Sulla crisi ucraina

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Si è tornati a parlare delle tensioni tra Mosca e kiev lo scorso aprile quando Putin ha dato ordine di concentrare le proprie truppe lungo il confine meridionale della Russia, quello con l’Ucraina quando quest’ultima aveva manifestato la sua intenzione di voler entrare all’interno del Patto Atlantico. Tuttavia, per comprendere il perché di questa mossa dell’ex leader del KGB occorre fare un passo indietro e tornare al 2004, anno in cui l’Ucraina ha cominciato il suo percorso di avvicinamento all’alleanza atlantica. Da quel momento, infatti, la Russia ha cominciato a ridisegnare la sua strategia di sicurezza in Europa all’interno della quale l’Ucraina rappresenta un tassello fondamentale.

Tuttavia, almeno per ora sembra difficile che questa crisi possa sfociare in un conflitto. Un’ invasione prevede una minuziosa preparazione e una serie di segnali militari, che stando al Consiglio Strategico di Difesa Ucraino, attualmente, risultano completamente assenti. Infatti, al Cremlino non è ancora avvenuto il passaggio ad un’amministrazione di guerra ne’ risulta la costruzione di linee di rifornimento da parte dell’esercito russo tali da far pensare ad un’imminente invasione su larga scala. Dunque, è ragionevolmente escludere lo scoppio di un conflitto, almeno nel breve periodo.

Risulta poco probabile anche una operazione militare di portata limitata in quanto questa avrebbe un’importanza strategica bassa e un costo politico altissimo.

Considerato anche il fatto che una soluzione alla questione ucraina risulta praticamente impossibile non resta che chiedersi quali siano le opzioni di Putin per porre fine a tutto ciò e cosa egli speri di ottenere.

Stando allo stato dei fatti si potrebbe sostenere che in questo momento Putin potrebbe fare due cose.

La prima sarebbe riconoscere che la sua iniziativa non ha portato da nessuna parte e quindi accontentarsi del fatto che quantomeno sia stato aperto un dialogo e un confronto e che la discussione in quanto tale sia essa stessa un risultato.

La seconda ipotesi è che la Putin stia cominciando un nuovo percorso di politica estera. Ovvero si potrebbe supporre che la Russia si stia staccando da quel percorso d’integrazione globale intrapreso 30 fa da Gorbaciov e portato avanti da tutti i presidenti che si sono succeduti dopo di lui alla guida del Paese. E in questo, il risultato della crisi sarebbe il distanziamento militare-ideologico dall’occidente e l’avvicinamento ad un altro asse di Paesi come la Cina, l’Iran e il Venezuela.

Qualora tutto questo fosse vero si starebbe andando incontro a una riorganizzazione degli equilibri di potenza mondiali. Il nuovo fronte che si starebbe venendo a creare vedrebbe come attori protagonisti soprattutto Russia e Cina le quali, almeno nelle intenzioni, stanno palesando il tentativo di mettere in discussione l’attuale status-quo mondiale.

Tuttavia, tornando alla mera dimensione della questione ucraina rimane da chiederci quali siano le probabili valutazioni che Putin ha fatto a riguardo e quali sono i rischi che ha deciso di correre.

Dunque, l’ipotesi più concreta è che il leader russo con il dispiegamento delle forze militari lungo il confine meridionale stia semplicemente cercando di accelerare un riequilibrio e una riorganizzazione del rapporto tra le grandi potenze. Nell’ultimo periodo, infatti, sia Russia che Cina hanno iniziato a prendere posizioni di politica estera nette, come il caso afgano della scorsa estate dimostra.

Sia Putin che Xi Jin Ping vedono gli Usa meno forti rispetto al passato e stanno cercando sempre di più di mettere nero su bianco accordi che fino a pochissimi anni fa erano pura utopia. Ne è una dimostrazione la messa in discussione da parte del Cremlino la partecipazione all’alleanza atlantica di Romania e Bulgaria da parte del Cremlino.

In sintesi per Putin discutere dell’entrata dell’Ucraina all’interno della Nato significa porre le basi per un accordo complessivo con l’Europa per quanto concerne la questione della difesa. Ed infatti, in Europa si sta tornando a parlare della costituzione di un esercito comune dell’Unione che se da un lato può essere letto come un orpello della NATO dall’altro può essere visto come una spinta verso l’uscita dall’alleanza atlantica.

 

Anche negli Stati Uniti sembrano essere dello stesso avviso, la testata giornalistica Foreign Affairs negli scorsi metteva in discussione il ruolo della NATO e denunciava un indebolimento della posizione del Presidente Joe Biden. Quindi i dubbi che in questo ultimo periodo stanno attagliando la Russia e la Cina sono gli stessi della potenza americana,

Il primo ad aver aperto la questione della NATO è stato Donald Trump durante il suo scorso mandato quando sosteneva che agli Stati Uniti non potevano più mettersi di pagare la spesa militare dell’Europa. Ed anche l’attuale Presidente Democratico sembra stia seguendo la strada del suo predecessore, è evidente, infatti, il disimpegno della NATO in Europa e un suo riposizionamento in aree considerate più strategiche come quella del Baltico, dove Biden ha recentemente disposto un contingente di 8700.

 

Concludendo nonostante la possibilità di un imminente conflitto sia molta remota sono molti gli indizi che dicono che la crisi ucraina sia un sintomo di una volontà della Russia di ridisegnare il suo ruolo all’interno dell’arena internazionale.

Bookreporter Settembre

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