SpaceX,il business stellare dei viaggi spaziali

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Lo spazio si apre al libero mercato: SpaceX di Musk è la prima azienda privata a mandare in orbita esseri umani. Nel 2011 gli Stati Uniti hanno cancellato il programma Space Shuttle dopo 135 missioni e due incidenti mortali.  La decisione è stata presa non solo per gli incidenti ma soprattutto per il costo esorbitante del programma. Il monopolio del lancio dell’uomo nello Spazio è passato così nelle mani di Mosca. Negli ultimi nove anni, astronauti di ogni nazionalità sono sempre partiti dal cosmodromo russo di Baikonur, in Kazakistan, e a bordo delle navicelle Soyuz. Un fatto che ha colpito l’orgoglio di molti americani.

Ora le cose sono cambiate: il 30 maggio due astronauti statunitensi sono saliti a bordo della  Stazione Spaziale Internazionale (ISS). La spazio torna a essere a stelle e strisce. Per questa ragione, nonostante la sua “normalità tecnica”, l’impresa è stata salutata come un grande successo nazionale.

Eppure l’importanza della missione va ben oltre la celebrazione di un successo americano. Il 30 maggio 2020 ha segnato una data storica per i viaggi nello spazio. Questo lancio si differenzia infatti da tutti gli altri compiuti in precedenza. La capsula Crew Dragon non è stata costruita direttamente dalla NASA, ma da SpaceX, l’azienda del visionario imprenditore Elon Musk, di cui rimane proprietà. Si è trattata della prima missione spaziale realizzata da un privato.

All’inizio della conquista della spazio, nel bel mezzo della Guerra Fredda, si dava per scontato che le attività spaziali fossero di competenza dei governi. Questo non solo permetteva di coordinare l’attività ma facilitava anche i necessari accordi internazionali. Washington sembra ormai aver abbandonato questa logica. Dal 2014 la NASA ha cominciato ad appaltare le sue strutture a diverse aziende private e a offrire contratti per svolgere missioni con equipaggio. Attraverso il programma Commercial Crew, la NASA ha di fatto esternalizzato i suoi servizi tradizionali. L’agenzia spaziale accetta di fare la parte del cliente di una sorta di “Uber dello spazio” gestita da Musk o da altri imprenditori privati: per andare in orbita si limita a pagare il biglietto. Lo spazio diventa quindi oggetto di libero mercato.

Sorge spontaneo chiedersi se il modello commerciale può funzionare anche per missioni così delicate e rischiose. L’interrogativo rimane aperto. Quello che è sicuro è che lo sviluppo del business dello spazio continuerà nel suo incredibile sviluppo. La New Space Economy supera già i 300 miliardi di fatturato globale e si pensa che possa aumentare di 5 o 10 volte nei prossimi 3 decenni.

L’immaginario di Musk corre lontano: il visionario imprenditore sudafricano da sempre sogna di far diventare gli umani una specie interplanetaria. A livello tecnologico il vero salto sarà con la StarShip, la navetta (sempre di SpaceX) progettata per la Luna e per Marte.

Come ha detto Elon Musk «non è detto che quel che oggi è fantascienza debba sempre rimanere tale». E alle milioni di persone che guardano con stupore questa corsa verso il futuro poco importa se le navicelle portano il logo di un’agenzia pubblica o di un’azienda privata.

 

di Laura Iannello

Bookreporter Settembre

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