(Quando) le cicatrici diventano bellezza da esibire

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Quante volte abbiamo detto, o ci siamo sentiti dire: “non sarà mai come prima..” consci del fatto che quando qualcosa si rompe non si riavrà mai più ciò che c’era prima, i Giapponesi, invece, esclamerebbero con grande orgoglio : “..sarà più bello di prima..” consapevoli che il mutamento farà squadra tra il vecchio ed il nuovo creando qualcosa di unico.

Non so se conoscete la storia del vaso rotto su cui i giapponesi versano oro. In Giappone quando si ripara un oggetto rotto, si valorizza ogni singola crepa attraverso un procedimento che prende il nome di “tecnica Kintsugi“ – riparare con l’oro . La circostanza fortuita determinata dalla rottura, rende gli oggetti rigenerati tutti differenti fra loro e dunque unici, oltre che pregevoli per via del metallo prezioso che li decora. Grazie al Kintsugi si creano vere e proprie opere d’arte, sempre diverse, ognuna con la propria trama da raccontare, ognuna con la propria bellezza da esibire, questo proprio grazie all’unicità delle crepe che si creano quando l’oggetto si rompe, come fossero le ferite che lasciano tracce diverse su ognuno di noi.

Secondo i Giapponesi infatti, il vaso rotto e riparato con quelle accattivanti venature dorate, che sono il risultato dell’unione dei pezzi frantumati, rappresenta la vita e i cambiamenti che essa porta con sé. Se ci pensiamo bene la vita non è mai lineare ma anzi presenta sempre delle divergenze, delle divisioni, delle rotture che ci portano a compiere, di conseguenza o per volontà, nuove scelte e a intraprendere nuovi percorsi.

Dunque esattamente con lo stesso orgoglio con il quale a volte ci gongoliamo raccontando o ricordandoci di aver superato con successo delle impreviste difficoltà, così anche il vaso è fiero di mostrare i segni di ciò che ha superato con fatica. La storia del vaso e dell’oro è la prova di quanto il popolo orientale ami mettere in risalto l’imperfezione delle cose. Al contrario del popolo occidentale che tenta, spesso, di esaltare la perfezione e nascondere sotto al tappeto paure, debolezze, sconfitte. Questo modo di pensare ed agire ha un vero e proprio nome: wabi-sabi.

Si tratta di una visione del Mondo incentrata sulla capacità di esercitare il distacco dall’idea di perfezione assoluta, questo a vantaggio della spontaneità, dell’originalità e della vera essenza delle cose. Senza sovrastrutture. Un invito quindi a non apparire. Ma a essere.

Foto: Nella foto l’opera  di Fabio Imperiale

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Bookreporter Settembre

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