La Repubblica Ceca e la questione dei fondi europei

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Il 20 e 21 febbraio i capi di Stato e di governo dell’UE si sono riuniti a Bruxelles nel Consiglio europeo per discutere del bilancio a lungo termine dell’Unione per il periodo 2021-2027. Al termine degli intensi negoziati è emersa l’impossibilità di raggiungere un accordo, insieme alla necessità di disporre di più tempo. In tale contesto, è importante analizzare la posizione della Repubblica Ceca.

La posizione della Repubblica Ceca

In seno al Consiglio europeo vi sono diverse visioni riportate dagli Stati, a tal punto da parlare di vera e propria “battaglia da combattere”. La battaglia in questione è quella per la prevista revisione delle finanze dell’Unione Europea, in particolare tra i contribuenti netti come la Germania e la Francia e i beneficiari netti, che ricevono più dal bilancio dell’UE di quanto contribuiscano, tra cui la Repubblica Ceca. Ad aggravare la situazione vi è l’uscita del Regno Unito dall’UE: con la Brexit, l’UE ha perso un importante contributore netto. In questi termini, la proposta di modifica al finanziamento a lungo termine dell’UE significherebbe un cambiamento radicale: meno soldi per i paesi che cercano di avvicinarsi allo standard UE, denaro che viene investito in infrastrutture e lo sviluppo delle regioni più povere. Questi paesi hanno lanciato l’allarme i primi di febbraio, riuniti in Portogallo in vista del successivo vertice UE a Bruxelles, per presentare ufficialmente la loro posizione contro i tagli proposti alla coesione e ai fondi agricoli. Dalla sua ammissione nell’UE, la Repubblica ceca ha ricevuto circa 765 miliardi di corone in più di quanto non abbia contribuito. I fondi dell’UE rappresentano il 40% degli investimenti del paese, incanalati in progetti infrastrutturali e sviluppo regionale. A causa della sana economia del paese, l’UE propone ora una riduzione del 24% dei fondi per la Repubblica ceca. Inoltre, il denaro dovrebbe essere utilizzato per diverse priorità da quelle attuali, con l’accento che si sposta sul clima e sull’innovazione.

L’incontro in Portogallo

Su invito del primo ministro portoghese António Costa, i maggiori beneficiari dei Fondi europei di coesione destinati agli Stati membri più poveri dell’UE, si sono incontrati il 1° febbraio a Beja, nel sud del Portogallo. I paesi hanno ribadito la loro opposizione ai tagli proposti nel quadro finanziario pluriennale dell’UE per il 2021-2027, sottolineando l’importanza della politica di coesione per raggiungere la convergenza economica e sociale tra gli Stati membri dell’UE. Al termine dell’incontro, 15 dei 17 Amici della coesione hanno firmato la dichiarazione congiunta del vertice di Beja: Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. “Il finanziamento della politica di coesione per il 2021-2027 dovrebbe mantenere il livello del quadro finanziario pluriennale 2014-2020 in termini reali. Nessuno stato membro dovrebbe subire una forte e sproporzionata riduzione del proprio bilancio di coesione”, si legge nella dichiarazione finale dei Friends of Cohesion. “Condizioni di attuazione appropriate sono decisive per il successo delle politiche e non hanno alcun impatto sul bilancio europeo”, hanno aggiunto i 15 rappresentanti dei paesi dell’Europa meridionale e orientale. Tra questi, era presente al vertice il primo ministro ceco. Andrej Babiš ha affermato che i fondi di coesione sono della massima importanza per lo sviluppo del paese. “Stiamo diventando più ricchi, quindi avremo meno soldi, capisco, ma i fondi di coesione sono cruciali per noi al momento – ha dichiarato il primo ministro – non abbiamo ancora finito di costruire la nostra rete autostradale, ci sono molte cose che dobbiamo portare avanti. Quindi abbiamo bisogno di soldi per gli investimenti e dobbiamo essere in grado di decidere come verranno utilizzati i soldi”. Tuttavia, hanno insistito sul fatto che nuovi strumenti come quello di bilancio per la convergenza e la competitività e il Fondo per una transizione giusta sono stati istituiti per raggiungere obiettivi specifici. Il loro finanziamento deve pertanto venire in aggiunta al finanziamento regionale dell’UE e non “a spese della politica di coesione e della politica agricola comune”.

Il conflitto di interesse per i fondi UE

In seno agli organi dell’UE, la questione dei fondi europei e i possibili conflitti di interesse rimangono argomento particolarmente importante. I legislatori sono tutt’ora profondamente preoccupati per i potenziali conflitti di interesse che possono interessare centinaia di milioni di euro di fondi concessi alle aziende legate alle stesse persone che dovrebbero decidere come spendere i soldi. Emblematico è il caso del primo ministro ceco Andrej Babis, indagato per conflitto d’interesse per aver utilizzato i fondi europei per le aziende di sue proprietà; secondo diverse relazioni, potrebbero essere stati utilizzati più di 100 milioni di euro. Le preoccupazioni dell’UE non si limitano solo alla Repubblica ceca. Gli interessi commerciali dei leader in Ungheria, Bulgaria, Romania e forse anche in altri paesi stanno sollevando preoccupazioni a Bruxelles, dove le istituzioni europee mancano degli strumenti e delle leggi per combattere efficacemente il problema.

Le accuse di possibili frodi, in un momento di scarsa fiducia del pubblico nel progetto europeo e in cui i partiti di estrema destra stanno guadagnando importante trazione politica, non giocano di certo a favore dell’UE, considerando anche che uno dei più grandi paesi membri d’Europa, il Regno Unito, ha lasciato il più grande blocco commerciale del mondo.

Bookreporter Settembre

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