Stati membri e del Regno Unito.

Il regime generale

Il primo dei due regimi approvati dalla Commissione europea riguarda un regime di aiuti a sostegno dell’economia italiana. Nell’ambito del temporary framework previsto in materia di aiuti di Stato, l’Italia ha notificato alla Commissione le misure di garanzia per i nuovi prestiti concessi dalle banche a sostegno delle imprese colpite dall’emergenza Covid-19. Sarà l’agenzia statale SACE ad erogare gli aiuti alle imprese attraverso gli enti finanziari. L’obiettivo è di limitare i rischi associati all’erogazione di prestiti alle imprese maggiormente colpite dall’impatto economico del coronavirus, aiutandole a coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti. Per questo regime, le autorità italiane hanno comunicato un bilancio totale di 200 miliardi di euro: la Commissione lo ha approvato, constatando che la misura è in linea con le condizioni del quadro temporaneo: si tratta di una misura necessaria, opportuna e proporzionata a quanto necessario per porre rimedio alla crisi economica.

La Vicepresidente esecutiva della Commissione, responsabile della politica di concorrenza, Margrethe Vestager, ha dichiarato: “Il regime di garanzia dell’Italia con un bilancio totale di 200 miliardi di euro consentirà di ottenere garanzie pubbliche su nuovi prestiti e sul rifinanziamento di quelli esistenti per tutte le imprese, comprese le grandi”, aggiungendo “Continueremo a lavorare in stretta collaborazione con gli Stati membri per garantire che le misure di sostegno nazionali possano contribuire ad attenuare gli effetti dell’emergenza del coronavirus”.

Il regime per lavoratori autonomi e PMI

La seconda approvazione di Bruxelles riguarda i lavoratori autonomi e le imprese con un massimo di 499 dipendenti che risentono dell’emergenza coronavirus, dopo la notifica del regime di aiuti dell’Italia. Nell’applicare tale regime, gli enti finanziari potranno erogare sostegni dal fondo statale di garanzia per le PMI sotto forma di: garanzie di Stato sui prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio; sovvenzioni dirette sotto forma di rinuncia alla commissione applicabile alle garanzie concesse. L’obiettivo di tale regime è sopperire al fabbisogno immediato di capitale, di esercizio e per gli investimenti, così da consentire alle imprese di procedere con la loro attività. In particolare, si possono concedere garanzie su prestiti che coprono il 100% del rischio fino al valore di 800.00 euro per impresa, oppure in tutti gli altri casi (garanzie che coprono fino al 90% del rischio legato ai prestiti, l’importo del prestito limitato a quanto necessario in termini di liquidità, le garanzie saranno concesse fino a dicembre 2020, hanno durata non superiore a sei anni e si tratta di premi in linea con il quadro contemporaneo).

“Questo regime consentirà all’Italia di concedere garanzie di Stato per sostenere i lavoratori autonomi, le PMI e le imprese a media capitalizzazione che si trovano in difficoltà a causa dell’emergenza coronavirus” ha dichiarato la Vestager, aggiungendo “La misura […] aiuterà le imprese più piccole a sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti, permettendo loro di portare avanti le loro attività”.

Il via libera al Decreto Liquidità

L’approvazione dei due regimi da parte della Commissione europea serve a garantire le misure previste dal Decreto Liquidità. Con la pubblicazione del decreto-legge il 6 aprile scorso e la sua approvazione, sono diventate operative le misure a supporto di imprese e lavoratori autonomi, così come è attivo anche il Fondo di Garanzia. Si può fare richiesta per accedere alle garanzie statali con finanziamenti fino a 25.000 euro attraverso un modulo reso disponibile dal Ministero del Lavoro e compilabile online. Vincenzo Amendola, ministro per gli Affari europei, ha commentato positivamente l’approvazione della Commissione europea: “Una buona notizia: la Commissione UE ha autorizzato in tempi record gli Aiuti di Stato di 200 miliardi del #DLimprese. Misure del Governo che permettono una forte iniezione di liquidità a favore del tessuto produttivo e con cui tendiamo la mano a PMI e lavoratori autonomi” scrive il ministro su Twitter.

Repubblica Ceca, scontro tra Governo e Parlamento per lo Stato di emergenza

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L’emergenza del virus Covid-19, diffuso in tutto il mondo, ha comportato l’adozione di misure anche in Repubblica Ceca, dove sin da subito sono stati presi importanti provvedimenti. Attualmente, lo stato di emergenza, e le misure che questo comporta, è stato prolungato dall’11 al 30 aprile, non senza discussioni tra Parlamento e Governo. In una riunione straordinaria di giovedì 9 aprile, i ministri hanno inoltre discusso di vari cambiamenti nelle misure di emergenza già annunciati e hanno anche approvato l’assistenza finanziaria a istituzioni culturali statali e non statali. Hanno infine deciso di rafforzare il coinvolgimento dell’esercito ceco nell’affrontare la pandemia di coronavirus, con altri 2.000 soldati.

La richiesta del Governo

Il 7 aprile scorso, Il primo ministro Andrej Babiš ha chiesto alla Camera dei deputati di prorogare di un mese lo stato di emergenza sull’epidemia di coronavirus. Lo Stato di emergenza è stato infatti dichiarato il 12 marzo e può avere durata massima di un mese. Nell’esporre la sua richiesta, il Primo ministro ha affermato “non voglio che le libertà siano limitate un secondo in più di quanto sia assolutamente necessario”; ha sottolineato i pilastri su cui è stata costruita l’UE, come la libera circolazione delle persone, e ha riconosciuto che la democrazia differisce dalla dittatura per la sua cura per ogni singola vita umana. Nel suo discorso, ha riconosciuto l’imprevedibilità della situazione in cui ci si trova e l’impossibilità di promettere ai parlamentari di prolungare lo Stato di emergenza per l’ultima volta, pur considerando l’essenziale aspetto della ripresa economica. “Oltre a fermare l’epidemia, il nostro compito fondamentale è far funzionare l’economia. Soprattutto dobbiamo sopravvivere nei primi mesi che potrebbero essere difficili” ha affermato Babiš. Le sue azioni hanno come obiettivo il controllo dell’epidemia, evitando di sovraccaricare il sistema sanitario attraverso l’isolamento dei positivi al Covid, tenendo sotto controllo la diffusione.

Il voto in Parlamento

Vista la scadenza il 12 aprile, è stata richiesta la proroga dello Stato di emergenza fino all’11 maggio. In una sessione di emergenza di sette ore, il 7 aprile i parlamentari cechi hanno discusso di queste misure, ma hanno approvato un’estensione dello stato di emergenza fino alla fine di aprile, anziché approvare la data dell’11 maggio proposta dal governo. Novanta dei 101 parlamentari presenti hanno votato a favore dell’estensione dello stato di emergenza fino al 30 aprile. I parlamentari dei TOP 09 (partito liberal-conservatore), STAN (sindaci e indipendenti) e Tricolor (partito euroscettico e conservatore) erano contrari a prolungare lo stato di emergenza, in gran parte a causa della mancanza di un piano chiaro presentato dal governo per le prossime settimane, e hanno proposto una proroga di sole due settimane. “Nessuno di noi ha un piano dettagliato con punti A, B, C o D, su come possiamo gestire l’epidemia, perché la situazione è in continua evoluzione”, ha affermato il ministro dell’Interno Hamáček, in difesa su questo punto. Di diverso avviso sono stati il Partito Pirata, il Partito Comunista e l’SPD di estrema destra, che hanno suggerito la fine del mese.
I 101 deputati presenti hanno quindi votato separatamente su ciascuna proposta; 36 hanno votato a favore della proroga di 14 giorni, 48 a favore della proroga di 30 giorni del governo e 84 a favore della scadenza del 30 aprile. Nella votazione finale sull’opzione più popolare, l’estensione fino al 30 aprile è passata di 90 voti a 5. Sulla base di quanto votato in Parlamento, il governo ceco ha approvato, nella riunione del 9 aprile, l’estensione dello Stato di emergenza fino al 30 aprile 2020.

Le prime misure allentate

Lo stato di emergenza consente alle attuali misure, imposte per affrontare l’epidemia di coronavirus, di rimanere in vigore, dando al governo il diritto di limitare gli spostamenti e i viaggi, così come la libertà di movimento e di decidere sulla chiusura delle imprese. Inoltre, consente al governo di riuscire ad ottenere tutto ciò che è necessario per gestire la crisi sanitaria in modo più rapido e semplice, evitando le normali procedure come i contratti di appalto soliti, usati per le forniture di servizi. Babiš ha voluto comunque sottolineare che in alcun modo lo stato di emergenza verrà utilizzato per tornare ad uno Stato onnipotente nel senso dei pieni poteri, rassicurando la popolazione che le misure verranno revocate al più presto.
Infatti, nonostante il prolungarsi dello Stato di emergenza, le norme anti-coronavirus del governo hanno iniziato ad essere allentate, a partire dalla scorsa settimana con l’apertura di alcuni negozi e impianti sportivi. Il ministro della sanità ceco, Adam Vojtěch, ha dichiarato che ulteriori misure sarebbero state allentate e che sarebbero stati riaperti altri negozi dopo le vacanze di Pasqua. Tuttavia, il tutto è accompagnato da norme igieniche più rigorose che devono essere osservate in tutti i negozi aperti. In aggiunta, il governo consente di compiere attività di sport all’aria aperta, come la corsa o il ciclismo, purché si compiano in solitaria. Dal 14 aprile infine, i cittadini cechi e stranieri con residenza permanente o temporanea di oltre 90 giorni possono di nuovo di viaggiare all’estero, in casi necessari e chiaramente giustificati, come lavoro, salute e visite mediche o assistere membri della famiglia in difficoltà. Tuttavia, a causa della diffusione del virus, i confini rimangono chiusi e i cittadini stranieri non possono entrare nel paese: per chi torna a casa dopo un periodo all’estero è previsto l’isolamento per 14 giorni ed è ancora obbligatorio l’uso di mascherine negli spazi pubblici.

Eurogruppo, le divisioni sugli Eurobond e l’accordo sul MES

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Il 26 marzo i membri del Consiglio europeo hanno affrontato, in videoconferenza, la questione dell’emergenza da Covid-19: non riuscendo a trovare alcun accordo in merito alle misure da adottare per far fronte alla pandemia, i leader europei hanno rinviato il tutto di due settimane, incaricando i ministri di elaborare delle proposte. Dal 7 al 9 aprile si è svolto quindi l’Eurogruppo, l’organo che riunisce i ministri dell’economia e delle finanze, che continua ad essere centro di discussioni tra i leader europei, in particolare sulla decisione tra MES ed Eurobond: ciononostante, il 9 aprile sembra essere stato raggiunto un accordo.

Gli Eurobond

Quando si parla di Eurobond – chiamati anche Coronabond vista la causa dell’emergenza – si intende dei titoli di debito pubblico da cedere ai mercati finanziari in cambio di denaro in prestito, tramite i quali gli Stati dell’Eurozona diventano responsabili del debito in modo congiunto. L’idea di emettere Eurobond ha l’obiettivo di rendere i debiti nazionali dei paesi dell’area euro non distinguibili l’uno dall’altro. Gli Stati dell’eurozona si dovrebbero impegnare a condividere la responsabilità di ciascuno di essi.

Nel caso dei Coronabond, si tratterebbe di strumenti di creazione di debito comune, con garanzie a livello europeo, per chiedere credito ai mercati ed usare i soldi per dei fondi comuni da destinare ai paesi in difficoltà. Così facendo, si darebbe una garanzia maggiore di tutta l’Europa, e potrebbero abbassarsi i tassi di interessi che in alcuni paesi sono molto più alti che in altri, bilanciandosi tra di loro. È evidente quindi qual è il problema alla base della discussione tra i leader europei: in paesi come l’Italia, gli Eurobond sarebbero fondamentali per finanziare tutte le spese sostenute dal governo in questa fase di emergenza; in paesi come la Germania, gli Eurobond non porterebbero beneficio, anzi.

Quella che sembrava un’iniziale incomprensione tra i vari paesi dell’UE, è diventata una vera e propria discussione su due fronti, poiché i paesi del Nord hanno una visione opposta ai paesi del Sud: i primi propongono infatti l’utilizzo del MES.

Il Meccanismo europeo di stabilità

Il MES è l’istituzione europea che ha lo scopo di aiutare i paesi in difficoltà, opera come un normale fondo di investimento, che con il suo capitale vende e compra titoli, ma sembra funzionare come una sorta di assicurazione. Gli Stati membri del MES hanno infatti versato ingenti somme di denaro in risorse comuni, da far loro utilizzare in caso di difficoltà economica. Il problema del MES è che generalmente interviene inserendo delle condizioni subordinate alla consegna dei fondi, come ad esempio un piano di riforme, fare tagli alla spesa pubblica, intervenire sulle privatizzazioni e così via. Tuttavia, la situazione attuale di crisi risulta essere senza precedenti, e si richiede dunque una maggior flessibilità, un aiuto senza condizioni, in modalità emergenza. Anche in questo caso però non sono mancati gli scontri tra i leader europei: la proposta è stata inizialmente respinta dai paesi del Nord, più rigorosi sui conti pubblici, per poi essere approvata solo in parte, dopo ore di negoziati.

I due fronti di discussione all’Eurogruppo e l’accordo finale

Il 25 marzo scorso, Giuseppe Conte insieme ad altri otto leader europei (Belgio, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Spagna), ha scritto una lettera a Charles Michel, il Presidente del Consiglio europeo. Facendo presente le enormi difficoltà che stanno attraversando a causa del Covid-19 e delle misure “senza precedenti” adottate per contenere la diffusione del virus, i Paesi sottolineano la necessità di allineare le prassi adottate in tutta Europa e di elaborare linee guida condivise. Infine, il Presidente Conte ha richiesto “uno strumento di debito comune emesso da una Istituzione dell’UE per raccogliere risorse sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati Membri, garantendo in questo modo il finanziamento stabile e a lungo termine delle politiche utili a contrastare i danni causati da questa pandemia”.

I leader dei paesi europei firmatari hanno proposto lo strumento di debito comune anche in sede di Consiglio europeo, il 26 marzo. I paesi contrari alla sua creazione, principalmente Germania, Olanda, Austria e Finlandia, hanno mostrato massima resistenza in tutti gli incontri svolti fin ora, anche in quello del 7 aprile, nonostante le due settimane di pausa previste per i ministri per lavorare a delle nuove proposte economiche. Dopo circa 16 ore di riunione, conclusa di nuovo con un nulla di fatto, l’incontro è stato rimandato al 9 aprile. Il paese maggiormente contrario all’utilizzo di questo strumento è l’Olanda: il Parlamento ha approvato due risoluzioni che invitano il governo a non accettare gli Eurobond e ad esortare l’utilizzo del MES, l’alternativa proposta dal fronte del Nord Europa. Dello stesso avviso è la Germania: la cancelliera Merkel ha affermato “Non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli Eurobond”, tuttavia, ha riconosciuto la situazione in cui si trova l’Italia ed ha quindi aggiunto “Ci sono così tanti strumenti di solidarietà che si possono trovare buone soluzioni”, oltre agli Eurobond. Ad essere favorevole agli Eurobond è invece l’Alto Rappresentante Borrell, che afferma “L’attività economica in Italia e Spagna è ferma, noi dobbiamo garantire che tutti possano andare sui mercati allo stesso modo per affrontare la crisi”.

La sera del 9 aprile, l’Eurogruppo ha finalmente trovato un accordo per una risposta congiunta alla crisi economica: “un pacchetto di dimensioni senza precedenti per sostenere il sistema sanitario, la cassa integrazione, la liquidità alle imprese e il Fondo per un piano di rinascita” ha twittato il Commissario Gentiloni, concludendo con “l’Europa è solidarietà”. Gli Eurobond non sono parte dell’accordo, che invece ha ad oggetto il MES. Questo fornirà assistenza finanziaria ai Paesi senza condizioni per sostenere il sistema sanitario e le spese mediche, e sarà disponibile per il sostegno economico ma a condizioni. Infine, si prevede la nascita di un Fondo possibilmente finanziato da titoli in comune, del valore di 500 miliardi di euro. “Abbiamo trovato un piano di rilancio dell’economia” afferma soddisfatto il presidente dell’Eurogruppo Centeno.

Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria condannate dalla Corte di giustizia dell’UE

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La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha condannato la Repubblica Ceca, la Polonia e l’Ungheria affermando che i tre paesi Visegrad non hanno rispettato i loro obblighi nei confronti dell’UE poiché non si sono adeguate al meccanismo di ricollocamento dei migranti richiedenti asilo creato nel 2015. La Corte di giustizia ha risposto così al ricorso presentato dalla Commissione europea nei confronti dei tre Stati membri.

Il ricorso della Commissione

La Commissione dell’Unione Europea si è rivolta alla Corte di Lussemburgo presentando il ricorso contro la Repubblica Ceca, la Polonia e l’Ungheria, con l’accusa di inadempimento di alcune decisioni del Consiglio. In particolare, i paesi si sono rifiutati di ospitare la loro quota di rifugiati assegnata loro per alleggerire l’onere dei paesi di Grecia e Italia, a seguito del picco di arrivi dal 2015. Il Consiglio, il 22 settembre 2015, ha adottato una decisione per ricollocare su base obbligatoria 120.000 richiedenti di protezione internazionale. Inoltre, la Corte considera la Polonia e la Repubblica ceca anche colpevoli di non aver adempiuto ai propri obblighi ai sensi di una precedente decisione del Consiglio, quella del 14 settembre dello stesso anno, nei confronti di 40.000 migranti richiedenti asilo. Dopo l’adozione di queste decisioni, la Polonia aveva indicato di poter ricollocare rapidamente nel suo territorio 100 persone, ma non diede mai seguito a questa decisione. L’Ungheria invece, non aveva indicato alcun numero di persone da accogliere. Quanto alla Repubblica Ceca, aveva dichiarato di poter ricollocare nel proprio paese 50 persone: di queste, solo 12 sono state effettivamente ricollocate dalla Grecia.

La decisione della Corte

Giovedì 2 aprile, la Corte di giustizia dell’UE ha condannato la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca per essersi rifiutate di conformarsi al meccanismo creato nel 2015, di fatto venendo meno ad un obbligo europeo. I tre paesi non si sono conformati a quanto previsto dal meccanismo e concordato dal Consiglio. In particolare, per quanto riguarda la Repubblica Ceca, la Corte ha dichiarato che ha mancato di indicare, almeno ogni tre mesi, il numero di richiedenti che era in grado di ricollocare rapidamente nel suo territorio, venendo meno agli obblighi previsti; ciò ha impedito all’Italia e alla Grecia di individuare i singoli richiedenti che potevano essere ricollocati nella Repubblica ceca, condannandola come richiesto dalla Commissione.
Per questi motivi, la Corte ha accolto i ricorsi presentati dalla Commissione europea ed ha stabilito che i tre Stati “non possono invocare né le loro responsabilità in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna, né il presunto malfunzionamento del meccanismo di ricollocamento per sottrarsi all’applicazione del meccanismo stesso”. È necessario quindi che i paesi si conformino alla sentenza.
Tuttavia, un portavoce della Commissione europea, rispondendo alle domande dell’ANSA, ha dichiarato che “Con la scadenza di entrambe le decisioni sui ricollocamenti, non c’è modo per rimediare all’infrazione”, ma ha aggiunto “la decisione è però importante perché fa chiarezza sulla responsabilità degli Stati membri, e guiderà il lavoro dell’Esecutivo Ue per il futuro”. “La priorità della Commissione europea ora è presentare il nuovo Patto su asilo e migrazione. La sentenza della Corte Ue chiarisce che il principio di solidarietà e di giusta condivisione della responsabilità tra gli Stati membri, secondo i Trattati, governa la politica di asilo dell’Ue” ha concluso.

La reazione della Repubblica Ceca

Non si è fatta attendere la risposta della Repubblica Ceca, che considera “irrilevante” la sentenza della Corte di giustizia, proprio alla luce del fatto che ora non c’è modo di rimediare all’infrazione. Nonostante la sentenza della Corte, per il primo ministro ceco Andrej Babiš è essenziale il fatto che la Repubblica ceca non potrà essere obbligata ad accettare i richiedenti asilo in questione poiché nel frattempo il sistema delle quote è scaduto. Secondo lui, è quindi poco importante che i tre paesi di Visegrad non abbiano vinto il caso giudiziario. Il primo ministro ha dichiarato “Abbiamo perso la disputa, ma questo non è importante. L’importante è che non dobbiamo pagare qualcosa. Di solito, la corte chiede un risarcimento per il procedimento” aggiungendo “il punto è che non accetteremo alcun migrante e che le quote sono scadute nel frattempo”. È intervenuto anche il ministro degli Interni, Jan Hamáček, che ha fatto leva sul cambiamento della situazione: “La decisione della corte risponde agli eventi accaduti qualche anno fa. Sto prendendo in considerazione il verdetto, ma senza ulteriori conseguenze”. Infine, Marian Jurečka, leader del Partito popolare, ha sottolineato che la Corte UE non ha tenuto conto di altre misure con cui la Repubblica ceca ha contribuito a risolvere la crisi migratoria. Ad esempio, il Paese è stato sempre attivo a sostegno dei campi profughi. “La Repubblica Ceca ha sicuramente provato a mostrare solidarietà e ad aiutare a risolvere la situazione, senza mettere in pericolo la propria sicurezza”, ha aggiunto Jurečka.

L’Unione Europea tra Covid-19 e rifugiati: un nuovo pacchetto di aiuti nel fondo in risposta alla crisi siriana

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Il 31 marzo, l’UE ha approvato 239 milioni di euro di aiuti nel contesto della pandemia di coronavirus, ma al fine di rafforzare la resilienza nei paesi limitrofi che ospitano i rifugiati siriani. Nell’ambito del fondo fiduciario alla crisi siriana e alla luce degli ultimi sviluppi, l’Unione Europea aiuterà i paesi ospitanti a rispondere meglio alle sfide sanitarie e garantirà ulteriori risorse alle persone più vulnerabili nella regione.

Il contesto

Istituito nel 2014, il fondo fiduciario regionale dell’Unione europea in risposta alla crisi siriana rappresenta un aspetto importante della politica di sostegno dell’UE per aiutare i rifugiati siriani e i paesi vicino alla Siria. Tale fondo ha come obiettivo rafforzare la politica integrata dell’UE in materia di aiuti in situazioni di crisi, agendo sulla base della resilienza a lungo termine e sulla necessità di maggior autosufficienza dei rifugiati siriani. Altro obiettivo è quello di allentare le pressioni che hanno le comunità ospitanti e sulle loro amministrazioni in paesi come Iraq, Giordania, Libano e Turchia. Si occupano dell’istruzione di base e dei servizi di protezione dei minori rifugiati, di formazione e di istruzione superiore, ma anche del miglioramento dell’accesso all’assistenza sanitaria e alle infrastrutture idriche.

Il pacchetto di assistenza

Il pacchetto di assistenza per gli aiuti è stato adottato dal comitato esecutivo del fondo fiduciario, composto dai rappresentanti della Commissione europea, degli Stati membri dell’UE, di Regno Unito e Turchia. Molto importanti sono anche gli osservatori: i deputati del Parlamento europeo ma soprattutto, i rappresentanti dell’Iraq, della Giordania, del Libano, della Banca mondiale e del fondo fiduciario per la ripresa siriana.

È stato stabilito un pacchetto di aiuti composto da diverse azioni, per un totale di 239 milioni di euro. 100 milioni di euro sono destinati a migliorare la resilienza delle famiglie vulnerabili locali e dei rifugiati siriani, oltre che a contribuire alla creazione di reti di sicurezza sociale sostenibili in Libano. 57,5 milioni di euro serviranno a rafforzare l’istruzione pubblica in Libano, affinché il sistema possa assicurare un’istruzione inclusiva e di qualità ai minori vulnerabili del luogo e ai minori siriani rifugiati nel paese. Con 27,5 milioni di euro si contribuirà ad offrire un’istruzione di qualità, equa e inclusiva ai rifugiati siriani nei campi in Giordania. 22 milioni di euro contribuiranno a rafforzare il sistema sanitario in Giordania, compresa la prevenzione e la gestione delle malattie e con l’assistenza sanitaria di base. 11 milioni di euro sono invece a favore dell’emancipazione femminile e di un miglior accesso delle donne, le locali e le rifugiate, alle opportunità di sostentamento in Giordania. 10,5 milioni di euro sono a sostegno di sistemi, politiche e servizi sostenibili e di qualità per la protezione dei minori in Libano, a beneficio di ragazzi, donne e ragazze. Infine, sono previsti 10 milioni di euro al fine di migliorare le condizioni di vita e di alloggio dei rimpatriati vulnerabili, così da coadiuvare gli sforzi di pace in Iraq, nell’area del Ninewa occidentale.

Questo nuovo pacchetto di aiuti fa salire ad oltre 2 miliardi di euro l’importo del fondo, provenienti dal bilancio dell’UE, dai contributi di 21 Stati membri, del Regno Unito e della Turchia: si tratta del doppio dell’obiettivo iniziale previsto dal fondo, nato per portare avanti azioni concrete nella regione, di cui beneficiano tanto i rifugiati quanto i paesi che li ospitano. In totale, grazie a questo nuovo pacchetto di misure, il fondo ha mobilitato oltre 900 milioni di euro per il Libano, oltre 500 milioni di euro sia per la Giordania che per la Turchia e oltre 160 milioni di euro per l’Iraq.

Le dichiarazioni

L’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché Vicepresidente della Commissione europea, Josep Borrel, ha affermato che “l’Unione europea resta al fianco dei rifugiati siriani e dei paesi limitrofi che li ospitano” anche dopo dieci anni dall’inizio della crisi siriana. “Non solo per far fronte alle sfide più pressanti, compresa la pandemia di coronavirus – continua Borrel – ma anche per costruire il loro futuro”. L’Unione europea continuerà ad appoggiare gli sforzi delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di trovare una soluzione politica globale al conflitto siriano, mobilitare il sostegno finanziario di cui necessitano i paesi destinatari del pacchetto e fornire una piattaforma unica per il dialogo con la società civile. “In tale contesto l’UE organizzerà quest’anno la quarta conferenza di Bruxelles ‘Sostenere il futuro della Siria e della regione’” ha concluso l’Alto rappresentante.

Importante è stato anche l’intervento di Olivér Várhelyi, Commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, che ha evidenziato l’importanza del pacchetto alla luce dell’attuale pandemia. “Il pacchetto di quasi 240 milioni di euro si concentra particolarmente su settori essenziali per le popolazioni vulnerabili quali l’assistenza sociale, la sanità, l’istruzione e la protezione dei minori. Contribuirà a rendere più resilienti coloro che vivono già situazioni difficili perché possano affrontare meglio le molteplici sfide connesse al coronavirus”, ha affermato. L’assistenza dell’Unione europea mostra forte solidarietà alle popolazioni più vulnerabili che si trovano in circostanze di difficoltà già abitualmente, e che vengono messi ulteriormente alla prova dalla pandemia di coronavirus.

Repubblica Ceca, al via la prova pilota della “smart quarantine” nella Moravia meridionale

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L’emergenza del Covid-19 coinvolge ormai l’intero continente europeo: la sfida comune è quella di riuscire a contenere il più possibile la diffusione del coronavirus e di mantenere basso il numero dei contagi. In Repubblica Ceca, sin da subito sono state prese importanti misure di contenimento, prorogate di recente fino all’11 aprile. Inoltre, la regione della Moravia meridionale ha iniziato a testare la “Smart quarantine”, la quarantena intelligente, sottoponendo a controlli più stringenti i positivi al Covid-19.

La Smart Quarantine

Il test del nuovo sistema per contenere la diffusione del coronavirus – la cosiddetta quarantena intelligente – è iniziato lunedì nella regione della Moravia meridionale, con capoluogo Brno. Per identificare e isolare le persone infette dal nuovo coronavirus, i dati provenienti dagli operatori mobili e dalle banche (tramite pagamenti con carte bancarie) saranno forniti all’Autorità regionale per l’igiene per tenere traccia dei loro movimenti e delle persone con cui sono stati in contatto, purché le persone positive abbiano dato il loro consenso a essere rintracciati. La smart quarantine è l’insieme di una serie di diverse misure separate che mirano a isolare le persone a rischio di infezione da coronavirus il più rapidamente possibile. Tra le misure vi sono test rapidi dei pazienti, tracciabilità accurata e completa dei loro possibili contatti nei giorni precedenti, quarantena rapida di persone potenzialmente infette, disinfestazione di punti chiave (i cosiddetti hot-spot), test controllati su persone in quarantena e assistenza medica adeguata alle condizioni del paziente. Il governatore della regione, Bohumil Šimek, ha affermato: “Durante questa settimana, le singole misure del sistema volte a identificare e isolare quelle persone potenzialmente infette dal nuovo coronavirus COVID-19 saranno gradualmente messe in pratica dall’Autorità regionale per l’igiene e dall’intera regione”. Inoltre, il governatore ha aggiunto “considero il fatto che la Regione della Moravia meridionale sia stata scelta come pilota di questo progetto come segno di apprezzamento per il lavoro svolto dalla nostra Autorità regionale per l’igiene e per l’alta qualità e la cooperazione esemplare di tutti gli elementi del Sistema integrato di salvataggio della Moravia meridionale”.

Come funziona tecnicamente

Entro tre giorni a partire da lunedì 30, verranno rintracciati tutti i contatti delle persone contagiate e disinfettati gli hot-spot. La quarantena intelligente monitorerà i movimenti di ogni persona contagiata nei cinque giorni precedenti. Coloro che risultano positivi al test descriveranno quindi chi hanno incontrato e dove all’Autorità regionale per l’igiene, e con queste informazioni sarà progettata una mappa, così da tener sotto controllo l’intera rete di persone coinvolte. L’implementazione sarà supervisionata da Roman Prymula, il viceministro della sanità. A questo punto, entro i successivi tre giorni, tutti coloro che sono entrati in contatto con la persona positiva verranno contattati. “Gli sarà richiesta una quarantena a breve termine”, ha spiegato Prymula. Inoltre, un team medico dell’esercito ceco prenderà a campione tra questi contatti delle persone che verranno sottoposte al tampone per il Covid-19.

Vista la complessità dell’attuazione del progetto, le singole misure saranno gradualmente introdotte nella regione durante tutta questa settimana. L’obiettivo è di mettere a punto il sistema prima nella Moravia meridionale, in modo che sia completamente pronto per l’implementazione in tutta la Repubblica Ceca nel prossimo futuro. Secondo quanto previsto dal governo, “tutti i dati dovranno essere definitivamente cancellati dopo che la ricerca è stata completata”, ha affermato Ondřej Tomáš, uno degli sviluppatori di sistema; inoltre, sempre a tutela della privacy dei cittadini cechi, solo gli epidemiologi potranno accedere ai dati.

Le misure nel resto del Paese

Oltre a questo nuovo sistema, la Repubblica ceca ha prorogato le misure di quarantena fino all’11 aprile alle ore 6:00 del mattino, ha dichiarato alla stampa locale il primo ministro ceco Andrej Babiš. In precedenza, le misure di quarantena erano valide fino al 1° aprile, ma vista la situazione si è optato per una proroga. Tutti i pub, i ristoranti e la maggior parte dei negozi devono rimanere chiusi, con l’eccezione di negozi di alimentari, farmacie e altre attività essenziali. Le limitazioni alla libera circolazione che sono state estese includono il divieto di viaggiare, con le sole eccezioni per il lavoro, la famiglia e alcune altre circostanze: le visite necessarie per i familiari in difficoltà, gli spostamenti per acquisire beni essenziali, gli spostamenti verso le strutture sanitarie e di servizi sociali, per aiutare vicini di casa in gravi situazioni o uscire all’aria aperta – nei parchi e nei giardini – rimanendo ben a distanza da altre persone. Quest’ultima eccezione, tuttavia, è oggetto di molti dibattiti: ai residenti viene generalmente chiesto di rimanere al chiuso, se possibile; infatti, pur non essendoci un divieto di uscita, le foto degli affollati parchi di Praga durante il fine settimana sono state ampiamente criticate. Inoltre, tutti i residenti sono tenuti ad indossare una maschera in qualsiasi momento quando sono all’esterno o negli spazi pubblici e mantenere una distanza di due metri dagli altri. In caso contrario, potranno ricevere una multa di 20.000 corone.

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Flaminia Maturilli
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