GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Marzo 2018 - page 2

Venezuela, una crisi senza fine, la denuncia di Amnesty International

AMERICHE di

Negli ultimi cinque anni il Venezuela ha vissuto una profonda crisi sociale, politica ed economica che ha fatto sì che generi di prima necessità diventassero introvabili all’interno del Paese. Stando alle cifre di Datanalisis, una società che si occupa di sondaggi d’opinione, la carenza di cibo e medicine ammonta attorno all’80%.

Moltissime persone decidono quindi di emigrare nella vicina Colombia, sperando di migliorare la propria situazione. “Le persone fuggono da una situazione agonizzante che ha trasformato patologie trattabili in questioni di vita o di morte. I servizi sanitari di base sono al collasso e trovare farmaci essenziali è una lotta costante: a migliaia di persone non resta che cercare cure mediche all’estero”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.

Le storie di questo tipo sono moltissime, iniziando da chi soffre di malattie croniche per finire con chi aspetta un bambino: i dati riferiscono che nel 2016 in Venezuela il numero dei neonati morti è aumentato del 30% rispetto all’anno precedente, mentre il numero delle madri che muoiono a breve tempo dal parto è salito del 65%. “Ci sono dei bravissimi dottori nel mio Paese, ma a causa della situazione devono lavorare quasi a mani nude.” Afferma Karen, una donna incinta di nove mesi intervistata da Amnesty International nell’ospedale Erasmo Meoz di Cúcuta, in Colombia, dove si è trasferita sette mesi fa.

Alberto invece, affetto da una malattia cronica, racconta ad Amnesty che “Non c’erano medicine di alcun tipo. Quando andai in ospedale in Venezuela, mi dissero che era solo influenza, un virus che girava. Così decisi di stabilirmi qui in Colombia.”

Le autorità della Colombia stimano che nel 2017 il numero dei venezuelani presenti nel paese sia salito a 550.000. Lo scorso anno, secondo il ministero della Salute, i servizi sanitari colombiani hanno fornito cure mediche urgenti a oltre 24.000 venezuelani. Quelli situati nelle città di confine di Maicao e Cúcuta hanno curato un numero di pazienti due o tre volte superiore rispetto al 2016. Tuttavia, in Colombia gli ospedali provvedono a curare i cittadini stranieri solamente in condizioni di emergenza.

Il governo del Venezuela, nonostante abbia avuto una parte fondamentale nell’aggravare la crisi, razionando i beni di prima necessità e impiegando le proprie forze dell’ordine per reprimere il malcontento piuttosto che per servire i cittadini, nega che vi sia una crisi. Inoltre, sono stati rifiutati gli aiuti umanitari provenienti dall’estero.

Amnesty International ha creato la piattaforma “Uscita d’emergenza” in modo da aumentare la consapevolezza riguardo la situazione del Paese: qui verranno condivise le storie di chi dal Venezuela è fuggito in Colombia per cercare una vita dignitosa e potersi curare.

L’organizzazione inoltre chiede che si collabori con altri Paesi: “La comunità internazionale e lo stato venezuelano devono iniziare immediatamente a collaborare per mitigare questa crisi esplosiva” afferma Guevara-Rosas nel suo appello.

 

Appello del Governo Regionale del Kurdistan, basta violenza sui cristiani in Iraq

MEDIO ORIENTE di

Ancora violenza contro la comunità cristiana in Iraq, a denunciarle questa volta l’alto rappresentante del governo autonomo del Kurdistan in Italia Rezan Kader in una nota per la stampa.

È di pochi giorni fa la notizia del massacro di una famiglia cristiana a colpi di coltello nella loro abitazione nel quartiere di Mashtal a est di Baghdad. Uccisi e derubati in casa propria da un gruppo di persone armate, un copione tristemente noto nella regione  che ha lo scopo di realizzare una vera è propria pulizia religiosa.

“Quindici anni fa i cristiani in Iraq erano circa un milione e mezzo, localizzati per lo più nella piana di Ninive, oggi sono 300mila per i 2/3 rifugiati nel Kurdistan Iracheno” ha dichiarato il portavoce Kader “ L’Isis è stato il colpo finale ma l’esodo è cominciato molto prima.”

Il problema della persecuzione dei cristiani è un tema poco dibattuto in occidente e purtroppo anche in Italia ma i numeri sono in continuo aumento e rischiano di creare una spaccatura di carattere religioso in varie zone del medio oriente, in Asia e in Africa .

“ Il governo Regionale del Kurdistan ha sempre lottato per la convivenza etnico-religiosa “ continua il rappresentante Kader “ considerando la comunità crsitiana come un tassello fondamentale del mosaico Kurdo. Oggi, alla luce della crisi umanitaria e delle continue violenze verso i nostri fratelli cristiani, chiediamo  a tutta la comunità internazionale di supportarci affinché  si interrompano le violazioni dei diritti umani e si restituisca una vita normale a chi l’ha tragicamente persa” , questo l’appello alla comunità internazionale del portavoce Rezan Kader che speriamo possa trovare ascolto.

Il Multinational CIMIC Group si addestra per l’impiego in operazioni NATO

SICUREZZA di

Motta di Livenza 08 marzo, Dopo due settimane di intensa attività, si é conclusa oggi l’esercitazione denominata “Double River 2018” presso la Caserma “Mario Fiore” sede del Multinational CIMIC Group, l’unitá dell’Esercito specializzata in cooperazione civile-militare (CIMIC), che ha organizzato e condotto l’evento addestrativo.

Lo scopo dell’esercitazione é stato quello di testare e valutare le capacitá degli staff del Comando Multinazionale e delle Unità CIMIC, impiegati a supporto della NATO in aderenza ai severi standard richiesti per tutte le componenti del bacino di Forze, come il Multinational CIMIC Group, interoperabili e rapidamente dispiegabili ovunque ritenuto necessario dal Consiglio Nord Atlantico, quale Nato Responce Force (NRF). Attraverso la simulazione computerizzata (Command Post and Computer Assisted Exercise) è stato riprodotto uno scenario, complesso e aderente ai moderni contesti operativi, incentrato su una situazione di crisi internazionale tra Stati fittizi, dove la Comunitá Internazionale ha chiesto l’intervento della coalizione. Nello specifico, è stato addestrato il personale attraverso l’inoltro di una serie di attivazioni simulate che hanno riprodotto eventi/incidenti simili a quelli realmente gestiti in zona d’operazione. Gli eventi, hanno riguardato in particolare il supporto alla popolazione mediante la distrubuzione di aiuti umanitari e gestione di eventuali urgenze sanitarie, il supporto alle autorità locali attraverso lo sviluppo di progetti relativi alle strutture pubbliche, il collegamento e coordinamento con organizzazioni civili (OI, GO, NGO) al fine di evitare duplicazioni o ridondanze negli interventi.

Le pedine operative a disposizione del Multinational CIMIC Group sono state le unitá CIMIC Italiana e Portoghese. In particolare, quella italiana ha approntato un CIMIC Center, una struttura che, allestita nella aree di crisi, permette alla componente militare d’interfacciarsi fisicamente con la popolazione civile; tale assetto diventa, in operazione, un vero e proprio punto di riferimento sia per i locali che per le numerose organizzazioni che confluiscono nell’area con scopi umanitari.

Il Comandante del CIMIC Group illustra i lineamenti dell’esercitazione

Inoltre, per la prima volta é stato contestualmente testato il Remote CIMIC Support ovvero la capacità di supportare le unità CIMIC, impiegate in operazioni militari, dalla Madre Patria. Tale supporto si concretizza, nell’ambito dell’analisi della dimensione civile dell’area d’interesse, attraverso la consulenza che i Subject Matter Expert – Specialisti Funzionali quali ingegneri, architetti, medici e altri professionisti di settore – forniscono agli operatori CIMIC, impiegati nelle aree di crisi, per lo sviluppo dei progetti a favore delle popolazioni dove le unitá sono impiegate. Nel corso della “Double River 2018” il Remote CIMIC Support é stato assicurato da Specialisti Funzionali inviati dal Ministero della Difesa Slovena nonché da Ufficiali della Riserva Selezionata dell’Esercito. Infine, il complesso sistema di comunicazioni informatiche che ha permesso l’interazione delle numerose componenti dell’esercitazione é stato fornito da un team di operatori del 7° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito di Sacile.

Staff del Comando Multinazionale impiegato presso la sala operativa

Tra le Autorità Militari presenti all’esercitazione c’erano, per l’Italia, il Generale di Divisione Lorenzo D’Addario – Vice Capo del III Reparto dello Stato Maggiore Difesa – e il Generale di Brigata Francesco Bindi – Comandante del Genio dell’Esercito – per i Comandi NATO, il Vice Comandante dell’Allied Rapid Reactions Corps – Generale di Divisione Roberto D’Alessandro e il Capo della Divisione CIMIC del Supreme Headquarters Allied Powers Europe – Generale di Brigata Tonin Marku.

Il Multinational CIMIC Group è un’unità di livello reggimento costituita nel 2002 (allora denominata CIMIC Group South) che è multinazionale – oltre all’Italia, che ne rappresenta la framework nation, contribuiscono Grecia, Ungheria, Portogallo, Romania e Slovenia – e interforze, alimentata cioè da personale proveniente da tutte le armi e i corpi dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica e dei Carabinieri. Gli operatori CIMIC del Multinational CIMIC Group sono attualmente impiegati sia nelle Operazioni internazionali in Kossovo, Afghanistan, Libano, Somalia, Gibuti e Mediterraneo (Operazione Sophia) che nelle Operazioni nazionali di presidio del territorio (Operazione Strade Sicure).

Roma, Amnesty International incontra il capo della polizia

EUROPA di

Una delegazione di Amnesty International guidata dal suo direttore generale Gianni Rufini ha incontrato, nel pomeriggio dell’8 marzo, il capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli.

Nel colloquio, richiesto dall’organizzazione per i diritti umani, Rufini ha sottolineato che Amnesty International è contraria a ogni forma di violenza, inclusa quella nei confronti di agenti di polizia che non di rado si trovano a prendere decisioni e ad agire in condizioni difficili e tese, nonché a reagire ad azioni violente.

L’occasione è stata utile per illustrare nei dettagli il progetto degli “osservatori nelle manifestazioni”, il cui compito – come previsto in altri progetti del genere svolti all’estero – è quello di monitorare il comportamento delle forze di polizia schierate in una manifestazione con funzioni di ordine pubblico e verificare se questo rispetti o meno gli standard internazionali sull’uso della forza e altri standard rilevanti in tali contesti.

Il primo dispiegamento degli osservatori è avvenuto il 24 febbraio, in occasione della manifestazione organizzata dall’Anpi a Roma.

Rufini ha chiarito che il progetto non è “contro le forze dell’ordine” ma consiste in un’attività di monitoraggio degli organi statali fondata sull’impegno assunto da tutti gli stati, sulla base della Dichiarazione universale dei diritti umani e di successivi trattati, non solo di rispettare i diritti umani fondamentali ma anche di rendere conto alla comunità internazionale e alle opinioni pubbliche del modo in cui lo fanno.

Si tratta dunque – ha precisato Rufini – di un progetto di garanzia per tutti, destinato a favorire l’incolumità dei manifestanti ma anche a tutelare la reputazione degli operatori delle forze di polizia che svolgono correttamente il loro lavoro.

Infine, Rufini ha ricordato che dal 2014 al 2016, in collaborazione con Oscad, Amnesty International ha svolto attività di formazione e di aggiornamento professionale degli operatori delle forze di polizia, coinvolgendo 3600 destinatari. Nel 2018 le attività sono proseguite attraverso la formazione dei formatori delle diverse scuole di polizia.

All’esito della riunione il prefetto Gabrielli ha aderito all’invito di programmare incontri con funzionari della Polizia di Stato per un confronto su tematiche di comune interesse.

Redazione
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