GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

Monthly archive

Gennaio 2016

EA MAG: Inside-out – European Border Chronicle

Video di

European Border Chronicle: I flussi migratori inarrestabili creati dalle guerre e dalle precarie condizioni economiche di molti stati del sud del mondo stanno premendo alle frontiere della Comunità Europea. Il dibattito su come reagire a questo problema si dipana tra accoglienza e respingimento in un Europa che soffre la crisi economica e demografica più grave dell’era contemporanea.

MISSION

Il nostro progetto vuole realizzare un reportage lungo le frontiere europee per poter raccontare la cronaca di questo fenomeno, raccogliere le testimonianze dei migranti, dei cittadini e delle istituzioni dei vari paesi di frontiera dando la possibilità a chi seguirà il reportage di poter confrontare le diverse politiche e di ascoltare tutte le voci in gioco senza nessuna mediazione.

LA STORIA

I giovani giornalisti della nostra redazione in team di due si recheranno nei luoghi dove i flussi sono più intensi e la reazione delle istituzioni più attesa mentre in redazione un team di analisti e giornalisti raccoglierà tutte le informazioni utili con una ricerca sulle fonti aperte.

PROGETTO

EUROPEAN AFFAIRS è un magazine on line edito dall’associazione Centro Studi Roma 3000, ente senza fine di lucro che promuove studi socio economici e progetti di ricerca per nuovi modelli di sviluppo sostenibile.

Il reportage vuole dare un contributo all’analisi del fenomeno dei flussi migratori a sostegno di nuovi modelli di accoglienza.

Il sostegno richiesto sarà utilizzato per le spese di viaggio e di produzione oltre all’acquisto eventuale di materiale utile alla realizzazione.

PRODUZIONE

Comitato editoriale: Alessandro Conte, Giacomo Pratali, Viviana Passalacqua

Producer : Alessandro Conte

Montaggio: 3K Production

Musiche originali: Francesco Verdinelli

Reporter: Giacomo Pratali, Viviana Passalacqua, Sabiena Stefanj,Paola Longobardi,Carla Melis, Leonardo Pizzuti, Fabrizio Ciannamea

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EA MAG: Inside-out – European Border Chronicle

Miscellaneous di

Migration flows unstoppable created by war and poor economic conditions of many southern states of the world are pushing the frontiers of the European Community. The debate on how to react to this problem unfolds between acceptance and rejection in a Europe that is suffering the most severe economic and demographic crisis of the modern era.

MISSION

Our project wants to make a report along the borders of Europe to tell the chronicle of this phenomenon, collect the testimonies of migrants, citizens and the institutions of the various countries border giving a chance to those who follow the reports of being able to compare the different policies and listen to all the voices in the game without any mediation.

HISTORY

The young journalists of our editorial staff in teams of two will travel to the places where the flows are more intense and the reaction of the institutions more waiting while preparing a team of analysts and journalists will gather all the information with research on open sources.

PROJECT

EUROPEAN AFFAIRS is an online magazine published by the Centro Studi Roma 3000, a non-profit organization that promotes the socio-economic studies and research projects for new models of sustainable development.

The report should contribute to the analysis of the phenomenon of migration flows in support of new models of welcome.

The support required will be used for travel expenses and production in addition to the purchase of any material helping to achieve.

PRODUCTION

Editorial Board: Alessandro Conte, James Pratali Viviana Passalacqua

Producer: Alessandro Conte

Mounting: 3K Production

Original Music: Francesco Verdinelli

Reporter: Giacomo Pratali Viviana Passalacqua, Sabiena Stefanj, Paola Longobardi, Carla Melis, Leonardo Pizzuti, Fabrizio Ciannamea

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Isis: nuove conquiste in Siria

Medio oriente – Africa di

La penetrazione dell’Isis continua a mietere terreno in Siria. Nell’est del paese, vicino a Deri Ezzor, l’attacco di qualche giorno fa ha prodotto, in base ai dati diffusi dall’agenzia ufficiale siriana Sana, circa 300 vittime fra donne, bambini e anziani.

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Una strage bollata come la più grave negli ultimi cinque anni di guerra civile. Il crudo bollettino di guerra riferisce di almeno 150 decapitati nei sobborghi controllati dal regime siriano a Dayr az Zor, Ayash and Begayliya. Nel corso dell’assedio a Deri Ezzor, oltre 400, fra donne e bambini, membri delle famiglie dei combattenti di Assad, sarebbero stati rapiti alla periferia settentrionale, nel quartiere di Al-Baghaliyeh. Circa 270 di loro sono stati rilasciati. Si tratta di donne, bambini e adolescenti fino ai 14 anni. Nel contempo, le forze contrarie allo Stato Islamico continuano ad attaccare.

A Raqqa, roccaforte del califfato sono stati uccisi, nel corso dei raid aerei organizzati da russi e americani –  tramite la coalizione anti Isis – circa 40 civili, fra cui 8 bambini. I numeri sono stati diffusi dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani. Fra i fumi di questa carneficina si inserisce un dato: Isis ha dimezzato lo stipendio dei militari nella regione di Raqqa. I jihadisti parlano di «circostanze eccezionali» che assumono il volto degli effetti provocati dai bombardamenti aerei che hanno colpito impianti e colonne dei pozzi petroliferi e dal crollo del prezzo del greggio.

A questi elementi si aggiungono gli effetti provocati dalla controffensiva innescata contro il califfato. Nonostante questo però le posizioni Isis in Siria si sono allargate fino a cingere le cittadina di Deir Zour nel Nord del paese. La Turchia, paese Nato, nel frattempo continua a sponsorizzare il califfato acquistando il petrolio venduto dall’Isis e favorendo il passaggio verso la Siria dei foreign fighters.

L’atteggiamento ambiguo di Erdogan continua senza grossi ostacoli. Mentre Schengen crolla e l’America, lontana a sufficienza per riuscire ancora a selezionare gli ingressi, l’Europa continua a fare i conti con flussi migratori importanti ed assiste impotente al massacro dei cristiani falcidiati nelle parti controllate dall’Isis. Il dubbio resta lo stesso. E’ davvero così importante per la comunità internazionale riuscire a contrastare Isis?

 

Monia Savioli

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Pechino risponde a Washington: la nuova strategia cyber cinese

AMERICHE/Asia/POLITICA di

Mentre in Italia si pensa alle poltrone e l’Unione Europea si balocca per l’approvazione di una Direttiva che diverrà forse un giorno operativa, nel resto del mondo la Cyberwar è reale.

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Se sembra quasi assodato che i black out che hanno colpito Ucraina e Israele siano stati causati da attacchi cibernetici, anche se le notizie sono lacunose e le dichiarazioni ufficiali sollevano più interrogativi di quanti ne chiariscano, il vero fatto di rilievo è la risposta cinese alla dottrina Cyber degli Stati Uniti.

DAVOS NEL PACIFICO

Nel mese di Dicembre, infatti, sono arrivate da Pechino iniziative in materia che mirano a perpetuare la perenne partita a scacchi che caratterizza il fronte del Pacifico.

In occasione della seconda edizione della China’s Internet Conference, il Presidente Xi Jinping è intervenuto a Wuzhen con un appassionato discorso finalizzato a spiegare al mondo la vision che ha in mente per la governance del world wide web.

Internet, infatti, dovrebbe essere uno spazio non libero dalla sovranità statale, ma, al contrario, ogni Stato deve poter esercitare le proprie prerogative sovrane nel determinare le regole di governance del cyberspazio nel quale navigano i propri cittadini.

Non, quindi, una rete di rete collegate a livello globale nell’ambito delle quali gli Stati sono soggetti come altri, ma un coacervo di “bolle”, ognuna delle quali governata e delimitata negli accessi dal potere sovrano degli Stati.

Una visione decisamente diversa rispetto a quella americana, che invece ritiene la libertà di accesso e di espressione in Internet consustanziale agli ideali di libertà di commercio che caratterizzano la globalizzazione ( e i valori americani).

La posizione cinese riflette la paura, come dimostrato anche dalle limitazioni che sono state imposte ai grandi motori di ricerca come google, che i cinesi possano, accedendo alle “libertà” occidentali, mettere in discussione lo status quo nel proprio paese.

Da questa posizione ne discende il corollario, secondo il Presidente Xi, che nessun paese dovrebbe arrogarsi il diritto di definire i giusti comportamenti in ambito cyber: pur condannando il cyber spionaggio industriale, in accordo con la dichiarazione congiunta espressa durante il summit con Obama, il leader cinese non menziona invece le operazioni cyber in ambito militare (che i cinesi non hanno mai ammesso di condurre, mentre gli Stati Uniti le ritengono legittime).

SSF: LE FORZE CYBER CINESI

Ne consegue, per logica, che la riorganizzazione del comando dedicato alla cyber war annunciata all’interno di una più vasta riorganizzazione delle forze armate, è del tutto legittima.

Il 31 dicembre del 2015, infatti, la Commissione Centrale Militare ha annunciato che il PLA (Esercito di liberazione del popolo) ha  visto, fra le altre cose, la nascita di una Forza di Supporto Strategico (SSF). Gli osservatori più attenti hanno rilevato, nonostante le scarse informazioni a disposizione, come questo comando disponga di assetti finalizzati alla guerra elettronica, cyber e spaziale.

Il neocostituito SSF gestirà quindi due asset della Triade Strategica (nuclear, space, cyber), con l’obiettivo di pianificare ed eseguire missioni a lungo raggio finalizzate a distruggere i network militari nemici contemporaneamente gestendo e garantendo la difesa dei network del PLA.

Alla base della filosofia operativa del SSF è un concetto -weshe- che comprende sia la deterrenza in senso occidentale -rendere i costi di un attacco così alti da dissuadere l’attaccante dall’agire – che l’assertività – mostrare la propria forza a fini dissuasivi.

UNA POLITICA COERENTE

Come in altri contesti, queste due azioni sono evidentemente parte di un unica strategia, finalizzata  a recuperare spazi di manovra cinesi in un mondo plasmato dalla dottrina americana, a cui rispondono sia in ambito civile che militare, in dottrina e nella pratica. Una politica non aggressiva ma chiaramente revisionista rispetto allo status quo, finalizzato a dare alla Cina un posto di primo piano nel sistema delle relazioni internazionali.

 

Leonardo Pizzuti

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Ukraine-Russia: gas, ban and recession

Policy di

Relations between Ukraine and Russia have returned hot. Especially from diplomatically viewpoint. The gas issue, in which Kiev has the upper hand. The trade and food embargo and food against Ukraine by Moscow. The Kremlin, gripped by recession, in search of a rapprochement with Europe.

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This diplomatic war is putting Minsk II at risk. Moreover, winter has allowed gas supplies to come back a geopolitical topic. Indeed, as reported by Bloomberg, situation has turned around, with Russia ready to lower the price to Ukraine (the agreement is in force until 2019), rather than lose Kiev as strategic point for distribution in Europe.

But the reduced dependence from Moscow, with the increase in supplies from Norway and Algeria, make Putin less decisive on the energy front. While Poroshenko is not in a hurry to find a compromise on gas supplies and to grant autonomy to Donbass. Even the statements of Russian Foreign Minister Sergei Lavrov on the opportunity to exploit the South Stream project, bypassing Ukraine because of its instability, is not worrying Kiev and is not persuading Brussels.

Another issue is food embargo and new custom tax for Ukraine, as already provided for all those EU countries that have introduced sanctions against Russia. A measure which have casted Kiev out CSI galaxy.

At last, the Russian economy which is in recession. GDP dropped by 3.7%, just as the ruble, forced the Prime Minister Dimitri Medvedev to announce a plan within the next week. Two causes that have contributed to this crash, also visible in the relations of exchange with the EU area:oil price drop and, secondary, economic sanctions imposed by West.

The Ukrainian stiffening and Russian difficulties are leading to a change in the attitude of the European countries and the United States against Kiev and Moscow. During the meeting in Russia with Lavrov, the French Foreign Minister Emmanuel Macron said that “”The objective we all share is to provide the lifting of sanctions by the summer, as far as the [peace] process [in southeastern Ukraine] is respected.” While Secretary of State John Kerry though that “I believe that with effort and with bona fide, legitimate intent to solve the problem on both sides, it is possible in these next months to get to a place where sanctions can be appropriately removed.”

Words which are clearly a warning to Kiev, invited to recede from his extremism, given the temporary ceasefire in Donbass. Also because of Syrian context, relations with Russia are back warme. France, which is also engaged in Syria against the Islamic State, as well as West, have every interest to close Ukrainian crisis, to focus on the Middle East and Libya, the other theater of a probable military intervention.
Giacomo Pratali

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Ucraina-Russia: tra gas, blocco e recessione

EUROPA di

Tornano roventi i rapporti tra Ucraina e Russia. Non tanto sul piano della guerra civile, quanto sul piano diplomatico. La questione del gas, in cui Kiev sembra avere adesso il coltello dalla parte del manico. L’embargo commerciale e alimentare inflitto al Paese ex sovietico da parte di Mosca. Il Cremlino, attanagliato dalla recessione, in cerca di un riavvicinamento con l’Europa.

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Il mese di gennaio ha segnato il riacutizzarsi della guerra diplomatica tra Ucraina e Russia. Guerra che sta mettendo a dura prova gli accordi di Minsk del febbraio 2015. L’ingresso dell’inverno, come prevedibile, ha fatto sì che il tema della fornitura di gas tornasse il perno di questa crisi geopolitica.

E proprio su questo fronte, come riportato da Bloomberg, il piano si è rovesciato. Con la Russia pronta ad abbassare il prezzo della fornitura all’Ucraina (l’accordo è in vigore fino al 2019), pur di non perdere Kiev come suo cliente e punto strategico per la distribuzione in Europa.

Ma proprio la non sempre meno dipendenza del Vecchio Continente da Mosca, con l’aumento della fornitura dalla Norvegia e dall’Algeria, rendono Putin meno determinante sul fronte energetico. E Poroshenko meno frettoloso nel cercare un compromesso sull’energia e a concedere l’autonomia costituzionale al Donbass. Nemmeno le dichiarazioni del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov sull’opportunità di sfruttare il progetto South Stream, bypassando l’Ucraina per ragioni di instabilità politica, sembrano preoccupare Kiev e fare breccia a Bruxelles.

L’altro punto dello scontro è l’embargo per i generi alimentari e l’introduzione delle tariffe doganali per l’Ucraina, messa sullo stesso piano di tutti quei Paesi UE e non che hanno introdotto le sanzioni contro l’economia russa. Un provvedimento che di fatto allontana Kiev dalla galassia CSI e rende ancora più rigida sul fronte autonomista interno.

Infine, l’economia russa. I dati relativi al 2015 parlano di recessione. Il PIL sceso del 3,7% e il crollo del Rublo hanno costretto il premier Dimitri Medvedev ad annunciare un piano entro la prossima settimana. Due le cause che hanno contribuito a questo tracollo, visibile anche nei rapporti di interscambio con l’area UE: la discesa del prezzo del petrolio e, in piccola parte, le sanzioni economiche imposte dall’Occidente.

L’irrigidimento ucraino e la difficoltà russe stanno, a sorpresa, portando ad un cambiamento nell’atteggiamento dei Paesi europei e degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e Mosca. Nel corso dell’incontro in Russia con Lavrov, il ministro degli Esteri francese Emmanuel Macron ha detto di confidare “nel rispetto degli accordi di Minsk da parte di tutti per arrivare alla cancellazione delle sanzioni l’estate prossima”. Mentre il segretario di Stato John Kerry confida “nella buona fede di tutti gli schieramenti”.

Frasi sibilline, dunque, ma rivelatrici del monito nei confronti di Kiev, invitata a retrocedere dal suo oltranzismo, vista anche la generale tregua delle truppe separatiste nel Donbass. Complice anche e sopratutto lo scenario siriano, i rapporti con la Russia sono tornati più caldi nell’ultimo scorcio del 2015. La Francia, anch’essa impegnata in Siria contro lo Stato Islamico, così come l’Occidente, hanno tutto l’interesse, dal punto di vista geopolitico, a chiudere lo scenario ucraino, per concentrare l’attenzione sul contesto mediorientale e quello libico, l’altro teatro di un sempre più probabile intervento militare internazionale.
Giacomo Pratali

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L’Indonesia studia nuove norme anti-terrorismo. Si temono ripercussioni sul fronte dei diritti

Asia di

Dopo gli attacchi che hanno colpito Jakarta la settimana scorsa, conclusi con la morte di quattro civili e quattro attentatori, il presidente indonesiano Joko Widodo ha chiesto ieri la revisione delle leggi anti-terrorismo in vigore nell’arcipelago.

La modifica proposta andrebbe chiaramente nella direzione di un irrigidimento dei controlli di sicurezza, e prevederebbe la possibilità, per le forze dell’ordine, di procedere all’arresto immediato di ogni persona sospettata di pianificare attacchi terroristici. La polizia teme che jihadisti indonesiani impegnati in Medio-Oriente e nord-Africa possano tornare in patria per preparare nuovi attentati.

La proposta ha generato preoccupazione, in quanto molti ritengono che una nuova legge più restrittiva potrebbe determinare un aumento eccessivo dei controlli ed essere utilizzata come strumento di repressione, in un paese che ha speso sofferto per la debolezza del suo stato di diritto.

La nuova legislazione consentirebbe inoltre alle forze di polizia di trattenere i sospetti per più di una settimana (limite attualmente previsto), senza accuse formali, e renderebbe illegale ogni attività militare a fianco dello Stato Islamico in Siria ed Iraq. Secondo le stime delle autorità locali, circa 500 indonesiani sono già partiti per battersi come foreign fighters a fianco dei jihadisti di Daesh. 100 di questi sarebbero già tornati senza aver maturato però, nella maggioranza dei casi, esperienza di combattimento.

La riforma invocata dal Presidente Widodo dovrebbe essere approvata in tempi abbastanza brevi, considerato il sostegno trasversale espresso della maggioranza delle forze politiche rappresentate in Parlamento. Solo alcuni partiti di opposizione hanno manifestato i loro timori per una modifica che potrebbe tradursi in repressione del dissenso e della libertà di espressione. Sulla stessa linea si sono espresse le organizzazioni per i diritti umani ed i gruppi islamici radicali.

Si teme che, sull’onda degli attentati, il Paese possa fare un passo indietro sul sentiero della democrazia, restituendo alla polizia poteri simili a quelli esercitati durante i 32 anni della sanguinosissima dittatura del Generale Suharto, quando centinaia di migliaia di dissidenti accusati di comunismo furono perseguitati brutalmente assassinati dalle milizie paramilitari sostenute dal regime.

Foto: “JokowiPresidentialOath” by Lembaga Administrasi Negara – Indonesia’s State Administration Agency 

Libano, trasporto sanitario d’urgenza

Difesa di

Evacuato un militare francese gravemente ammalato dalla Task Force “Italair” in servizio in Libano. La missione aerea, portata avanti con successo da un elicottero AB 212 dell’Esercito Italiano, con a bordo il team aeromedico francese, è stata attivata dalla call del Mission Air Operation Center di UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon).

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Il velivolo italiano, decollato in sei minuti alla volta della Base ONU francese, ha imbarcato il paziente per condurlo al San Geroge Hospital di Beirut. Quello del trasporto sanitario d’urgenza è uno dei servizi più importanti svolti dai militari italiani a Naqoura. La Task Force “Italair” – composta dagli equipaggi di volo dell’Aviazione dell’Esercito, da un equipaggio della Marina Militare e uno dell’Aeronautica Militare – opera in Libano dal 1979, ed è l’unità più veterana al servizio delle Nazioni Unite.

Gli equipaggi di volo garantiscono ogni giorno, 24 ore su 24, un elicottero pronto al decollo in 30 minuti per tale scopo ed un secondo elicottero con le stesse caratteristiche di prontezza per compiti di vario genere, svolgendo quotidianamente missioni di ricognizione, pattugliamento e trasporto. In 37 anni di servizio, “Italair” ha effettuato 39.000 ore di volo nei cieli del Libano e di Israele, e 1700 trasporti di feriti o ammalati gravi. Frattanto proseguono le attività dello staff italiano di Unifil presso la base militare di Shama. Dopo un’intensa settimana di lezioni teoriche e pratiche sul first aid in area ostile, sono stati consegnati gli attestati di frequenza ai partecipanti del 1° corso di formazione al soccorso medico in operazione.

Il ciclo formativo – centrato sulla simulazione di incidenti con feriti gravi da stabilizzare ed evacuare dal campo di battaglia – è stato condotto dal personale italiano per le Forze Armate libanesi e i contingenti stranieri del Sector West.

Viviana Passalacqua

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Lebanon: medical transport and first aid courses

Defence di

The Task Force “Italair” serving in Lebanon has moved to hospital a seriously ill French military. The air mission, carried out successfully by an Italian Army helicopter AB 212, carrying the French aero-medical team, has been activated by the call of the Mission Air Operations Centre of UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon).

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The Italian aircraft, took off in six minutes to the UN Basic French, boarded the patient to take him to St. Geroge Hospital in Beirut. That of emergency medical transport is one of the most important services performed by Italian soldiers in Naqoura. The Task Force “Italair” – made up of the Army Aviation flight crews, a crew of the Navy and one of the Air Force – operates in Lebanon since 1979, and it’s the veteran unit in the service of the United Nations.

The flight crews guarantee every day, a helicopter ready to take off in 30 minutes for this purpose and a second helicopter with the same characteristics of readiness for various general tasks, carrying out daily reconnaissance missions, patrolling and transport. Since the beginning of its service, “Italair” performed 39,000 hours of flight in the skies of Lebanon and Israel, and in 1700 transport of sick or injured people. Meanwhile, the activities of the staff of Italian UNIFIL carry on in the military base of Shama. After a busy week of theoretical and practical lessons on first aid in a hostile area, the participants of the 1st training course to the first medical aid have achieved the certificates of attendance.

The training cycle – centered on the simulation of accidents involving serious injuries to stabilize and evacuate from the battlefield – was conducted by the Italian staff for the Lebanese Armed Forces and foreign troops of Sector West.

 

Viviana Passalacqua

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Viviana Passalacqua
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