GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Maggio 2016 - page 2

Aereo Parigi – Il Cairo scomparso: cronaca di un’ennesima mattinata buia francese

BreakingNews/EUROPA di

La Francia si sveglia alle 6.45 con le prime voci che un aereo della compagnia Egypt Air, partito da Parigi Charles De Gaulle nella notte di mercoledì e diretto a Il Cairo, sarebbe scomparso dai radar .

A darne notizia è la stessa compagnia aerea che comunica via Twitter. I passeggeri sarebbero poco più di una cinquantina, per la maggior parte cittadini egiziani: secondo Sky  News arabia  ci sarebbero anche un cittadino saudita, un irakeno e si conterebbero circa 15 passeggeri di nazionalità francese.

In poco meno di un’ora il governo francese presieduto da Valls ha indetto una cellula di crisi a disposizione delle famiglie dei passeggeri e per cercare di far luce su cosa sia accaduto al largo dell’Egeo.

Le notizie che seguono sono piuttosto vaghe, il velivolo  si sarebbe schiantato nel mare della Grecia nei pressi dell’isola di Karpathos. Verso le 7.20 il governo greco ha dato la sua disponibilità immediata per aiutare le ricerche dell’aereo, e nel frattempo il premier francese rilascia le sue prime dichiarazioni alla stampa in cui dice di “non scartare nessuna ipotesi”.

Dalle 8.30 inizia il vertice di sicurezza interministeriale a Parigi voluto dallo stesso Valls, Jean-Marc Ayrault (Affari esteri), Bernard Cazeneuve (Ministro interno), Jean-Yves Le Drian (Difesa), Ségolène Royal (Sviluppo) ed il segreatrio di stato per i trasoporti Alain Vidalies, secondo fonti precisate dall’Eliseo.

Al momento nessuno ancora si sbilancia nell’azzardare ipotesi, che al momento sarebbero prive di verifiche certe. Il Governo egiziano parla di un’esplosione in volo, a confermare questa tesi – secondo il quotidiano Le Parisien, sarebbe stato il comandante di una nave mercantile che si trovava al largo delle coste greche e sostiene di aver visto “una fiamma nel cielo” proprio nell’orario in cui effettivamente dovrebbe essere avvenuto lo schianto/esplosione.

Come riporta il quotidiano francese, secondo gli esperti, Il fatto che i piloti non abbiano avuto il tempo di inviare un messaggio, lascia supporre che sia stato un evento improvviso : “se l’equipaggio non ha inviato nessun messaggio di allarme è simbolico del fatto che sia stato un evento molto, molto brutale” spiega Jean Paul Troadec, in passato capo della Commissione di Inchiesta e di Analisi (BEA) in Francia, e prosegue “un problema tecnico,  di norma un incendio, un problema di panne dei motori non provoca un incidente immediatamente e l’equipaggio ha un minimo tempo per reagire”  –  dichiara lo stesso alla radio Europa 1.

Lo spettro del terrorismo torna a visitare l’Europa a distanza di poco meno di due mesi dagli attentati di Bruxelles, la Francia già agitata dai movimenti della Nuit Debut e dei suoi manifestanti, non può allentare nemmeno per un istante il cordone di sicurezza sulla vicenda terrore.

da Parigi Laura La Portella

Iraq, concluso addestramento polizia iraqena

Asia/Difesa di

Sono oltre 800 gli appartenenti alle forze di polizia iraqena che gli istruttori della task force carabinieri  hanno addestrato e formato  per circa due mesi a baghdad e che ieri hanno completato il loro ciclo addetrativo.

Presso la base camp dublin a baghdad, circa 800 poliziotti 550 hanno preso parte alla cerimonia di chiusura (graduation ceremony) del 4° corso “law and order”

Nel 2015 sono stati circa 3000 gli agenti di polizia addestrati dai 90 uomini della Task Force italiana frequentando corsi basici e specialistici che hanno compreso la tutela del patrimonio culturale, corsi di anti-terrorismo e di contrasto alla criminalità organizzata.

Il Comandante Generale della Federal Police ha avuto parole di elogio per l’impegno dell’Italia in Iraq e di apprezzamento per la professionalità dell’Arma dei Carabinieri nella preparazione dei polizotti iracheni, appartenenti a tutte le etnie, destinati ad operare nei territori liberati dal controllo di Daesh. Il dott. Mura ha sottolineato gli ottimi risultati raggiunti dai corsisti ed il delicato ruolo che avranno nella controllo del territorio del Paese una volta ritornati ai reparti di appartenenza.

L’evento ha visto la pa partecipazione di autorità civili e militari, irachene ed internazionali, tra le quali il Comandante Generale della Federal Police, Gen. C.A. Mohamed Raed ed i Direttori dei Training Department della Federal Police, Gen. B. Modafar e del Ministero dell’Interno, Gen.D. Abdulkareem Hatim.  il Primo Consigliere dell’Ambasciata Italiana in Iraq, dott. Patrick Mura Erano.

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Sud Sudan: ombre sul medio-lungo periodo

Medio oriente – Africa di

L’accordo per il governo di unità nazionale siglato il 26 aprile non può lasciare tranquilli. I tre anni di guerra civile hanno lasciato lunghi strascichi in Sud Sudan. Il ripetersi delle violenze del passato è un pericolo effettivo, vista soprattutto l’imponente militarizzazione della capitale Juba.

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16 ministri appartenenti all’etnia Dinka, 10 alla Nuer e 4 dai restanti gruppi del Paese. Sono questi i termini numerici dell’accordo per il governo di unità nazionale siglato lo scorso 26 aprile, sotto l’egida degli Stati Uniti. I negoziati per gli accordi di pace iniziati lo scorso agosto, che ha riportato al suo posto l’ex vicepresidente Machar al fianco del presidente Kiir, sono giunti ad una conclusione.

Tre gli anni di guerra civile, da quando, nel 2013, Kiir accusò Machar di golpe. Tre anni forieri di scontri tribali, interetnici, sfociati perfino nella vicina Etiopia, come il 17 aprile scorso, presso un campo profughi a maggioranza Nuer. Un accordo che prevede la coabitazione tra i due ingombranti leader per i prossimi 30 mesi, almeno fino alle prossime elezioni.

Ma le drammatiche cifre prodotte da questi tre anni di guerra civile rendono molti osservatori internazionali scettici di fronte alla durata sul medio-lungo periodo di questo esecutivo. Dal punto di vista economico, l’inflazione è salita fino al 240%, mentre il PIL nel 2015 ha registrato un -5,3%.

Dal punto di vista militare, come denunciato dal magazine Afk Insider, il Paese è ancora ben lontano da quella smilitarizzazione prevista dall’accordo tra le parti. Ben 1,500 ribelli combattenti, infatti, sono tuttora presenti nella capitale Juba, mentre addirittura 30,000 sono le truppe dell’esercito governativo.

Infine, il punto di vista umanitario. Come denunciato da Nazioni Unite e organizzazioni non governative come Medici Senza Frontiere, la situazione sanitaria, come prevedibile, è gravemente precaria. Lo scontro tra le fazioni del Sud Sudan ha raddoppiato, quando siamo giunti alle porte dell’estate, le persone senza cibo né acqua, arrivate a 5,3 milioni. Mentre, come sottolineato dall’ultimo report ONU, 1,69 milioni di persone sono sfollate dentro i confini, mentre 712 mila negli Stati confinanti.

Ma la crisi umanitaria riguarda anche i bambini-soldato e le donne vittime di stupro. Come denunciato nella conferenza al termine della quattro-giorni dell’United Nations Special Representative on Sexual Violence in Conflict a Juba, la violenza sessuale in Sud Sudan deve essere combattuta con gli strumenti giudiziari opportuni: “I positivi accordi di pace richiedono che i crimini di violenza sessuale siano monitorati, tracciati e riportati e che siano giudicati da un organo giuridico tradizionale”, ha sottolineato la rappresentanti ONU Zainab Hawa Bangura. “La mia istituzione continuerà il suo sostegno al SPLM e SPLM-IO per sviluppare piani d’azione, per fornire un quadro strutturato e completo attraverso il quale per affrontare i reati di violenza sessuale”, conclude.

In definitiva, il quadro politico, economico, sociale e umanitario rendono la crisi del Sud Sudan ancora viva. Il compito della comunità internazionale è di assicurare che il neonato Paese africano riesca a giungere alle nuove elezioni, previste tra 30 mesi, e che, attraverso anche un supporto di tipo economico, riescano a ripristinare tutte le quelle anomalie responsabili dello scoppio della guerra civile nel 2013.
Giacomo Pratali

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Missione UNIFIL, in Libano prosegue l’impegno italiano – VIDEO

Difesa/Video di

La missione UNIFIL è nata con la Risoluzione 425 adottata in data 19 marzo 1978 da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a seguito dell’invasione del Libano da parte di Israele (marzo 1978). Successive Risoluzioni hanno prorogato, con cadenza semestrale, la durata della missione. L’obiettivo della missione è assistere il Governo libanese ad esercitare la propria sovranità sul Libano ed a garantire la sicurezza dei propri confini, in particolare dei valichi di frontiera con lo Stato di Israele. UNIFIL sostiene, inoltre, le forze armate libanesi nelle operazioni di sicurezza e stabilizzazione dell’area allo scopo di prevenire un ritorno delle ostilità e creare le condizioni all’interno delle quali possa essere ritrovata una pace duratura. Alla missione UNIFIL partecipano oltre 10.000 soldati provenienti dai seguenti Paesi: Armenia, Austria, Bangladesh, Bielorussia, Belgio, Brasile, Brunei, Cambogia, Cina, Croazia, Cipro, El Salvador, Francia, Finlandia, Repubblica di Macedonia, Germania, Ghana, Grecia, Guatemala, Ungheria, India, Indonesia, Italia, Irlanda, Kenia, Malesia, Nepal, Nigeria, Qatar, Korea, Serbia, Sierra Leone, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Tanzania e Turchia.

Un attacco alle Israeli Defence Force (IDF), avvenuto il 12 luglio 2006, a Sud della Blue Line nelle vicinanze del villaggio israeliano di Zar’it, da parte di elementi Hezbollah, uccide otto soldati israeliani mentre altri sei vengono feriti e due catturati. Al rifiuto della richiesta di rilascio, Israele inizia una campagna militare in Libano mirata ad annientare le milizie di Hezbollah ed altri elementi armati; in conseguenza di ciò, le milizie di Hezbollah conducono attacchi contro infrastrutture civili israeliane nel Nord di Israele.

L’escalation delle ostilità porta le IDF a condurre una vasta campagna militare nel Nord della Blue Line contro le milizie armate di Hezbollah. Le ostilità continuarono per 34 giorni durante i quali viene svolta una intensa attività diplomatica internazionale tesa al conseguimento di una tregua/cessate il fuoco per la successiva creazione di stabili condizioni di pace, che culmina con la Risoluzione n. 1701 dell’11 agosto 2006. Tale risoluzione sancisce la cessazione delle ostilità a partire dal 14 agosto 2006.

Dall’inizio del cessate il fuoco, le IDF continuano ad occupare larghi tratti dell’Area di Operazioni (AO) di UNIFIL mentre gli Hezbollah e gli elementi armati rimangono nel Sud del Libano. Durante i giorni di conflitto, inoltre, i contingenti di UNIFIL di India e Ghana continuano ad occupare le proprie postazioni nella AO mentre, dal 24 luglio 2006, i 4 posti di osservazione vengono abbandonati dagli osservatori ONU.

Il 2 febbraio 2007, il Generale di Divisione italiano Claudio Graziano, dando il cambio al Generale di Divisione francese Alain Pellegrinì, assume il Comando della forza ONU in Libano (UNIFIL) e al quale successivamente succede, da gennaio del 2012 fino al luglio 2014, il Generale di Divisione Paolo Serra. Dal 24 luglio scorso il Generale di Divisione Luciano Portolano è al Comando della forza ONU in Libano (UNIFIL).

Gli obiettivi,

Gli obiettivi principali della missione ONU sono quelli di monitorare le attività delle due fazioni lungo la linea di demarcazione denominata BLU LINE, impedire il movimento di persone e armi nel territorio di competenze e di perseguire un clima di tranquillità e sicurezza nell’area di competenza tesa a raggiungere una pace stabile.

L’ambiente in cui si sviluppa l’operazione è sicuramente unico. La missione Leonte (denominazione italiana dell’Operazione), innestata sulla preesistente struttura di UNIFIL3 , nasce dalla Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite. Tale documento, nella fase centrale dell’operazione, assegna al Contingente multinazionale il compito di impedire la ripresa delle ostilità tra il Libano e Israele e supportare le Forze Armate libanesi nella loro azione di controllo del territorio sino alla completa autonomia operativa. I principi contenuti nella risoluzione e le direttive emanate dal comando UNIFIL4 stabiliscono inequivocabilmente il modus operandi delle unità militari sul terreno: l’uso della forza è autorizzato solo al fine di difendere la vita umana e assicurare il rispetto del mandato ONU. I soldati di UNIFIL sorvegliano costantemente tutta l’area di operazioni che si estende dal Fiume Litani sino alla Blue Line, linea di demarcazione tra lo stato del Libano e quello di Israele e la cooperazione con le Forze Armate libanesi diviene lo strumento fondamentale per assicurare a Sud il rispetto della Blue Line da parte dei due paesi confinanti e a Nord per evitare l’infiltrazione di armi illegali nell’area di responsabilità attraverso il Fiume Litani.

Nella area di competenza, oltre le truppe ONU, sono presente i contingenti dell’esercito libanese ai quali viene richiesta una attività di supporto per finalizzare eventuali controlli su persone e mezzi, attività che non rientra nel mandato dell’ONU ma che si rende necessaria per mantenere il controllo degli armamenti nella zona.

Sono molte le pattuglie e i posti di osservazione che vengono messi in campo ogni giorno in particolare dal contingente italiano, una attività continua che rende quanto mai visibile il controllo del territorio da parte dell’ONU e delle LAF ( Lebanese Armed Force).

Nella nuova configurazione, successiva alla risoluzione UNSC 1701 del 11 agosto 2006, l’area di operazioni di UNIFIL è stata ingrandita (includendo l’area di Tiro) e suddivisa in due settori a livello Brigata il Sector East e il Sector West.

Il nostro reportage è stato realizzato durante la permanenza in teatro della Brigata Taurinense che aveva alle sue dipendenze il 1° rgt Nizza Cavalleria schierato insieme al 9 Btg Alpini.

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Le attività di Peacekeeping

La fondamentale attività di monitoraggio dell’area operativa è resa possibile da una fitta attività di pattugliamento che coinvolge il personale e i mezzi della missione ininterrottamente giorno e notte. Le pattuglie muovono dalla base di Shama pr controllare tutte le vie di transito e i villaggi più importanti, con mezzi Lince di ultima generazione sono ben visibile per il loro colore bianco e per le bandiere ONU che sono sistemate su tutti i mezzi. La popolazione civile accoglie con benevolenza la presenza dei soldati in missione, riconoscendo la loro funzione di portatori di pace.

I Lince si muovono in coppia percorrendo le strette strade dei villaggi o le strade bianche delle campagne coltivate a banani con il compito di intercettare qualsiasi movimento sospetto.

Ogni movimento dura circa Quattro ore durante le quali si devono operare dei posti fissi di osservazione, i mezzi si fermano e il personale osserva con attenzione il territorio circostante che sia in aperta campagna di notte o una strada trafficata di giorno.

Una accurata pianificazione e una strategia di movimento specifica mettono in grande difficoltà chiunque voglia mettere in atto un azione contro le truppe ONU o più in generale contro la stabilità del sud del Libano

La missione Leonte dal 2007 ha adottato nuove direttive per il comportamento sul campo considerando che ogni più piccola azione di ogni capopattuglia sul territorio poteva potenzialmente influire sullo stato globale della missione.

In questo contesto è stato deciso di emanare una serie di procedure che mettono ogni capo pattuglia nelle condizioni di valutare la reazione corretta ad ogni tipo di incidente, lancio di sassi, sorveglianza sospetta verso le truppe UNIFIL, richiesta di aiuto da parte di civili, presenza di armi illegali, attacco verso pattuglie del Contingente.

Le attività sul territorio vengono svolte in stretta sinergia con le Forze Armate Libanesi e le autorità locali elevando in maniera decisiva le capacità di risoluzione delle eventuali crisi .

In questo teatro operativo il potenziale strategico – mediatico di ogni azione pone ogni singolo operatore a dover valutare con molta attenzione ogni reazione e come si è visto anche in questa ultima missione Leonte a volte non reagire è la migliore reazione.

 

 

Hot Spot – The Crisis Areas

Americas/Asia @en/South Asia di

There are several crisis areas in the world. The events shown below talk about many wars and clashes in Europe, Africa, Middle East and Asia.

 

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Egypt

8 policemen were killed on Sunday May 8 during an attack on a checkpoint close to Helwan police station. Islamic State and “Popular Resistance” movement claimed responsibility.

Turkey

Two cross-borders operations for Turkish forces. The first one against PKK in Iraq, the second one against Daesh in Syria. This one was conducted by 20 special forces team which killed about 55 jihadists. While other 63 were killed at the beginning of May, after Turkish airstrikes in Northern Syria.

Syria

As in Iraq, U.S. and coalition military is continuing to fight ISIS in Syria. Particularly, U.S Department of Defense disclosed that “attack, fighter and remotely piloted aircraft conducted eight strikes in Syria:

— Near Manbij, two strikes destroyed two ISIL vehicles and an ISIL fighting position.

— Near Mar’a, three strikes struck three separate ISIL tactical units and destroyed three ISIL fighting positions.

— Near Palmyra, a strike struck an ISIL tactical unit and destroyed an ISIL vehicle.

— Near Waleed, two strikes struck two separate ISIL tactical units and destroyed an ISIL vehicle, an ISIL storage facility and an ISIL bed-down location, and damaged another storage facility and bed-down location. “

More than 70 killed after fighting between regular army and rebels in Aleppo on May 6. As reported by Syrian Observatory for Human Rights, 30 of them were soldiers, while over 40 Nusra Front militants.

On Thursday May 5, 12 people killed after a terrorist attack close to an army conscription office east of Homs. Here, the same day, ISIS positions were bombed Russian, and Syrian airplanes.

About 30 people were killed in an air assault on a refugee camp near Sarmada. This attack were not claimed, but it’s probably by Russian or Syrian airplanes.

Libya

On Thursday May 5, Islamic State militants attacked some village between Sirte and Misurata: 5 people were killed.

As already foretold by international press, General Khalifa Haftar began attacking on Daesh in Sirte on May 4. He’s determined to continue despite Fayez Serraj wants to suspend every attack.

Myanmar

Regular army offensive against Kachin independence army positions on Wednesday May 4. At least 5 people killed and several casualties, including women.

Iraq

U.S. and coalition military forces continued to attack Islamic State of Iraq and the Levant terrorists in Iraq yesterday, “ Combined Joint Task Force Operation Inherent Resolve officials reported on May 8.

Iraqi security forces and al Hashed al Sha’bi militia killed 25 ISIS jihadist on May 7. “The security forces conducted proactive operations that targeted the headquarters and gatherings of ISIS in the areas of al-Hur and Zebin al-Hanshl in the vicinity of al-Ameriyat (18 km south of Fallujah), resulting in the death of 25 ISIS elements.” the commander of the 1st brigade within al-Hashed al-Sha’bi militia in al-Ameriyat, Abbas al-Issawi, said in a statement obtained by IraqiNews.com.

An U.S soldier killed after ISIS attack on Peshmerga defense near Mosul at the beginning of May, as the international coalition spokesman Steve Warren announced said on Thursday. but “The Peshmerga forces managed to kill 60 members of ISIS and destructed three car bombs, as well as tightening their grip on the region,” he ended. While at least 100 civilians escaped from ISIS territory in Kirkuk.

On May 1, two Samawah explosions killed about 40 people and at least 86 casualties.

Ukraine

3 people killed following clashes between Ukrainian army and rebels, despite the ceasefire.

Afghanistan

Between April 30 and May 1, AAF bombed militants in eastern Nangarhar province killing about 60 of them, while ANSF killed at least 65 jihadists during raids in Khash Rod district of Nimroz, Badakhshan province, Qads district of Badghis and in Deh Yak and Gilan districts of Ghazni province, as reported by the Ministry of Defense.

Saudi Arabia

Daesh militants killed a Saudi soldier during a battle in the western Taif region on May 7. Two assailants opened fire on a police station before retreating to the mountain village of Thaqeef where the soldier was killed.

 

Il Ministro della Difesa italiano Pinotti vola a Mosul

Asia/Difesa di

In vista del nuovo impegno in Iraq pianificato per proteggere le operazioni di messa in sicurezza dell’imponente diga di Mosul il Ministro Pinotti si reca in visita alle forze italiane di che operano a Erbil.

Le forze presenti nella città appartengono al 5° Reggimento Aviazione “Rigel” e al 7° “Vega” della Brigata aeromobile “Friuli” dell’Esercito italiano, appoggiati dal reggimento di fanteria aviotrasportata del 66° “Trieste“.

Il loro compito è quello di fornire CSAR, Combat search and rescue, ossia operazioni di recupero, ricerca e salvataggio in ambienti ostili.

A questi verranno affiancate nuovi elementi che avranno il compito di garantire la sicurezza degli operatori civili della società TEVI che si occuperà dei lavori alla diga.

04022018-4ebd-4632-854d-cf330aef75c706MediumLa diga si trova a circa 20 chilometri da Mosul e l’area al momento è interessata da combattimenti tra le forse del governo Irakeno e i terroristi del Daesh che hanno avuto il controllo della zona fino a pochi mesi fa.

Durante la visita il Ministro Pinotti ai militari presenti a Erbil ha confermato il forte apprezzamento per il oro lavoro “La missione che state svolgendo con grande competenza, professionalità e umanità – ha detto durante il suo discorso – è fondamentale per la sicurezza dell’Iraq e del nostro Paese. Sconfiggere il terrorismo deve essere un obiettivo prioritario della comunità internazionale. Grazie perché con il vostro lavoro tenete alto l’onore dell’Italia”.

Con l’invio dei nuovi 500 elementi delle Forze Armate l’Italia diventa il secondo Paese più importante nella coalizione anti Isis. Un impegno che nasce dalla ferma volontà di contrastare l’attività dei terroristi.

Il Congresso rafforza il potere di Kim Jong-Un

Asia/BreakingNews di

Il Congresso Generale del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord, iniziato venerdì scorso a 36 anni di distanza dal precedente, prosegue secondo programma, consolidando ulteriormente il potere del presidente Kim Jong-Un, succeduto nel 2011 al padre Kim Jong-Il.

Domenica 8 maggio la televisione di stato ha trasmesso un lungo discorso con il quale leader supremo, di fronte a 3400 delegati giunti da ogni angolo del paese, ha annunciato un nuovo piano quinquennale per restituire slancio alla sofferente economia nazionale. Nonostante l’enfasi con il quale è stato presentato, il nuovo piano non fa intravedere cambiamenti profondi né a livello politico né sul piano economico.

In effetti, il presidente nord-coreano è stato avaro di dettagli, riferendosi vagamente alla necessità di una maggiore automazione dell’industria e del settore agricolo e ad un incremento della produzione di carbone nel corso del prossimo lustro. Gran parte del discorso si è focalizzato sulla celebrazione degli sforzi e dei progressi fatti dal paese negli ultimi 36 anni, con frequenti riferimenti all’ideologia della Juche, centrata sui concetti di autonomia e autosufficienza. Al contempo, il leader ha auspicato un incremento del commercio estero, mostrando scarsa considerazione per l’irrigidimento delle sanzioni economiche voluto dall’ONU dopo i test nucleari condotti nel gennaio scorso.

In un paese che, nonostante tutto, cresce di circa un punto percentuale di PIL ogni anno, Jong-Un ha sottolineato il bisogno di individuare nuove risorse energetiche che possano generare elettricità a sufficienza per sostenere lo sviluppo, in un paese da sempre alle prese con frequenti black-out, che interessano anche la capitale PJongyang. A tale scopo, la Corea del Nord intende puntare sul nucleare e sull’incremento di fonti energetiche rinnovabili.

Il presidente ha fatto anche riferimento all’arsenale nucleare, sul cui sviluppo si stanno concentrando gli sforzi maggiori del regime. In una dichiarazione dal sapore distensivo, Kim ha assicurato che la Corea del Nord non intende fare ricorso alle armi atomiche, a meno che “la sua sovranità non sia messa in pericolo dall’aggressione di altre potenze nucleari”.

Un approccio insolitamente diplomatico ha caratterizzato anche i riferimenti alla Corea del Sud, con la quale il regime vorrebbe tornare a dialogare per abbassare il livello di tensione. Un’offerta aspramente respinta, a stretto giro di boa, dal Ministro per l’Unificazione del Sud: “mentre parla di dialogo inter-coreano continua a sviluppare il suo arsenale nucleare”, ha affermato, bollando le dichiarazioni di Kim Jong-Un come mera propaganda.

Il giorno successivo, quasi a confermare le diffidenze sud-coreane, il Partito dei Lavoratori ha deciso formalmente, durante il congresso, di rafforzare ulteriormente l’arsenale nucleare del paese “a scopo di auto-difesa”, sfidando nuovamente l’Onu e il suo sistema di sanzioni.

Benché non sia stata ancora ufficializzata una data di chiusura, il congresso dovrebbe proseguire ancora per alcuni giorni. I media stranieri sono stati invitatati a presenziare allo storico evento ma, fino ad oggi, i giornalisti non hanno potuto varcare le porte del grande Palazzo della Cultura, la cui platea si estende su una superficie pari a due campi da calcio. I cronisti hanno preso parte ad alcune visite guidate, sotto lo sguardo attento dei funzionari del partito ma, di fatto, non hanno ancora potuto svolgere il lavoro per il quale erano stati accreditati.

Il clima, per la stampa, non è comunque facile. Lo scorso venerdì i membri di un team della BBC, inviato a coprire il congresso, sono stati posti in stato di arresto e successivamente espulsi. Secondo quanto riportato da un’agenzia di stampa cinese, i britannici sono stati accusati di aver “attaccato il sistema della DPRK (Repubblica Democratica Popolare di Corea) e di aver riportato i fatti in modo non-obiettivo”.

Mentre la stampa straniera fa i conti con l’idea nord-coreana di obiettività, il leader supremo del paese rafforza ulteriormente il suo potere. Lunedì, infatti,i delegati hanno insignito Kim Jong-Un di un nuovo titolo: Presidente del Partito dei Lavoratori, carica che si affianca a quella di primo segretario.

 

Luca Marchesini

WPC strengthens the power of Kim Jong-Un

Asia @en/BreakingNews @en di

The General Congress of the Workers’ Party of North Korea, which began last Friday, 36 years after the previous one, continues as planned, further strengthening the power of the president Kim Jong-Un, who succeeded his father Kim Jong-Il in 2011.

Sunday May 8, state television broadcasted a long speech in which supreme leader, in front of 3400 delegates came from every corner of the country, has announced a new five-year plan to restore momentum to the ailing national economy. Despite the emphasis with it was presented, the new plan does not foresee major changes neither politically nor economically.

In fact, the North Korean president was stingy with details, referring vaguely to the need for greater automation of industry and agriculture and an increase in coal production over the next five years. Most of the discussion has focused on the celebration of the efforts and the progress made by the country over the past 36 years, with frequent references to the ideology of Juche, centered on the concepts of autonomy and self-sufficiency. At the same time, the leaders called for an increase in foreign trade, showing little consideration for the tightening of economic sanctions wanted by the UN after nuclear tests conducted last January.

In a country that, despite everything, is growing by about one percentage point of GDP every year, Jong-Un stressed the need to find new energy resources that can generate enough electricity to support the development, in a country still struggling with frequent blackouts, which also affect the capital Pjongyang. To this end, the DPRK intends to focus on nuclear energy and renewable energy sources.

The President also referred to nuclear arsenal, on whose development more of the regime’s efforts are focusing. In a statement by the soothing flavor, Kim has ensured that North Korea does not intend to resort to atomic weapons, “unless its sovereignty is encroached upon by any aggressive hostile forces with nukes.”.

An unusually diplomatic approach has also featured references to South Korea, with which the regime would like to return to dialogue to lower the level of tension. An offer harshly rejected, in close halfway point, by the Minister for the Unification of the South: “It speaks of inter-Korean dialogue while continuing to develop a nuclear arsenal,” he said, branding statements by Kim Jong-Un as mere propaganda.

The next day, as if to confirm the mistrust of South Korean, the Workers’ Party has decided formally, during the Congress, to further strengthen the nuclear arsenal of the country “for the purpose of self-defense”, again defying the UN and the his system of sanctions.

Although there is not yet a official closing date, the Congress should continue for a few days. Foreign media were invited to attend the historic event, but, until now, journalists have not been able to pass through the doors of the great Palace of Culture, whose parterre covers an area equal to two football fields. The reporters took part in guided tours, under the watchful gaze of party officials but, in fact, have not yet been able to perform the job for which they were accredited.

The climate for the press, actually, is not easy. Last Friday the members of a BBC team, sent to cover the Congress, were placed under arrest and later expelled. As reported by the Chinese press agency, the British were expelled for ” attacking the DPRK system and non-objective reporting.”

While the foreign press has to deal with the North Korean idea of ​​objectivity, the supreme leader of the country further strengthens its power. Monday, in fact, delegates awarded Kim Jong-Un of a new title: President of the Workers Party, a position he joins that of first secretary.

 

Luca Marchesini

The New Australian Cyber Security Strategy

Asia @en di

Now, there is no global institution or infrastructure more important to the future prosperity and freedom of our global community than the Internet itself. And in what should be a humbling lesson for politicians and governments, the Internet has grown almost entirely without the direction or control of any government […].

Ensuring that the architecture and administration of global cyberspace remains free of government domination or control is one of the key global strategic issues of our time”.

With these words Australia’s Prime Minister Malcom Turnbull  haslaunched, on April 21,the first Australian Cyber Strategy review since 2009.

Previous governments tried to adopt a strategy but they always stopped.

Now Tunrbull, who’s facing a two months election campaign, has promised $230 million across 53 new initiatives to boost the new strategy.

Canberra’s conservative approach aims to support the existing american driven liberal internet order.

Considering China’s (a major australian business partner) position over the issue, this is a significant political decision.

Australia’s cybersecurity capabilities are meant to attack as well as defend, to protect an open, free and secure cyberspace.

The Strategy establishes five themes of action over the next four years.

The five pillars

A national cyber partnership between government, researchers andbusiness including regular meetings to strengthen leadership and tackle emerging issues.

Cyberstrategy is a top down process, because it is a strategic issue for leaders as well as for It and security staff.

Three actions underpins the first pillar:

  1. Annual cybersecurity leaders meetings;
  2. Appointment of a Minister assisting the Prime Minister for cyber  security;
  3. Improvement of Australian Cyber Security Centre (ACSC) capabilities;

Empower strong cyber defences to better detect, deter and respond

to threats and anticipate risks.

Global Responsibility and influence: Working with international partners through the appointment of a Cyber Ambassador and other channels while building regional cyber capacity to crack down on cybercriminals and shut safe havens for cybercrime.

Growth and Innovation: Helping Australian cyber security businesses to grow and prosper, establishing a Cyber Security Growth Centre with private sector.

Creating a cyber smart nation: establishing Academic Centres ofCyber Security Excellence in universities and fostering high level skills both at managerial and workforce level to tackle the gap by 2020.

Lack of courage?

While action plans to tackle cyber threats are on the way in most advanced economies, the australian blueprint is a bit late and it appears to be conditioned by safe play, addressing the issue in a diplomatic way.

Australia is at the centre of the XXI century leading area, and  should do more, according to some commentators, to improve national awareness on the issue.

Surely, in comparison with billionaire investment made by other countries, australian budget seems too small to make a difference.

Croce Rossa Militare, lettera aperta alle istituzioni

Difesa di

Prosegue il percorso di smilitarizzazione del corpo militare della Croce Rossa, uomini e donne di un corpo volontario che dalle prime fasi dell’unità nazionale è stato impegnato su tutti i fronti al servizio della nazione.

Il provvedimento di smilitarizzazione nasce dal governo Monti che con il D.lgs n.178 del 2012 ha gettato le basi per una completa riorganizzazione della Croce Rossa Italiana. Il decreto prevede la trasformazione e la soppressione dell’Ente pubblico che verrà sostituito da una società privata alla quale verranno conferiti tutti i beni strumentali dell’attuale ente.

La sorte dei circa 4.000 dipendenti della Croce Rossa Italiana, di cui 1.200 militari, è assolutamente incerta come del resto quella di tutto il patrimonio dell’ente in termini di esperienza, professionalità e capacità operativa che solo un ente di ispirazione militare può dare.

Per questo in attesa che si riesca a fare luce sul futuro del personale della Croce Rossa Militare pubblichiamo una lettera aperta inviata da uno dei 1.200 militari in servizio di assistenza medica sulle imbarcazioni che soccorrono i migranti in fuga dalle coste africane.

lettera di un soldato cri

 

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Alessandro Conte
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