Agricoltura urbana: dalla sostenibilità ambientale all’innovazione sociale

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Nel webinar sostenuto il 25 Gennaio, promosso dalla Regione Lazio e Arsial, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, l’oggetto principale dell’incontro è stato quello della sostenibilità ambientale. L’obiettivo 11 dell’Agenda 2030 mira a rendere le città sostenibili e per raggiungere tale obiettivo occorre mettere in atto alcune azioni che riducano l’impatto ambientale. Alcune di queste azioni hanno a che fare con progetti di Orti Urbani di cui ne è stato parlato e vedremo a breve di cosa si tratta. Oggi l’agricoltura per un futuro a dimensione umana tiene conto dei pericoli che corre il nostro pianeta e parlare di agricoltura urbana è importante perché la terra si sta riappropriando delle città, dopo che le città hanno espropriato i loro terreni.

A prendere per primo parola è stato Fabio Genchi, direttore generale di Arsial, il quale ha affermato che Arsial è impegnata nelle attività di sostegno della diversificazione delle attività agricole. L’agricoltura sociale è una forma di diversificazione di attività agricola e rappresenta un elemento di supporto a chi ha disagi fisici, psichici o di natura economica. L’agricoltura sociale fa avvicinare il mondo rurale al mondo cittadino ed è importante, perché i cittadini devono capire che gli agricoltori non sono un pericolo per l’ambiente ma se educati e formati possono rappresentare i veri custodi dell’ambiente.

Tra i vari progetti presentati, si è parlato del progetto della Caritas Diocesana di Viterbo e gli ‘’Orti Solidali’’. In Caritas si ha a cuore il tema dell’ambiente sia perché è un dono prezioso e dunque va curato ma sia perché la mancanza di sostenibilità ambientale è uno dei fattori che genera povertà, marginalità e fragilità. La cura dell’ambiente diventa una priorità, l’ambiente è una risorsa e la chiesa lo valorizza attraverso esperienze tra cui gli Orti Solidali: Coltiviamo Relazioni.

Questo progetto ha come obiettivo quello di costruire un benessere sociale con la creazione di un valore economico e sociale e lavorare sulla creazione di legami di una comunità Welfare Rurale. L’agricoltura sociale sviluppa servizi per la persona e gli Orti Urbani si inseriscono all’interno di questa categoria. Ci troviamo nel quartiere di Santa Barbara a Viterbo, luogo dove scarseggiano aree attrezzate e luoghi di aggregazione ed il terreno è stato affidato all’amministrazione con comodato d’uso alla Caritas. È un’area pubblica bonificata, gli orti contano 44 lotti con superficie tra 80 mq-120 mq e 2 lotti da 300 mq come orti collettivi, per una superficie totale di 9000 mq. È   un progetto pensato per la persona, ma tanto di più alle necessità della persona; per accedervi si esegue un colloquio conoscitivo per conoscere le esigenze della persona, il parametro economico non è l’unico a determinare l’accesso agli orti.

L’obiettivo è lavorare sulla persona, ci sono ortisti che hanno bisogno di un periodo per ritrovare un equilibrio ed il contatto con la natura li può aiutare. Gli Orti Solidali durante il periodo di lockdown sono stati una grande risorsa, poiché in un momento in cui le relazioni erano impedite ed era stato considerato pericoloso il contatto con qualcuno, gli ortisti hanno affermato che mantenere un contatto con un essere vivente, le piante, li ha aiutati a non perdere riferimenti.  

Per accedere agli orti esiste un regolamento, dove ogni ortista è proprietario di un orto che non può cedere, il tempo di assegnazione è di 2 anni, non è permesso l’utilizzo di fitofarmaci, si prendono cura delle aree comuni come la pulizia e non è permessa la vendita di prodotti.

La popolazione degli ortisti è composta da una prevalenza di 34 uomini e 8 donne, e la maggior parte hanno tra i 40-65 anni.

La vivibilità negli Orti Solidali non sempre è serena, poiché tenere insieme 44 persone è come un ‘grande condominio’ e non sempre gli equilibri tengono e per questo c’è un grande lavoro soprattutto da parte di alcuni ortisti referenti.

La Caritas ha stilato alcune convenzioni con l’Università la Tuscia sia per tesisti e tirocinanti e con il Dafne per la moltiplicazione del germoplasma. L’idea degli Orti Solidali Coltiva Relazioni è quella di essere aperti alla comunità. I beneficiari dei prodotti degli orti sono circa 2300, prodotti che vengono donati ad amici o famiglie bisognose (parrocchie del quartiere, mensa Caritas).

Gli orti producono, secondo una media stimata: 130 kg/lotto, produzione di oltre 6000 kg/anno per un valore economico pari a 10.000 euro.

Il valore degli Orti Solidali di Caritas è dunque quello di costruire una comunità per essere uno strumento di educazione alla comunità e rafforzare la declinazione di agricoltura sociale per creare legami, costruire una comunità e realizzare processi di cambiamento.

Elena Bocci, ricercatrice alla Sapienza, insieme ad Antonietta Albanese e Renzo Salvatori hanno presentato una serie di ricerche sperimentazionali avviate nel Nord Italia negli anni 90 ed a Viterbo a partire dal 2002. Il progetto ha la finalità di combattere la povertà della rete generazionale, che coglie la società, dove gruppi sociali differenti si dirigono verso ‘’binari separati’’. La professoressa Antonietta Albanese ha così avuto l’intuizione di creare incontri di scambio delle generazioni per un avvicinamento tra gruppi sociali diversi che porta ad una conoscenza reciproca. È nato così il progetto ‘’Nonni e Nipoti’’, all’Università di Milano. I risultati durante questi anni di attività hanno visto un avvicinamento tra gruppi sociali diversi attraverso un’esperienza di carattere turistico. Questo star bene insieme durante l’esperienza di vacanza, che di solito avviene durante il mese di Agosto, favorisce una fase di evoluzione a livello comunicativo tra le generazioni. Dai focus group sono emersi valori come: altruismo, amicizia, condivisione, unione e famiglia. Il gruppo ‘’Nonni e Nipoti’’ è andato ad individuare alcuni luoghi simbolo, come il Teatro dell’unione di Viterbo. Nella presentazione del webinar, oggi è stato presentato in maniera dettagliata ‘’La tappa degli Orti Solidali Caritas’’ che coltiva prodotti e relazioni, che vanno a favore di famiglie in situazione di disagio. La coltivazione coinvolge la comunità di Viterbo, attraverso un lavoro di Rete: dinamiche di relazione, attrezzature, risorse umane e convenzioni con il Ministero della Giustizia. Durante la Pandemia da Covid 19 sono nate diverse idee: Protocollo Arsial-Caritas che ha permesso l’installazione di una stazione di agro-meteo, che fornisce informazioni agli orti circostanti. Nasce così l’idea di ‘’Orti Solidali Diffusi’’ in città con una sperimentazione Increase, in uno scenario europeo promosso dall’università di Ancona, producendo diverse tipologie di fagiolo.

Ulteriori progetti sono stati la ‘’Scuola per Contadini’’, che combatte la povertà attraverso la formazione ed infine il progetto ‘’Star Bene Mangiando’’, dove il nutrizionista e il cuoco mettono a disposizione le loro competenze parlando di sana alimentazione.

L’idea di Orti Solidali Diffusi viene lanciata ufficialmente attraverso la presentazione del progetto ‘’R.O.S.A’’ (Rete Orti Solidali Amici) Viterbo, in collaborazione con il Tribunale per le attività socialmente utili per i detenuti. Con il 5 per Mille si è riuscito a finanziare l’acquisto di alcuni materiali ed impianti di videosorveglianza. Il regolamento prevede che tutti possono aderire, chi ha terreni o chi vuole distribuire prodotti, l’adesione è libera e gratuita e basta fare la domanda presso un punto Caritas.

È intervenuto poi il professore Leonardo Varvaro per presentare il progetto ‘’La scuola per contadini’’. L’agricoltura è un’attività rilevante per l’uomo e dopo aver vissuto per centinaia di migliaia di anni cacciando e raccogliendo frutti sulle piante, l’uomo ha iniziato a produrre cibo. Il lavoro nei campi è stato sempre molto faticoso e per millenni l’uomo ha utilizzato mezzi e metodi rudimentali. Ma una domanda sorge spontanea, quanto conta il contadino? Non gli è stata mai attribuita un’elevata valenza sociale ed economica, anche se il sudore e gli abiti sporchi di terra hanno avuto un peso dominante. Nel corso del secolo scorso però, l’avvento della meccanizzazione e della chimica hanno mutato il volto dell’agricoltura, cambiando anche le strategie di difesa fitosanitaria, parlando sempre più di lotta biologica che si basa su pratiche non inquinanti, prevedendo l’impiego di microrganismi antagonisti ed il divieto assoluto di impiego di prodotti chimici di sintesi. È necessario, inoltre, l’uso di monitoraggi frequenti e accurati in campo, l’emissione di bollettini per divulgare le informazioni, l’uso di modelli previsionali, l’uso di sistemi geografici informatizzati (gps) e l’utilizzo dei droni che fornisce informazioni al computer che interpreta i dati per poi capire quando è il momento di fornire acqua o sistemi antiparassitari.

Da diversi anni ormai c’è un ritorno alla terra e l’agricoltore diventa così imprenditore, è indispensabile però che debba possedere le giuste competenze, passando così dal termine Agricoltura al termine Agricultura. Il professore ha voluto precisare di fatto come il futuro dell’agricoltura dipende dalla qualità della formazione dei contadini.

Questa idea è un progetto che nel 2020 ha preso forma in Toscana, realizzato nella Valle del Chianti, prevede un corso triennale rivolto ai giovani tra i 14 e 18 anni in uscita dalla scuola media, con formazione di base, formazione tecnica e tirocinio in azienda. L’idea che però il professore Varvaro vuole proporre, si presenta più snella, prevede la durata del corso di 1 anno, include sia la parte teorica che la parte pratica e fornisce conoscenze in settori rilevanti per il territorio. Il corso sarà rivolto ad italiani e stranieri anche maggiorenni, indispensabile il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati e l’individuazione di fonti di finanziamento. Gli obiettivi sono quelli di fornire ai giovani qualificazioni sul mercato del lavoro e fornire alle aziende agricole personale qualificato.

La proposta deve essere ancora dettagliata ed inoltre è in sintonia con il patto generazionale che caratterizza il progetto ‘’Nonno e Nipoti’’. C’è però un addendum, qualcosa di nuovo che si è presentato in queste settimane: una proposta avanzata presentata dall’associazione di Volontariato Emmaus, che consiste in una scuola di durata di 10 mesi, articolata con teoria pratica e tirocinio, certificazione delle competenze acquisite, con gli obiettivi di fornire competenze agricole, contrastare la povertà e favorire l’integrazione.

Arsial, la colonna portante di questo incontro, è un Ente di diritto pubblico della Regione, l’agricoltura urbana viene definita come agricoltura in grado di produrre cibo all’interno di contesti urbanizzati ed i benefici che apporta sono: filiera del cibo più corta, copertura vegetale di superfici urbane e sequestro di CO2. Gli Orti Urbani sono alcune tra le varie forme di agricoltura urbana, che presentano una serie di benefici ambientali: regolare il microclima, il riciclo di rifiuti organici usati come fertilizzanti, gestione delle acque per facilitare la penetrazione dell’acqua ed il miglioramento della risorsa del suono, benefici sociali: sviluppo di nuove comunità e benefici economici: produzione di cibo, che significa di conseguenza risparmiare sull’acquisto di prodotti freschi, con uno spazio trai 10 e 20 mq che soddisfa il fabbisogno annuale individuale.

Arsial e Caritas nel 2018 hanno collaborato alla nascita del progetto ‘’Orti Solidali’’: con l’obiettivo di integrare pratiche di coltivazione con conoscenze innovative necessarie a produrre ortaggi sani e sicuri; il progetto ha previsto anche la suddivisione in diversi incontri con focus sulla programmazione di sviluppi tra i diversi enti. Nasce così il Protocollo Di Intesa tra Arsial e la Caritas di Viterbo, di cui ne ha parlato Claudia Papalini, per l’assistenza tecnica al progetto ‘’Orti Solidali’’; il protocollo consiste nel promuovere un tipo di coltivazione sostenibile su tutti livelli e la promozione di iniziative culturali. Le attività si sono concentrate nell’installazione di una capannina agro-meteorologica fornita in comodato gratuito agli orti, in grado di rilevare la temperatura e l’umidità dell’aria. Altre attività sono quelle di formazione e informazione attraverso la redazione di appositi poster su supporto alle lezioni, la orticultura biologica, riciclo dei rifiuti ed i temi di maggior interesse. Altre iniziative, di carattere culturale, sono connesse alla coltivazione degli orti con la realizzazione di visite guidate presso il centro e la lavorazione al progetto Increase, sperimentazione di scienza aperta ai cittadini, dove sempre più si sta affacciando l’opportunità di far partecipare il pubblico alla ricerca scientifica. Gli obiettivi del progetto sono quelli di promuovere la diversità genetica dei legumi in Europa, promuovere la coltivazione di legumi alimentari come fonte di proteine e sviluppare un nuovo metodo di apprendimento. Il progetto si è sviluppato con la coltivazione di 6 diverse varietà di fagiolo, osservate con delle foto e comunicate in seguito tramite un’app ai ricercatori.

È stata passata poi la parola ad Alfredo Fabi, il quale ha presentato in maniera dettagliata gli ‘’Orti Solidali’’ mostrando al pubblico una capannina che sforna dati precisi riguardo parametri importanti ed il cui ruolo è quello di avvisare in tempo reale delle condizioni meteo che potrebbero creare problematiche nella zona degli orti, come la piovosità, per poter poi allertare gli ortisti così da poter proteggere la raccolta. Quello che conta è che si possono fare delle analisi di quello che è successo nel luogo per andare a condividere i dati con gli ortisti riguardo alcune situazioni ambientali che hanno creato dei problemi. Riguardo il Progetto Increse invece, Fabi lo ha definito come un progetto di ricerca, individuando una parcella, preparando in seguito il terreno e una volta ricevuto il germoplasma avviene la semina. È stata seguita la nascita, lo sviluppo e la cura del fagiolo, allestito il tutoraggio delle piante, è avvenuto il monitoraggio della fioritura, dello sviluppo dei baccelli, la maturazione dei baccelli, il confronto varietale, l’inserimento delle foto ed infine la pubblicazione delle informazioni sulla piattaforma.

Andando avanti, sono intervenute Marcella Pasqualetti e Monica Fonck, rispettivamente la responsabile scientifica e la curatrice dell’Orto Botanico ‘’Angelo Rambelli’’ dell’Università della Tuscia di Viterbo, una realtà significativa e storica, inserita nel contesto sociale di Viterbo. Nel 1986 il Rettore dell’Università affidò il compito di creare l’orto botanico della città di Viterbo, per trasformare un’area calcarea senza alcun tipo di vegetazione in un verdeggiante Orto Botanico, intitolato ‘’Angelo Rambelli’’ poiché è stato il primo fondatore dell’orto botanico. L’Orto Botanico ospita collezioni vegetali disposte secondo criteri tassonomici, attualmente ci sono diverse collezioni per far conoscere alla cittadinanza diverse tipologie di piante. Un esempio di Orto Botanico ‘’Angelo Rambelli’’ è ‘’Il Giardino dei semplici’’ dove all’interno ci sono piante ad interesse fisioterapico. Il ‘’Giardino dei semplici’’ è stato realizzato grazie alla collaborazione di studenti che collaborano per realizzare le varie collezioni, diventando così una struttura di supporto alla didattica e alla ricerca. La serra tropicale è un’altra collezione che richiama ambienti esotici ed attrae il visitatore, ci sono infine gli ambienti desertici, che sono un altro punto di forza dove vengono accolte piante succulente, con una superficie di quasi 1 ettaro.

Tra le altre attività che portano avanti, ci sono attività di ricerca, conservazione, didattica, divulgazione scientifica, cura delle collezioni botaniche e progetti per il territorio.

La didattica con le scuole prevede l’alternanza scuola-lavoro articolata da: orientamento, visite guidate e laboratori tematici. Ci sono attività anche per i più piccoli; mentre nell’ambito della divulgazione scientifica vengono organizzati corsi teorico-pratici, tra cui: il corso di riconoscimento di piante per l’alimentazione, il corso di erboristeria oppure il corso di tecniche di potatura. Per quanto riguarda i progetti sociali, ci sono diverse convenzioni per l’inserimento o reinserimento per l’inclusione, tra l’Ateneo e la Casa Circondariale, il Tribuale e la ASL: con la Casa Circondariale, vi è la possibilità di attività di tirocinio dei detenuti, con il Tribunale vengono ospitati ragazzi che svolgono lavori socialmente utili come pena alternative al carcere ed infine con la ASL vi è la possibilità di attività di tirocinio a scopo terapeutico, rivolto a persone con disagio psichico.

Dopo una breve pausa, l’incontro è ripreso con le esperienze ‘’Gli orti in città’’ (Viterbo) dove sono intervenute diverse associazioni, tra cui: AUCS Onlus con Umberto Cinalli, il quale spiega che l’associazione si occupa di cooperazione internazionale e sviluppo sostenibile e propone progetti sul territorio di educazione sostenibile: terreni e ambiti in cui seguire progetti in collaborazione con enti locali per lo sviluppo di vari corsi. Sono stati stipulati molti accordi con istituti scolastici per gli Orti Scolastici. L’obiettivo era, spiega Cinalli, quello di avere informazioni su argomenti che poi potevano essere ricollegati con gli orti, quindi avere un rapporto di collaborazione molto approssimato con gli insegnati. La Casa di Cura Villa Rosa con il rappresentante Nevio Boscariol, il quale afferma che l’orto richiede lavoro, attenzione, competenza, pazienza e condivisione. Stare insieme facendo l’orto ha una valenza che va oltre la coltivazione ed è qualcosa che serve anche all’anima. Durante questa emergenza sanitaria il tutto avviene nelle norme Anti-Covid per evitare la creazione di focolai. Il CelS ‘’S.Crispino’’ con il portavoce don Alberto Canuzzi, che afferma che uno dei risultati più belli è che i ragazzi si innamorano dell’agricoltura. Nel 1989 la comunità ha creato l’azienda biologica e nel 2006 insieme all’Università una fattoria sociale. Questo perché? Le persone che fanno parte di una comunità non hanno esperienza e devono pensare ad un futuro, ed un futuro possibile potrebbe essere proprio inerente al campo dell’agricoltura. Nel 2012 invece la comunità ha dato vita ad un Mercatino di Produzioni aperto 2/3 giorni a settimana con prodotti a km 0. La comunità vuole rendere i giovani partecipi, sia nella produzione che nella vendita, perciò cerca di renderli protagonisti di queste attività. L’Agriland con Chiara De Santis che afferma come l’azienda si caratterizza per essere aperta e a disposizione del territorio. Proposte, progetti o scambi li caratterizzano, questi sono alcuni dei temi che affrontano. La De Santis riporta l’esempio di come persone con disabilità sono diventate insegnanti per bambini in maniera didattica, sottolineando come l’orto ha offerto la possibilità di poter aiutare le persone con problemi fisici, psichici o economici. L’idea di base è quella che la campagna sia un luogo di relazioni per valore sociale o terapeutico, ad oggi la comunità si ritiene molto disponibile. Alicenova-Fattorie Solidali con Luciana Ricci come portavoce, nata nel 2004 su un terreno nelle periferie di Viterbo, donato con lo scopo di realizzare un progetto di agricoltura sociale. L’idea è stata quella di creare un logo di condivisione e inclusione, dove l’agricoltura permettesse alle persone di sperimentarsi e di riappropriarsi di sé stessi. La fattoria di Alice si rivolge a tutti, in particolare a chi vive nel disagio, psichico, fisico o economico; le persone attraverso il rapporto con la natura sono riuscite a ritrovare sé stesse. I percorsi sono di inserimento lavorativo, di progetto formativo di tirocinio o riabilitativo; i ragazzi seminano, coltivano e raccolgono aiutandoli così nel loro percorso.

Si è aperta poi una piccola finestra, parlando di Slow Food che prevede diverse progettualità, tra cui gli orti scolastici che si intersecano con le mense scolastiche, laboratori dove si coinvolgono ragazzi di scuole elementari e medie dove mettono le mani in terra per strutturare piccole produzioni per far capire loro che il contatto con la terra può essere un momento di crescita e socializzazione.

Come responsabile della Regione Lazio per la Strategia Regionale Per Lo Sviluppo Sostenibile a parlare è stato Paolo Giuntarelli, il quale afferma che la delibera è stata approvata dalla Regione Lazio e approva la strategia dello sviluppo sostenibile. Il bando ha finanziato diversi progetti e la strategia è una strategia introdotta a seguito di una fase di confronto e partecipazione con i cittadini. L’elemento importante è che è stato un laboratorio di partecipazione: la Regione Lazio ha usufruito di 7 incontri per accogliere proposte ed idee mirate per la strategia, ed i temi sono stati quelli di: adattamento ai cambiamenti climatici e risorse idriche, mobilità sostenibile, economia del mare, economia circolare, città sostenibili, accesso allo studio e povertà. I focus group sono stati trasmessi su pagine social. La parte integrante della strategia è costituita dalla componente relativa al contrasto dei cambiamenti climatici e avendo quindi uno specifico impatto. Nasce così una strategia specifica che va a toccare la persona stessa, considerando la salute, sicurezza, risorse materiali e relazioni sociali. Lo sviluppo sostenibile significa quindi parlare di questi argomenti. L’incremento del benessere deve essere valutato nella visione multimediale legato a diverse parole chiave: migliorare la qualità di vita dei cittadini, proteggere i giovani e fornire un impulso al cambiamento.

La parola è stata poi passata a Paola Passafaro della La Sapienza Università di Roma che ha effettuato un’analisi dei fattori psicologici implicati nei comportamenti sostenibili (mobilità sostenibile, turismo e raccolta differenziata). Nuovo patto tra università e territorio, dimensione umana della sostenibilità e verso l’orizzonte dei progetti U.E. Queste sono le tre tematiche.

L’Università è la sede di una parte rilevante della conoscenza umana; le università hanno collaborazione con i territori ma i rapporti tra università e territorio non sono stati molto facili; in compenso però, una delle barriere che hanno ostacolato questo rapporto ha iniziato ad essere abbattuta. Nel panorama accademico italiano è stata inserita una terza missione accanto a quelle di ricerca e formazione. I nuovi regolamenti includono tra gli indicatori di produttività, sia la didattica, la ricerca che la terza missione. La terza missione delle università ha a che fare con attività di trasferimento scientifico, tecnologico e culturale, ha un impatto culturale e sociale e valorizza le conoscenze prodotte. Le opportunità di finanziamento europee richiedono sempre più partnership tra stakeholders diversi e richiedono una costruzione di sinergie tra: diverse realtà di un territorio, scienza, società civile e diversi ambiti scientifici. Si sono dunque sviluppati a livello accademico contesti che permettono di offrire il proprio aiuto alle università, cercando partener e pareri per usufruire anche delle opportunità offerte dall’Unione Europea.

È intervenuta infine la consigliera CONAF, Lina Pecora, la quale ha parlato del trasferimento della ricerca e innovazione professionale. Il dipartimento si occupa dello sviluppo di una piattaforma tecnologica finalizzata alla realizzazione di una rete di professionisti e promuove i rapporti con gli istituti di ricerca, al fine di favorire forme di ricerca partecipata tra le imprese, gli enti locali e i professionisti. Le attività del dipartimento sono: la collaborazione con CREA-PB per progetto pilota sulla consulenza aziendale, ulteriore collaborazione con CREA-PB per progetto UE sulla consulenza aziendale, collaborazione con CREA-PB per il progetto Erasmus UE (mobilità) e collaborazione con CREA-OFA per diversi progetti di ricerca su filiera olivo- oleicola co-progettati con il CONAF.

Per concludere, questo webinar ha cercato di far conoscere nuove realtà sul tema della sostenibilità e far notare come lavori così ‘’sottovalutati’’ spesso possono essere motivo di interazione sociale, perchè è proprio l’aspetto sociale che raccoglie una platea più ampia.

Bookreporter Settembre

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