Colpo di Stato in Mali: arrestati il Presidente e il Primo ministro. Arriva la condanna della Comunità internazionale

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Nella giornata di ieri, 18 agosto, il Presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keïta ed il suo primo ministro Boubou Cissè, sono stati arrestati a Bamako da un gruppo di soldati in rivolta.

A dare l’annuncio è stato uno dei leader dell’ammutinamento: “Possiamo dirvi che il Presidente e il Primo ministro sono sotto il nostro controllo. […] Non è un golpe, ma un’insurrezione popolare”.  La notizia dell’arresto è stata poi ufficializzata nella serata di ieri dal portavoce del governo maliano, il quale ha denunciato i conseguenti disordini interni. Secondo l’agenzia Ap, poco prima di questo annuncio, alcuni testimoni avevano visto mezzi militari circondare la residenza presidenziale, mentre alcuni soldati sparavano colpi in aria.

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato”, annunciando per oggi una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza, su richiesta di Francia e Niger.

“Il Segretario Generale condanna fermamente queste azioni e chiede l’immediato ripristino dell’ordine costituzionale e dello stato di diritto in Mali”, si legge nella nota di un portavoce. La condanna dei due arresti è arrivata anche dall’Unione Africana e dall’Unione europea che, per il tramite dell’Alto Rappresentante Josep Borrell, ha dichiarato di condannare con forza il golpe, aggiungendo di rifiutare “ogni cambiamento anti-costituzionale”, poichè questo non potrà essere, in nessun caso, “una risposta alla profonda crisi socio-politica che sta spaccando il Paese”.

L’ammutinamento arriva infatti dopo mesi di proteste sociali e scontri mortali tra manifestanti e forze dell’ordine del Paese. Una variegata coalizione di oppositori politici, leader religiosi e membri della società civile ha da tempo intensificato le manifestazioni per chiedere le dimissioni di Keita, accusato di cattiva gestione dello Stato.

A questo si aggiunge una “situazione sociale deleteria”, denunciata dal leader sindacale Sidibè Dèdèou Ousmane. Il Movimento del 5 giugno-Raggruppamento delle forze patriottiche del Mali (M5-Rfp) -, alla guida della protesta, lo scorso 13 agosto ha rifiutato un incontro con il Presidente, ponendo come conditio sine qua non per un eventuale colloquio, la fine della “repressione” contro i suoi militanti.
Poche ore dopo l’annuncio del rapimento da parte dei militari ribelli, il Presidente Keith ha annunciato le sue dimissioni con un discorso in diretta tv. “Ho deciso di lasciare il mio incarico, […] non voglio che venga versato il sangue per restare al potere”, ha dichiarato, annunciando lo scioglimento dell’Assemblea nazionale e del governo.

I militari ribelli, tramite il loro portavoce Ismael Wague, promettono intanto una transizione politica civile, che conduca ad “elezioni generali in un arco di tempo ragionevole”. Inoltre, nelle prime ore di oggi è stata annunciata l’istituzione di un Comitato nazionale per la salvezza del popolo (Cnsp), con la promessa di riportare stabilità nel Paese, gettando le basi per “un nuovo Mali”.

“Noi, forze patriottiche riunite nel Comitato nazionale per la salvezza del popolo, abbiamo deciso di assumerci le nostre responsabilità davanti al popolo e alla storia. [..] La società civile e i movimenti socio-politici sono invitati a unirsi a noi per creare insieme le migliori condizioni per una transizione politica civile che porti a elezioni generali credibili per l’esercizio democratico”.

Bookreporter Settembre

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