Il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE): limiti e potenzialità

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Per parlare di Difesa UE nel post-Lisbona, è necessaria una prima introduzione su una delle principali innovazioni del Trattato di Lisbona (2009), Il SEAE. In questo primo articolo, quindi, si cercherà di fare un riesame Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE), embrione di Ministero degli Esteri europeo, avvalendosi di alcuni contributi interni ed esterni all’UE per avere così un quadro imparziale dei limiti e delle potenzialità del SEAE.

Per quanto riguarda i contributi interni, l’analisi si basa su due testi: la Relazione speciale «L’istituzione del Servizio europeo per l’azione esterna», Corte dei Conti Europea, maggio 2014 e il Riesame del SEAE 2013, SEAE (AR/VP), luglio 2013. I contributi esterni consultati sono tanti e esprimono le posizioni più disparate.

Dal momento della sua istituzione il SEAE è stato oggetto di critiche che ne evidenziavano un difetto strutturale, l’incapacità di assolvere ai propri compiti di breve e lungo termine. Dopo averle esaminate, si è cercato di riassumerle nei loro tratti comuni. Ognuna di esse coinvolge, in diverso modo, i seguenti aspetti del SEAE:

  • La natura del Servizio
  • Il mandato del Servizio
  • La relazione del Servizio con gli altri attori istituzionali UE
  • Il ruolo dell’Alto rappresentante
  • La struttura del Servizio

In merito alla natura del Servizio, cioè al suo status giuridico e alle procedure di istituzione, molti rilevano un carattere di “secondarietà” rispetto alle istituzioni dell’UE come sancite nell’articolo 13 del TUE. In primis perché l’atto fondante del SEAE non è stato il trattato di Lisbona ma una decisione del Consiglio (2010/427/UE) come espressamente previsto dal Trattato. Successivamente perché, nella decisione del Consiglio, il SEAE è istituito come “organo dell’Unione che opera in autonomia funzionale sotto l’autorità dell’alto rappresentante” (autonomous functional body), terminologia che a molti è parsa ambigua e confusa. Inoltre, pur essendo menzionato nel Trattato di Lisbona, quando questo è entrato in vigore (1 dicembre 2009), la discussione tra Stati membri, Consiglio e Commissione sul nuovo Servizio era ancora in una fase iniziale. Ultimo ma non per importanza, il fatto che il SEAE sia nato nel pieno della “crisi dei debiti sovrani” può aver contribuito al ritardo della decisione del Consiglio e ad un annacquamento del mandato del Servizio.

Per quanto riguarda il mandato del Servizio, la sua missione, i commentatori sembrano rilevare all’unanimità un’eccessiva limitatezza di esso. Infatti la decisione del Consiglio investe il SEAE di questi compiti:

  • Supporto all’alto rappresentante nell’esecuzione delle sue funzioni, e quindi nel coordinamento della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea, compresa la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nella sua veste di presidente del Consiglio Affari esteri, nella sua veste di vicepresidente della Commissione nel settore delle relazioni esterne.
  • Assistenza al presidente del Consiglio europeo, al presidente della Commissione e alla Commissione nell’esercizio delle loro rispettive funzioni nel settore delle relazioni esterne.

Un mandato, quindi, definito esclusivamente nei termini del rapporto con le altre istituzioni. Questo ha sollevato numerose critiche, in particolare per l’assenza di un quadro strategico che facesse da cornice all’azione esterna del Servizio. Pur essendo sopraggiunto, intanto, il quadro appena menzionato, con il varo di “European Union Global Strategy” nel giugno 2016, sembrano ancora mancare le condizioni perché avvenga un ampliamento della missione del SEAE, in particolare a causa delle resistenze degli stati membri.

Il tasto più dolente del funzionamento del SEAE rimane, però, quello delle relazioni con gli attori istituzionali dell’UE. Le relazioni, infatti, con la Commissione Europea, il Consiglio Europeo, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE sono quelle che, in ordine decrescente, soffrono più problematiche in termini di: competenza concorrente, ambiguità nell’attribuzione delle competenze, conflitti tra dimensione sovra-nazionale e inter-governativa. In particolare la nascita del SEAE come nuovo organismo che eredita le competenze della precedente DG RELEX e, in blocco, il personale che si occupava di relazioni esterne nei precedenti organismi ha creato numerose sovrapposizioni e confusioni circa la competenza delle svariate materie di rilevanza esterna. Tali sovrapposizioni si sono protratte per anni e fanno sì che, ancora oggi, competenze di azione esterna e in settori con rilevanza esterna rimangano alla Commissione. Un esempio è quello delle linee di finanziamento di alcune attività dell’Unione che si sovrappongono, creando molta confusione (è il caso del finanziamento delle delegazioni). A tal proposito si segnala la riattivazione, nel novembre 2014, del Commissioners’ Group on External Action (CGEA), riunione dei commissari di materie di rilevanza esterna e dell’Alto rappresentante (Commissioners   for   European   Neighbourhood   Policy   and   Enlargement   Negotiations, International    Cooperation    and    Development, Humanitarian   Aid,   e   Trade).

Diverso dagli altri ma sempre problematico rimane il ruolo dell’Alto rappresentante. L’Alto rappresentante veste infatti un “doppio cappello”: è AR e quindi responsabile della PESC e della PSDC ed è Vice Presidente della Commissione. A questo si aggiunge una serie di responsabilità (presiede il CAE e il SEAE, aggiorna il Parlamento Europeo, partecipa ai lavori del Consiglio Europeo, presiede l’Agenzia Europea per la Difesa) che rende il ruolo estremamente complesso e gravoso. Per questo il dibattito si è concentrato sulla possibilità di una deputization, cioè l’introduzione di un vice-rappresentante che rappresenti l’orientamento dell’AR nelle varie sedi. Ad oggi un vero e proprio vice non esiste, sebbene siano stati previsti meccanismi frammentati di supplenza.

Ultimo ambito in cui si sono concentrate le critiche al SEAE è quello della struttura del Servizio. Secondo molti commentatori, infatti, la struttura prevista nella decisione del Consiglio non era assolutamente in grado di garantire un corretto funzionamento dell’organo. L’eccessivo numero di dirigenti, i livelli di gestione aggiuntivi (soprattutto nei dipartimenti geografici), la mancanza di un reale Vice dell’AR, l’assenza di un processo di audit del materiale prodotto nell’attività di supporto all’AR e alle altre istituzioni hanno fatto propendere alcuni commentatori per un giudizio negativo. C’è da dire che tra la maggior parte dei contributi di analisi sul SEAE ed oggi è intervenuta la riforma organizzativa del luglio 2015 del Servizio, che per ora non è ancora passata al vaglio di una valutazione strutturale (se non quella positiva data dallo stesso SEAE nel report annuale 2015).

Per funzioni e struttura, il SEAE è potenzialmente un game-changer dell’identità europea nello scenario internazionale. Ad oggi però, in quelli che sono i dossier più caldi, al SEAE sembrano essere state tarpate le ali da congiunture politiche-economiche, difficoltà strutturali del processo di integrazione, interessi nazionali non complementari.

 

di Lorenzo Termine

Bookreporter Settembre

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