GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Settembre 2015 - page 2

La rete Europea contro l’Apolidia lancia il suo nuovo report

Varie di

logo_ENSLa ENS – European Network on Statelessness (Rete Europea per l’Apolidia) sta lanciando in queste ore  il suo nuovo rapporto “Nessun bambino dovrebbe essere Apolide” parte integrante della sua campagna mirata a mettere fine all’apolidia infantile in Europa. L’ente è una charity di diritto inglese, con sede a Londra, e come tale è da intendersi quale un ente non governativo, che è alla continua ricerca di partnership col mondo accademico, organizzazioni internazionali, ed esperti del settore asilo ed immigrazione.

Il rapporto offre una sintesi di studi di ricerca condotti dai membri ENS in otto paesi europei, come pure un’analisi delle leggi nazionali in tutti i 47 Stati del Consiglio d’Europa (che ricordiamo, non è né il consiglio Europeo, né il Consiglio dell’Unione Europea, come abbiamo già spiegato su europeanaffairs.media, ma un’organizzazione internazionale che comprende anche Stati non UE, che ha come principale obiettivo la salvaguardia dei diritti dell’uomo) . Il documento spiega perché molte ibelong-fb-cover-Boy_itamigliaia di bambini continuano a crescere senza cittadinanza, a causa di lacune nelle leggi europee in materia o per via di ostacoli burocratici che talvolta impediscono la regolare registrazione delle nascite. Il rapporto rivela che anche tra gli Stati che hanno aderito alle convenzioni internazionali, più della metà non hanno ancora dato corretta attuazione ai relativi obblighi, volti a garantire che i minori acquisiscano una nazionalità. La ricerca di ENS fa luce anche sui casi nuovi ed emergenti di apolidia infantile e si focalizza proprio sul rischio corso da coloro che vengono adottati, o riconosciuti da coppie dello stesso sesso o da bimbi che nascono da rifugiati e migranti o attraverso la maternità surrogata.

Secondo i relatori,il cui lavoro quò essere scaricato qui, l’apolidia infantile – che genera inevitabilmente notevoli difficoltà nell’accesso a diritti e servizi – può essere un problema del tutto risolvibile: la relazione si conclude infatti con una serie di raccomandazioni volte a guidare l’azione per affrontare in modo più efficace il fenomeno in Europa.

Segnaliamo che l’argomento è oggetto di un hashtag su Twitter, #StetelessKids, e che una discussione passaportionline sul social è stata lanciata tra le 16.00 e le 18.00 (ora dell’Europa Centrale) di lunedì 21 settembre. Sull’argomento si è anche espresso Nils Muižnieks, Commissario del Consiglio d’Europa per i diritti umani, con delle dichiarazioni su cui ritorneremo. All’evento ed alle discussioni nel settore partecipa anche l’UNHCR, con una campagna denominata #IBelong, che mira all’eradicamento dell’apolidia entro un decennio.

Il motto dell’ENS? “Ognuno ha diritto ad una nazionalità”.

 

 

 

The ENS launches his new report

The ENS – European Network on statelessness (European Network for the Statelessness) is launching in these last hours its new report “No child should be stateless”, which is an integral part of its campaign to put an end to childhood statelessness in Europe.

 

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The entity is a charity under english law,  London based, and  is obviously a non-governmental body, which is always looking for partnerships with universities, international organizations, and experts in the asylum and immigration issues.

The report provides a summary of research studies conducted by membersof the ENS, in eight European countries, as well as analysis of national laws in all 47 states of the Council of Europe (which as we can remember, is neither the European Council nor the Council of the European Union, as we have explained on europeanaffairs.media, but an international organization which also includes non-EU countries, whose main objective is the preservation of human rights). The document explains why many of children continue to grow without citizenship, because of gaps in European laws or because of bureaucratic obstacles that sometimes prevent the regular birth registration. The report reveals that even if a lot of countries acceded to the international conventions, more than a half have not yet given proper effect to its obligations, to ensure that children acquire a nationality. The ENS’ reasearch also sheds light on new and emerging cases of statelessness child and focuses just on the risk run by those who are adopted or recognized by same-sex couples or children who are born from refugees and migrants or through surrogacy.

According to the speakers, whose work quo be downloaded here , statelessness childhood – which inevitably generates considerable difficulties in access to rights and services – can be a problem completely solved: the report concludes with a series of recommendations to guide action to face in a more effectively way the phenomenon in Europe.

We point also out that the topic is the subject of a hashtag on Twitter, #StetelessKids, and that a discussion on this social campaign was launched between 16.00 and 18.00 (CET) on Monday 21st September. This matter was also focused by Nils Muižnieks, the Commissioner for Human Rights of the Council of Europe, with a statement which we will return on. The UNHCR also participated in the event and the discussions, with a campaign called #IBelong, which aims at eradicating  statelessness within a decade.

The ENS motto? “Everyone has the right to a nationality”

 

Domenico Martinelli

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Search And Rescue “Grifone 2015”

Difesa di

Si svolgerà dal 21 al 25 settembre l’esercitazione di Ricerca e Soccorso “Grifone 2015” alla quale parteciperanno forze armate e civili di Italia, Spagna e Francia.

Un evento a carattere multinazionale e interagenzia organizzato dell’Aeronautica Militare italiana con la partecipazione delle altre forze armate oltre a numerosi altri Corpi dello stato con un ingente dispiegamento di mezzi per un totale di 14 elicotteri, un drone di tipo Predator e più di 25 squadre terrestri.

Nell’attività saranno impegnate tutte le figure professionali che generalmente vengono coinvolte nelle operazioni di ricerca e soccorso, dalle unità cinofile al predator per i rilevamenti aerei, dai soccorritori acquatici agli aero-soccorritori.

Per l’Italia prenderanno parte alla “Grifone”, l’Esercito Italiano, la Marina Militare, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia di Stato, il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, la Protezione Civile Regionale, il Centro Coordinamento 118, il Corpo Ausiliario delle Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana e Associazioni Volontariato Protezione Civile.

La Spagna e la Francia metteranno a disposizione dei reparti di volo per l’attività di ricerca.

Questa esercitazione ha lo scopo di aumentare la capacità di interazione tra le varie componenti che partecipano alle operazioni di soccorso sia a livello nazionale che a livello internazionale. Capacità indispensabile per poter intervenire con successo nelle operazioni di ricerca e soccorso.

Russia pro Assad fra Isis e business

ECONOMIA/Medio oriente – Africa/Varie di

Il politico svedese Kjell-Olof Feldt ha firmato, anni fa, questa frase “Le guerre non sono calamità naturali. Le iniziano gli uomini e possono terminarle solo gli uomini”. Ora, quella riflessione, potrebbe suonare come un monito alla luce del marasma che coinvolge l’intero pianeta. Il regime di Bashar al Assad rappresenta un problema da quando il vento della “primavera araba” ha deciso di soffiare anche sulla Siria. Quattro anni sono passati. Mesi in cui l’opposizione al Regime, dipinta dallo stesso come pacifica resistenza al governo sulla rotta di una democratizzazione abbozzata fra i capitoli della nuova costituzione, ha assunto, gradualmente per noi occidentali abituati al contrario a considerarla più aggressiva ed armata, i connotati degli sgherri del Califfato. Un errore? Assad sostiene che da sempre quei neri figuri siano il prodotto del credo estremista diffuso dall’elemento esterno chiamato Isis e non i membri della sua opposizione, al contrario pacata e civile, pronta a confrontarsi unicamente attraverso il dialogo. Alle sue capacità di pieno controllo ha sempre creduto la vicina Russia, fino alla dimostrazione inequivocabile offerta di recente dalla dichiarazione del pieno sostegno lanciata da Putin. Parole alle quali sono seguiti i fatti, dall’invio di mezzi corazzati – tank, cannoni, blindati, missili antiaereo – e uomini, alla costruzione di una base aerea vicino allo scalo di Latakia, roccaforte del governo siriano, documentata dalle immagini satellitari pubblicate da Foreign Policy. Il punto di vista della Russia è articolato. La necessità di far capitolare Assad, sostenuta da Stati Uniti e coalizione Nato, secondo Putin avrebbe l’effetto del boomerang già lanciato in passato per eliminare le dittature di Saddam Hussein in Iraq e di Muammar Gheddafi in Libia. Le condizioni sono diverse ma l’effetto sarebbe simile. Eliminare lui, significherebbe per il Cremlino, aprire definitivamente le porte al Califfato. A dichiararlo è il portavoce della presidenza russa Dmitry Peskov che nei giorni scorsi ha affermato come “La minaccia rappresentata dal gruppo Stato islamico sia evidente e l’unica forza in grado di resisterle sia l’esercito siriano”. Il forte riavvicinamento dei due paesi è avvenuto dopo la guerra del Libano. Era l’anno 2006 e la Siria, isolata dall’Occidente per il ruolo avuto in quel conflitto, chiese aiuto alla Russia che cancellò il 75% dei debiti vantati nei suoi confronti. Tutt’ora la Siria rappresenta uno dei migliori compratori del materiale bellico prodotto in Russia. L’acquisto più recente riguarda l’acquisizione di 36 aerei da guerra Yakovlev Yak-130 costati ad Assad circa 550 milioni di dollari. Se per la Russia il regime siriano rappresenta un ottimo partner commerciale, la sua capacità di spesa lo rende altrettanto gradevole anche agli occhi della Cina per la quale la Siria, in base ai dati diffusi dalla Commissione Europea, si colloca sul terzo gradino del podio occupato dagli importatori. I sostenitori della tesi che in realtà il vero mandante dell’Isis sia lo stesso Assad per distogliere l’attenzione di Usa e Nato dalla complessa situazione siriana e conservare il suo potere, trovano nella presa di posizione della Russia una ulteriore conferma. Usa e Nato affidano la loro contrarietà a, per ora, timide rimostranze mentre il flusso degli esuli continua ad aumentare. Dall’inizio del conflitto sono morte in Siria oltre 200 mila persone mentre 11 dei suoi circa 22 milioni di abitanti, sono stati costretti a lasciare le case. Di loro 4 milioni hanno abbandonato il paese per emigrare principalmente in Turchia, Libano e Giordania ed ora anche in Europa.

Monia Savioli

Ue, immigrazione: quale piano comune?

EUROPA di

Terminato il muro sul confine con la Serbia, in Ungheria è scattata la legge sull’immigrazione clandestina. Gli Stati Ue bocciano il piano Juncker sulla redistribuzione dei migranti, ferma a 40mila. Il fatto che la Germania sia al primo posto delle richieste d’asilo nel 2015, rende indispensabile il corretto funzionamento dei centri d’identificazione lungo le frontiere europee.

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Arresto e detenzione fino a tre anni per chiunque entri in Ungheria non munito della domanda di asilo. Dalla mezzanotte del 15 settembre 2015 scatta la nuova legge sull’immigrazione clandestina varata dal governo Orban. Chiuso anche l’ultimo tratto di muro confinante con la Serbia. D’ora in poi si potrà passare solo dai due varchi ufficiali. Nella giornata di lunedì si era registrato il record di ingressi: 9380 migranti, poi bloccati dalla polizia ungherese. Arrestate già 16 persone, siriani e afghani, transitati dopo le 24.

Nel vertice a Bruxelles di lunedì 14 settembre, intanto, è stato momentaneamente bocciato l’aumento fino a 120mila migranti da ricollocare tra i Paesi Ue, che resta fermo a 40mila. I ministri degli Interni presenti, infatti, hanno detto sì al piano scritto ad inizio estate, ovvero 24mila dall’Italia e 16mila dalla Grecia (Ungheria esclusa). Mentre c’è stato consenso unanime sull’avvio della seconda fase della missione EuNavfor Med: le navi europee transitanti per il Mediterraneo hanno la possibilità di fermare i barconi, con la possibilità di sequestro e distruzione del mezzo stesso, avendo come priorità la salvaguardia della vita umana.

A fare blocco contro la proposta di innalzamento della quota di migranti da redistribuire, portata avanti dal presidente della Commissione Ue Juncker, sono stati i Paesi dell’Est, con Polonia, Slovacchia e Ungheria in testa. Pure gli Stati favorevoli all’accoglienza dei profughi, hanno deciso di intensificare i controlli alla frontiera: l’Austria manda l’esercito al confine con l’Ungheria; Francia e Germania ripristinano i controlli alle frontiere: “I controlli temporanei non significano chiudere la frontiera – ha precisato la cancelliera Merkel -. Continueremo ad accogliere i rifugiati in Germania, purché ci sia un processo ordinato”. Parole che, però, sono suonate come un mezzo passo indietro, dopo le critiche interne al suo Paese a seguito dei 60mila rifugiati arrivati in Baviera negli ultimi giorni.

Ma sono parole in realtà destinate a Italia, Grecia e Ungheria perchè è sulla sistematizzazione del controllo dei migranti in arrivo che si gioca la partita. L’apertura ai richiedenti asilo del governo tedesco ad inizio settembre passa dalla creazione dei centri hot spot sulle frontiere europee. L’identificazione delle persone arrivate è cruciale. Ma i rifugiati arrivati sinora non hanno avuto interesse, se non in misura minoritaria, alla richiesta d’asilo nei Paesi d’arrivo: il loro obiettivo è registrarsi direttamente in Germania, Svezia e Norvegia perché, secondo il Trattato di Dublino, si può rimanere solo nello Stato in cui tale richiesta è stata fatta. È per questo motivo che una deroga al tale accordo, trapelato da Bruxelles, può sbloccare la situazione.

I numeri, in questo senso, parlano chiaro. Gli arrivi registrati finora ammontano a più di 180000 per la Grecia, a circa 170000 per l’Ungheria e a 110000 per l’Italia. Ma la classifica di richieste d’asilo totale nel primo trimestre 2015 recita Germania, 73120; Ungheria, 32810; Italia (15250); Grecia (in fondo alla lista) 2615. Se si guarda, invece, ai siriani, il dato è ancora più in controtendenza, eccezion fatta per l’Ungheria, rispetto agli arrivi. Dal 1° gennaio al 31 agosto 2015, le statistiche Ue recitano Germania, 30120; Ungheria; 10855; Svezia 7250; Grecia (penultima), 1275; Italia, 155.

Dunque è chiara la rotta seguita dai migranti. Ed è chiaro quanto le politiche anti immigrazione del governo Orban siano autolesioniste e stiano sovraccaricando la stessa Ungheria, al primo posto nella classifica pro-capite con un migrante ogni 302 abitanti.

La necessità dell’identificazione sulle frontiere marittime e terrestri dell’Unione Europea appare quanto mai necessaria. Se è vero che, attraverso la promessa di posti di lavoro, la Germania strizza l’occhio ai rifugiati siriani, composti da laureati, professionisti e operai qualificati, è altrettanto vero che Italia e Grecia devono andare in contro alla tanto agognata presa di posizione europea sull’accoglienza e la ripartizione. Ma, nonostante l’emergenza profughi, stenta a decollare un piano sull’immigrazione a tinte europee.
Giacomo Pratali

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Eu, immigration: mirage of a common plan

Europe di

After the building of the wall on the border with Serbia, the new law on illegal immigration has kicked off in Hungary. EU States have rejected Juncker’s plan on redistribution. Germany is the first European country for asylum seekers in 2015: more efficient identification centers in Italy, Greece and Hungary are necessary.

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Arrest and imprisonment up to three years for anyone who arrives in Hungary and has not application for asylum. Since midnight on 15 September 2015 the new law on illegal immigration, launched by Orban government, has entered into forced. It’s also closed the last stretch of wall bordering Serbia. Now there are only two official entrances. On Monday Hungary has observed a record number of entries: 9380 migrants, then blocked by the Hungarian police. Already arrested 16 people, Syrian and Afghan, passed after 12 a.m.

Meanwhile, in the summit in Brussels 14 September, it has been temporarily rejected the increase up to 120,000 migrants between the EU countries, which remains at 40,000. Ministers of Internal Affairs have approved the plan written in early summer, 16 thousand or 24 thousand from Italy and Greece (excluding Hungary). While there was consensus on the launch of the second phase of the mission EuNAVfor Med: European ships transiting the Mediterranean will can stop, seize and destroy boats, having as a priority the protection of human life.

Eastern Europe Countries, especially Poland, Slovakia and Hungary, have closed down the EU Commission President Juncker’s redistribution proposal. Also States, which are in favor of welcoming refugees, have chosen to increase controls on their borders like France and Germany, or Austria, which has sent army on the border with Hungary: “Temporary controls do not mean close the borders – said Chancellor Merkel -. We will continue to accept refugees in Germany, provided that there is an orderly process. ” After internal criticism as a result of 60,000 refugees arrived in Bavaria in the last days, German Prime Minister has done a half step back.

But this words are actually destined to Italy, Greece and Hungary because the systematization of the control of migrants who arrive in Europe is the real critical point. The opening to asylum seekers of the German government in early September passes by the creation of hot spots centers on European borders. The identification of those arriving is crucial. Moreover, refugees have not interest to remain in Italy, Greece and Hungary: their goal is to register directly in Germany, Sweden and Norway because, according to Dublin Regulation, an asylum seeker can stay only in the State where the request was made. But a possible exception to this agreement, as leaked by Brussels, could break through.

Numbers are clear. Arrivals recorded amounted to more than 180000 for Greece, about 170000 for Hungary and 110000 and Italy. But the ranking of total asylum applications in the Q1 of 2015 is very different: Germany, 73120; Hungary, 32810; Italy 15250; Greece (down the list) 2615. Figures about Syrians are even more in opposing trend, except for Hungary, compared to arrivals. From 1 January to 31 August 2015, Germany, 30120; Hungary; 10855; Sweden 7250; Greece (penultimate), 1275; Italy, 155.

So migratory route is clear. And it’s evident as much the anti-immigration policies of Orban government are self-destructive and are overloading the same Hungary, which is the first Eu country has reached 302 refugees per capita in 2015.

The need for identification on the sea and land borders of the European Union is essential. Germany wants to give chances to Syrians because they are graduates, professionals and skilled workers. But it’s also true that Italy and Greece have to make efficient their hot spot to share people with other member states . But despite the refugee emergency, there’s still not an Eu plan.
Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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