Infodemia: falsa informazione e bufale ai tempi del corona virus

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Tra gli effetti del corona virus abbiamo anche quello di aver fatto conoscere la parola infodemia, termine che è stato addirittura usato dall’OMS per indicare la sovrabbondanza di notizie su questa nuova e sconosciuta malattia che sta creando non pochi danni. E una buona parte di questi danni ben può essere attribuita proprio alle informazioni che vi circolano intorno: se già spaventano quelle vere figuriamoci cosa possono provocare quelle false, quelle non controllate e l’incredibile quantità di commenti, batture, vignette e barzellette che girano intorno a questo argomento. A volte anche una battuta potrebbe essere presa per vera. Hai visto mai?

Infodemia sembra sia stato utilizzato per la prima volta nel 2003 quando, in un articolo sul Washington Post, il giornalista David Rothkopf lo coniò parlando del secondo effetto devastante della SARS, oltre infatti alle conseguenze a livello sanitario della malattia, il mondo si trovò per la prima volta a far fronte a quelli devastanti della tempesta di informazioni incontrollate, spesso false e fantasiose che circolavano intorno a questa malattia. Information e epidemic (informazione epidemica) si uniscono in questo nuovo neologismo che, oggi, torna alla ribalta per il corona virus.

Già nel 2003, quando ancora non esisteva Facebook e la messaggistica in tempo reale, crearono danni non da poco all’economia, in primis quella del turismo: oggi lo stesso film viene replicato, ma gli effetti sono amplificati ad ogni livello. Pochi fatti, spesso ancora in attesa di essere accertati, mescolati a paura, speculazione, ignoranza e pettegolezzi sono ormai anche alla base di scelte politiche che si ripercuotono sull’economia mondiale. La SARS fu forse il primo fenomeno globale a scatenare questa situazione, ma già all’epoca dell’undici settembre già se ne erano sperimentati gli effetti: la generazione di un panico globale che porta ad innescare comportamenti irrazionali ed alimenta paure che hanno una minima ragione di essere.

E se all’esplosione della SARS l’accesso ad internet era limitato a blog e gruppi a tema, oggi con un cellulare in tasca, collegato h 24 alla rete globale, a tutti i possibili social, ecco che appare decisamente opportuno il messaggio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha posto in evidenza come questo contesto renda difficile per le persone ottenere informazioni sicure da fonti su cui si possa affidamento. Oggettivamente è difficile contestare che ci troviamo di fronte ad una emergenza sanitaria globale, e per farvi fronte occorrono certezze dal mondo della sanità, e non deduzioni o illazioni da parte di chi non vede l’ora di dare voce alla propria tastiera, magari confidando in qualche sorta di anonimato.

D’altra parte non sono inoltre immuni da dichiarazioni avventate e pericolose proprio coloro che ci dovrebbero tutelare e garantire. Il senatore americano Marco Rubio ha accusato Pechino, Mosca e Teheran di condurre una guerra di disinformazione sul virus per seminare il caos. Un senatore Filippino ha girato un video sostenendo che si tratti di una forma di guerra biologica contro la Cina. Ma senza scomodare politici di oltreoceano, già nei primi giorni in cui il corona si diffondeva in Italia i social erano pieni di teorie complottiste su come fosse in realtà una creazione militare cinese o un castigo del karma per punire chi si nutre di cani e gatti. Non contiamo poi i post e le vignette che incolpano di tutto ciò il Papa che aveva maltrattato una turista cinese. D’accordo, bravi tutti a riconoscere la battuta e la satira, ma ne siamo proprio sicuri? Da quando si scatenò una rivolta sul web perché qualcuno aveva proposto di adottare anche in Italia i numeri arabi per facilitare l’integrazione degli immigrati, il dubbio sulla consapevolezza dell’utente medio di internet rimane.

Ma per tornare al corona, un falso post su Facebook, ovviamente con molte condivisioni, accusava tale Sam Hyde di essere l’autore del virus: si tratta di un comico americano già accusato di una dozzina di sparatorie di massa. Taiwan, erroneamente considerati parte della Cina, è stata oggetto di disinformazione a più livelli. Secondo alcuni “ben informati” del web, il virus sarebbe stato creato da case farmaceutiche per poi poter vendere i vaccini già pronti e tenuti nascosti mente secondo altri scienziati della rete la cura è quella di un’alimentazione vegana e bere tre litri di acqua al giorno. Fermiamoci qui.

Oltre alle false notizie aggiungiamo comunque il bullshit, l’ennesimo pericolo in internet dell’informazione corretta: definito dal filosofo Hanry Frankfurt un nemico della verità più pericoloso delle menzogne. Il Bullshitter non è, come la menzogna, una deliberata manipolazione della realtà, ma si basa sulla totale finzione, senza riguardo o preoccupazione verso la verità, giocando su canoni di vaghezza dell’affermazione che deve colpire in profondità il pubblico. Proprio per fare maggiore presa.

Aggiungiamo le vere e proprie fake news, le invenzioni nude e crude che, purtroppo, hanno sempre una parvenza di verità, al punto tale di mettere dubbi in chiunque abbia anche sufficiente raziocinio.

Occorre un vaccino. Anzi due, Il primo sicuramente contro questa malattia che potrebbe davvero avere effetti disastrosi a livello globale, anche economico, ma un vaccino è necessario contro la disinformazione. Ma sarà difficile trovarlo in questa vera e propria galassia di informazioni che girano ad una velocità incredibile.  Un vaccino che deve essere approntato da insegnanti, giornalisti e veri esperti delle materie, per evitare che il monopolio dell’informazione passi in mano alle legioni di idioti che secondo Umberto Eco, esercitano il loro diritto di parola in internet e agli stuoli di analfabeti funzionali che li ascoltano.

Bookreporter Settembre

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