Il perché delle proteste in Cile

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Circa due settimane fa sono cominciate per le strade di Santiago (Cile) delle proteste, le cui immagini riportate su tutti i principali media hanno molto scosso l’opinione pubblica . «Siamo in guerra», ha dichiarato l’attuale presidente cileno Sebastiàn Piñera, riferendosi alle violente proteste e guerriglie che, dal 18 ottobre ad oggi, hanno causato 13 morti, più di 2000 feriti, centinaia di arresti e incendi dolosi appiccati a banche, supermercati e aziende, come la sede italiana di Enel nella capitale cilena. Le reazioni di sgomento sono anche date dal fatto che il Cile rappresenta da sempre “il miracolo sudamericano”, per la sua stabilità nella regione e per la sua economia forte, ma attualmente è stato dichiarato lo “Stato d’emergenza”.

La protesta ha avuto origine a seguito dell’aumento del prezzo dei biglietti della metro da 800 a 830 pesos (da 0,98 a 1,02 euro circa). Il 7 Ottobre, un gruppo guidato principalmente da studenti liceali, ha cominciato a scavalcare i tornelli delle metro rifiutandosi di pagare il biglietto ed invitando gli altri a fare altrettanto. A partire dal collettivo asamblea coordinadores de estudiantes secundarios, la protesta ha preso sempre più piede, arrivando a coinvolgere anche altri settori della società civile anche se i protagonisti sono rimasti gli studenti liceali e anche universitari, più istruiti e politicizzati, come era già successo durante le proteste studentesche del 2006 e del 2011.

In Cile infatti i movimenti studenteschi hanno un importante trascorso storico alle spalle e una cultura della mobilitazione permanente: in questo caso ad esempio, sono scesi in piazza malgrado l’aumento del biglietto non li abbia toccati personalmente (dal momento che per loro esiste una tariffa differenziata), ma soltanto perché si trattava di una causa che interessa la vita delle persone quotidianamente.

Attualmente, tuttavia, malgrado le misure sull’aumento dei biglietti siano state ritirate le proteste continuano; è il segno presumibilmente di un malcontento generale, accumulato da 30 anni, che riguarda vari campi: le pensioni, il sistema sanitario, quello educativo e soprattutto la diseguaglianza sociale.  L’intero sistema sociale infatti sembra basato sulla privatizzazione: il sistema pensionistico è in mano ai privati che fanno di tutto per ottenere interessi migliori, quando una buona parte del Paese vive con meno di 200 euro al mese. Lo stesso vale per la salute: quella pubblica è inefficiente e delocalizzata in aree difficilmente raggiungibili, mentre gli ospedali privati, inaccessibili ai più, offrono servizi migliori. Lo Stato è totalmente assente in materia di diritti alla salute.  Sul tema dell’educazione, già aspramente criticata nel 2011 da un gruppo di protesta di studenti, non sono stati fatti molti passi avanti, resta un settore non gratuito che non consente quindi il coinvolgimento della totalità di coloro che ne avrebbero diritto.  A questi malcontenti si sono aggiunti inoltre aumenti del costo della vita, soprattutto per quanto riguarda affitti, luce, gas e acqua. La misura riguardante i biglietti della metro quindi è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, come è stato anche nel caso dei gilets jaunes in Francia lo scorso inverno: l’aumento di pochi centesimi del costo della benzina ha dato il via a proteste durate mesi.

La reazione del ministro dell’Interno Andrés Chadwick è stata di schierare 10.500 forze di polizia per le strade, il Presidente Piñera invece dopo ave dichiarato lo Stato di Emergenza (che consente la restrizione di alcune libertà costituzionali dei cittadini) ha dichiarato che è in atto una «guerra contro un nemico potente e implacabile, che non rispetta nulla e nessuno e che è disposto a usare una violenza senza limiti anche quando ciò comporta la perdita di vite umane, con l’unico scopo di produrre il maggior danno possibile».

Dichiarazioni forti, che sono state criticate anche all’interno dello stesso governo; lunedì il generale Javier Iturriaga, responsabile delle operazioni militari degli ultimi giorni, ha preso le distanze da Piñera dicendo «non sono in guerra con nessuno».

Sebastián Piñera tuttavia sembra aver rivisto alcune sue posizioni, dal momento che ha acconsentito ad incontrare i leader dell’opposizione, ed in un discorso a La Moneda si è impegnato ad aumentare del 20% le pensioni minime, ridurre il presso dei medicinali e stabilizzare quello dell’elettricità. Nel suo programma di riforme il Presidente cileno ha anche annunciato di voler garantire un salario minimo di 480 dollari al mese e un taglio di alcuni funzionari. Secondo Piñera, le recenti proteste potrebbero anche trasformarsi in un’opportunità per il Cile per adottare “misure concrete e urgenti” per arginare le profonde disuguaglianze del Paese.

Bookreporter Settembre

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