GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Luglio 2015 - page 2

NATO in strong solidarity with Turkey

BreakingNews @en/Europe di

NATO: The North Atlantic Council met today at Turkey’s request to hold consultations under Article 4 of the Washington Treaty, which states that “the parties will consult whenever, in the opinion of any of them, the territorial integrity, political independence, or security of any of the parties is threatened.”

Turkey requested the meeting in view of the seriousness of the situation after the recent terrorist attacks, and to inform Allies of the measures it is taking.

At its meeting today, the North Atlantic Council discussed the threats against Turkey.

“We strongly condemn the terrorist attacks against Turkey, and express our condolences to the Turkish government and the families of the victims in Suruç and other attacks against police and military officers” said NATO spokesman .

Terrorism poses a direct threat to the security of NATO countries and to international stability and prosperity. It is a global threat that knows no border, nationality, or religion – a challenge that the international community must fight and tackle together. Terrorism in all its forms and manifestations can never be tolerated or justified.

The security of the Alliance is indivisible, and we stand in strong solidarity with Turkey.

 

NATO answer to Turkey’s request for article 4 cosultation

BreakingNews @en/Europe di

The North Atlantic Council, which includes the ambassadors of all 28 NATO Allies, will meet on Tuesday 28 July, following a request by Turkey to hold consultations under article 4 of NATO’s founding Washington Treaty.
Under article 4 of the Treaty, any Ally can request consultations whenever, in the opinion of any of them, their territorial integrity, political independence or security is threatened.

Turkey requested the meeting in view of the seriousness of the situation after the heinous terrorist attacks in recent days, and also to inform Allies of the measures it is taking. NATO Allies follow developments very closely and stand in solidarity with Turkey.

Turchia e rinnovata repressione contro i curdi: cosa sta succedendo?

Negli ultimi giorni il governo turco sta portando avanti una vasta operazione repressiva contro la società civile, i partiti e i guerriglieri curdi.

IMG_0270Per la sua intensità, si può dire che è un bombardamento come non se ne vedevano da anni. Un attacco doppio, portato avanti sia contro le postazioni dei guerriglieri del PKK sia contro villaggi abitati dai civili. E’ ormai evidente che Erdogan ha deciso di intervenire sia dentro la Turchia sia nel resto del Medioriente, andando ad attaccare tutte quelle componenti che provano ad avanzare istanze democratiche. Ma perchè questa accelerazione? Principalmente a che scopo ?

IMG_0271Giovani, universitari, lavoratori, lavoratrici, militanti del movimento lgbt, insieme al movimento curdo, si sono ritrovati insieme per le strade contro un governo repressivo e sempre più autoritario. La risposta immediata del governo è stata quella di entrare nelle case, arrestare, uccidere per strada, vietare qualsiasi cosa, attaccare militarmente i cortei. Il popolo della Turchia conosce il significato di un colpo di stato militare. Possiamo dire che in questo caso si è trattato di un golpe  “politico” dello stato, visto che si tratta di decisioni adottate illegalmente circa le operazioni militari, senza la copertura di un governo.

Alle ultime elezioni politiche del 7 giugno il partito di Erdogan, l’Akp, ha visto diminuire di  molto il proprio consenso, mostrando di aver perso politicamente in Medioriente, e perdendo cosi anche la sua immagine di fronte al mondo intero.

IMG_0272E’ ormai evidente che la risposta di Erdogan alla sconfitta elettorale sia ancora una volta una forte repressione. Sono passati ormai quasi due mesi dalle elezioni ma il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu non ha ancora trovato alleati per formare un nuovo governo. Questo rende ancora più debole la posizione di Erdogan il quale, ciononostante, approfittando dell’assenza di un governo, continua a prendere decisioni illegali in maniera golpista e fascista. Nel ricercare consensi, visto che non si riesce a superare l’impasse e a formare un nuovo governo, presto la Turchia andrà di nuovo alle elezioni, e lo scopo è quello di spingere ancora una volta i curdi all’angolo, etichettandoli come “terroristi”, indebolendo l’Hdp.

Tuttavia la resistenza dentro e fuori la Turchia è fortissima, come spesso ha gia’ dimostrato di essere in grado di fare il popolo curdo, abituato a sollevarsi contro la repressione. Da una parte l’Hdp ha ricevuto un ampio consenso elettorale, superando di tre punti l’odiosa soglia del 10% per poter entrare in parlamento; dall’altra il Pkk ha dimostrato al mondo di essere l’unica forza in grado di fermare ISIS (Daesh) in Medioriente. Mentre eserciti regolari hanno abbandonato il campo a ISIS, le forze della guerriglia sono intervenute mettendo in salvo migliaia di civili, senza distinzione di etnia e religione, proteggendo tutta la popolazione. Da qui la sua continua crescita di consenso popolare dentro e fuori la Turchia. Fatto di cui Erdogan si sta rendendo conto, temendone le conseguenze.

IMG_0273E che ne è del processo di pace che era in corso tra Ocalan ed lo Stato Turco il governo Turco, e che nei gli ultimi mesi si è definitivamente interrotto mettendo Ocalan in un isolamento ormai da 4 mesi. L’Akp ha sempre usato i negoziati con i curdi per offrire all’Europa un’immagine aperta e tollerante; in realtà la sua politica è stata quella di provare a dividere il movimento curdo e le posizioni di Ocalan dalle forze della guerriglia  e dai rifugiati curdi in Europa, provando cosi’ a spaccarlo e a indebolirlo. Non essendo riuscito ad annientare il movimento con le armi, ha cercato di farlo politicamente sfruttando le contraddizioni insite in ogni processo di pace.

Inoltre non dimentichiamo che l’Akp non ha mai riconosciuto la rivoluzione in Rojava e ha negato uno statuto per il popolo curdo, il quale sta cercando di applicare la cosiddetta “autonomia democratica”. Al contrario, ha cercato di annientarla, finanziando e lasciando libertä di movimento entro e attraverso i suoi confini a ISIS. Con la vittoria di Kobane e il respingimento di ISIS fuori dal Rojava, i piani dell’Akp sono falliti. Inoltre sono spesso comparse notizie relative sia all’interno sia all’esterno della Turchia, circa la sempre più plateale connivenza tra servizi segreti turchi e ISIS.

Il 20 luglio scorso, nella cittadina vicina al confine turco-siriano di Suruc, sono stati uccisi 32 giovani socialisti provenienti dalle più grandi città turche. Suruc la conosciamo bene, è il villaggio nel quale si è dato sostegno internazionale alla resistenza di Kobane. Migliaia di attivisti da tutto il mondo, tanti anche dall’Italia, si sono recati proprio a Suruc per offrire il proprio sostegno e aiuto, mentre le guerrigliere e i guerriglieri resistevano a Kobane contro l’attacco di ISIS. Per questo i 32 giovani socialisti erano a Suruc il 20 luglio, per continuare a dare sostegno alla ricostruzione di Kobane. Usando questo attentato come pretesto, il premier turco Ahmet Davutoglu ha deciso di entrare in azione militarmente, motivando questa decisione con la pericolosita’ di ISIS, e bombardandone le postazioni. Nient’altro che propaganda falsa e ipocrita. In questi ultimi due giorni di operazione, l’attacco contro ISIS è durato in tutto 13 minuti. E le postazioni attaccate erano vuote. Qualcuno li aveva forse avvertiti?

IMG_0274Il 24 luglio inizia l’operazione di bombardamento contro i guerriglieri e le guerrigliere curde nelle montagne della zona di difesa di Medya. Una data infelice per i curdi, quella del 24 luglio, avendo subito nel 1923 a Losanna la divisione del Kurdistan in quattro parti: Iraq, Iran, Turchia e Siria. Gli F-16 turchi sono decollati cinque minuti dopo la mezzanotte dalle città di Diyarbakir e Batman ed hanno sganciato bombe tutta la notte sulle regioni di Zap, Basyan, Gare, Avaşin e Metina. Gli aerei hanno poi colpito Xinere e Kandil e molti villaggi di civili nella regione. Alcune zone sono state colpite tre volte nel corso della stessa notte. Parallelamente si svolge una vasta operazione repressiva in Turchia, della stessa portata di quella del 2009 conosciuta come “operazione KCK”, che ha portato all’arresto di circa 700 democratici in tutto il paese e causato l’uccisione di Abdullah Ozdal di 21 anni nella citta’ di Cizre (Turchia). Tutti questi avvenimenti, in un momento molto delicato in cui il primo ministro sta ancora cercando di formare un nuovo governo, puzzano di “strategia della tensione”. Approfittando dell’attuale vuoto politico, l’Akp porta avanti indisturbato la sua politica di annientamento dei curdi. E questo anche con l’appoggio di Barzani, presidente del Kurdistan regionale (Iraq), che rilascia dichiarazioni di condanna dei bombardamenti turchi ma fondamentalmente si rivela essere portavoce di Erdogan e dell’Akp nel sud Kurdistan, avvallando il gioco di divisione dei curdi. Esponendo tra l’altro il suo paese e il suo popolo al rischio di diventare il “giardino di casa” della Turchia, sperando in un riconoscimento formale del Kurdistan regionale quando il vero obiettivo di Erdogan è sfruttarne le ricchezze e controllarlo politicamente ed economicamente.

La politica dell’Akp appare quindi sempre più chiara e disperata. Le sue politiche in Medioriente sono fallite, per questo sta cercando di riconquistarsi un ruolo che pero’ non ha piu’, perchè la rivoluzione del Rojava ha dimostrato che nessuna politica senza o contro i curdi potrà mai avere successo in Medioriente.

Tutti paesi che in qualche modo sono interessati e/o coinvolti nelle politiche mediorientali cambiano strategia a seconda dei propri interessi. Ma la Turchia insiste nel non cambiare e cerca di continuare come se fossimo ancora al tempo dell’Impero Ottomano. Non hanno capito che il mondo è cambiato, il ruolo della Turchia non è piu’ quello di prima: con le politiche e i “giochetti” degli ottomani non si puo’ vivere, anzi si porta un paese al fallimento totale. La società sta cambiando. I confini stanno cambiando.

Bombardamento-Isis-su-Kobane-1024x680L’unica via d’uscita possibile è quella di democratizzare la Turchia e risolvere tutte le questioni con tutti i popoli che la abitano, che è quella che ha cercato di perseguire Ocalan con il processo di pace. Nel frattempo è evidente che le guerrigliere e i guerriglieri curdi non staranno a guardare, e continueranno a combattere in Rojava contro ISIS, avendo dimostrato di poterli fermare, e in Turchia contro repressione e bombardamenti. Continueranno a combattere contro questa politica dell’Akp che sta portando la Turchia in un pantano. Continueranno a portare avanti la rivoluzione in Rojava come unica via per i popoli in medio oriente. Continueranno a manifestare la loro protesta nelle citta’ del mondo, come avvenuto ad esempio in 15 citta’ in Italia o in 22 citta’ in Germania, o in Giappone, India, Francia, dopo l’attacco di Suruc: i curdi sono abituati a resistere e non si sono fatti piegare, né si faranno piu’ utilizzare come in passato per i giochi delle grandi potenze.

Ormai la rivoluzione è cominciata e non ha confini, quei confini artificiali decisi a Losanna senza aver consultato i popoli: per questo non rimanete silenzio anche voi! I curdi non acetteranno piu la schiavitu. Nessun bombardamenti avra il sucesso..

Questi bombardamenti aldi la del confine turco e’ una violazione del diritto internazionale. Le forze internazionali, democratici della soliderieta hanno avuto un ruolo importante per fermare l’ avanzamento di isis in medioriente. Non dimentichiamo che AKP e un altro faccia di ISIS. Da agire immediatamente per far cessare questa politica dello stato turco.

 

Iran, ecco le sfilate in linea con i precetti dell’Islam

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A lezioni di passerella da Behpooshi, prima e più nota agenzia di Teheran di modelle alla maniera islamica

Video di Costanza Spocci e Testo di Eleonora Vio – Nawart Press

su Io Donna 

Da un anno e mezzo in Iran posare e sfilare in pubblico è halal, ovvero in linea con i dettami islamici. Se il Ministero per la Cultura e la Guida Islamica si è finalmente aperto alle esigenze di giovani sempre più proiettati verso il dinamico mondo esterno, è stato però chiaro su una cosa: no alle modelle alla occidentale e via libera alle indossatrici alla maniera islamica.

«L’indossatrice deve essere interamente coperta, ad eccezione di viso mani e piedi, e deve sfilare guardando dritta davanti a sé, senza osare movimenti sfacciati e provocatori» spiega Sharif Ravazi, fondatore di Behpooshi, cioè la prima e più nota agenzia di modelle di Teheran. L’Iran è stato investito da un boom di chirurgia estetica ma Ravazi vuole riappropriarsi degli originali canoni estetici iraniani e per questo seleziona «giovani acqua e sapone, vicine alle persone comuni». «Se in altri paesi l’industria di moda ha solo a che fare con i vestiti e l’estetica, in Iran può cambiare il ruolo delle giovani nella società» spiega Ravazi.

Nonostante le rigide regole di comportamento cui iraniani e iraniane devono adattarsi, nella storia iraniana le vesti sgargianti non mancano, come si vede nei capi tradizionali di città come Kashan o Esfahan. «Perfino il Profeta Maometto si diceva indossasse calzature gialle – sbotta Ravazi – ma chissà perché il nero oggi dilaga ovunque.»

Come in ogni altro aspetto della vita iraniana, anche nella moda c’è una netta linea di demarcazione tra sfera pubblica, dove manichini inespressivi coperti dalla testa ai piedisfilano per un pubblico misto di donne e uomini, e quella privata, con indossatrici senza velo, abiti scollati e pose sensuali, di fronte a un’audience di sole donne al riparo da sguardi indiscreti.

Lo sforzo per far emergere l’identità iraniana anche nella moda è apprezzabile, ma le aspiranti indossatrici non hanno dubbi: «Tra show pubblici e privati preferisco di gran lunga i secondi – dice Sarah Jinoussi -. Lì posso esprimermi liberamente e sentirmi… una vera modella.»

Iran, stop sanctions: geopolitical and economic effects

The Un resolution officially stops Teheran trade sanctions. “It’s the only chance to stop the nuclear program” the Us government said. While it’s an important commercial solution for Europe and Italy.

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Thanks to the UN resolution on 20th July, the Security Council has approved the end of sanctions against Iran. Go ahead, then, to the pact between the 5 + 1 and Teheran found in Vienna last 14th July. The document will come into effect no earlier than 90 days.

A historical agreement for the West in geopolitical and economic point of views. Geopolitical for the United States, as noted on July 23 by the US Secretary of State Kerry: “We could certainly expect Iran fall – he told the Congress -. But it was the best possible option. I hope that the Congress (addressing to the Republican Party, ed) approve because this is the only chance to stop the nuclear program and avoid the risk of a military clash,”he concluded.

But in addition to policy issues in the Arab world, solutions are also commercial. Executive Vice President and General Manager of Saras (Italian oil refining company) Dario Scaffardi, in a summit on business and finance, as well as underlining the benefits that the decline in oil prices has already resulted in the international market, has reported that, following the end of the embargo, his group has been contacted by Iran, got back to be the protagonist of the international market of crude oil. The return to oil production from Teheran “will carry a million barrels of crude oil per day on the market once the sanctions removed. With the possibility of adding 0.5-1 million barrels quickly enough, “said the manager of Moratti family factory.

On the Italian front, also, next 4th and 5th August, the Minister of Foreign Affairs Gentiloni Economic the Minister of Economical Development Federica Guidi will travel to Iran together with representatives of Italian largest industrial groups. The goal is getting back to a significant foreign trade with Teheran. In fact, before the revolution of 1979, Europe was the first import and export partner of the former Persia. In the early 1990s, this primacy went to Russia, which, in addition to geopolitical relations of friendship, made meaningful investment on oil and gas.
Giacomo Pratali

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Iran, stop sanzioni: i riflessi geopolitici ed economici

Con il sì del Consiglio di Sicurezza Onu, finisce l’embargo imposto a Teheran. Per il governo statunitense è “l’unica chance per fermare il piano nucleare”, mentre per l’Europa e l’Italia si apre un’importante opzione commerciale.

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Grazie alla risoluzione Onu del 20 luglio, il Consiglio di Sicurezza ha detto sì all’accordo e alla fine delle sanzioni contro l’Iran decise dalla stessa assemblea nel 2006. Via libera dunque al patto siglato tra il 5+1 e Teheran a Vienna il 14 luglio scorso. Il documento entrerà in vigore non prima di 90 giorni.

Un accordo storico per l’Occidente dal punto di vista geopolitico ed economico. Geopolitico in particolar modo per gli Stati Uniti, come ricordato il 23 luglio dal segretario di Stato Kerry: “Non potevamo di certo aspettarci la capitolazione dell’Iran – ha riferito al Congresso -. Ma era l’opzione migliore. Spero che il Congresso (rivolgendosi al Partito Repubblicano, ndr) approvi perché questa è l’unica chance per fermare il piano nucleare ed evitare il rischio di uno scontro militare”, ha poi concluso.

Ma oltre agli aspetti geopolitici e strategici nel mondo arabo, gli sbocchi sono anche commerciali. Il vicepresidente esecutivo e direttore generale di Saras (azienda italiana di raffinazione del petrolio) Dario Scaffardi, in un summit su business e finanza, oltre a sottolineare i benefici che il calo del prezzo del petrolio ha già portato sul mercato internazionale, ha riferito che, a seguito della fine dell’embargo, il proprio gruppo è stato contattato dall’Iran, tornatoad essere attore protagonista del mercato di greggio internazionale. Come già prospettato dopo l’accordo di Vienna, il ritorno alla produzione di greggio da parte di Teheran “potrà portare un milione di barili di greggio al giorno sul mercato una volta tolte le sanzioni. Con la possibilità di aggiungere altri 0,5-1 milione di barili abbastanza velocemente”, ha affermato il manager dell’industria della famiglia Moratti.

Sul fronte italiano, inoltre, i prossimi 4 e 5 agosto, il ministro degli Affari Esteri Gentiloni e il titolare dello Sviluppo Economico Federica Guidi si recheranno in Iran assieme ai rappresentati dei più grandi gruppi industriali italiani. Il fine è quello di mettere nero su bianco un interscambio commerciale significativo con Teheran. Infatti, prima della rivoluzione del 1979, l’Europa era il primo partner in termini di import-export dell’ex Persia. Primato che, al momento, dagli anni’90 appartiene alla Russia, la quale, oltre ai rapporti geopolitici di amicizia, ha effettuato importanti investimenti nei settori petrolifero e gasifero del Paese mediante la società Gazprom.

 

Giacomo Pratali

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Grecia, Spannaus: «Perché l’Ue insiste su una politica che non funziona?”

EUROPA/Varie di

La crisi del debito greco è uno dei temi geopolitici più caldi. La Germania ha imposto il pacchetto di salvataggio la scorsa settimana. Mentre gli Stati Uniti ha svolto un’opera di dissuasione politica nei confronti della Ue, per evitare che Atene si spostasse nell’orbita di Mosca. Per parlare di queste questioni, European Affairs hanno intervistato Andrew Spannaus, giornalista e Direttore di Transatlantico.info.

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Con la cessione di Tsipras su tutta la linea, la Grecia diventa di fatto un protettorato di Bruxelles o, per meglio dire, di Berlino?

“Si è persa una grande occasione, almeno per ora. Dopo aver parlato della necessità di passare dalla fase dell’austerità a quella della crescita, nella sostanza non è cambiato nulla. L’establishment europea – guidata dalla Germania, ma troppo facile dare la colpa solo a lei – ha raddoppiato, adoperando ogni ricatto possibile pur di non ammettere il fallimento del modello economico degli ultimi vent’anni.
Si tratta di una sconfitta non solo per la Grecia, ma per l’Europa stessa, in quanto si mostra 1. di non essere disposti a rivedere i propri errori, pur di non mettere in discussione i dogma dell’economia finanziaria; 2. che questa Europa non è compatibile con la democrazia.
La domanda più grossa è chi comanda a Bruxelles e a Berlino? Perché si segue una politica che chiaramente non funziona? Gli errori del passato sono una cosa, ma decidere di peggiorare la situazione continuando con la politica tagli e tasse dimostra che c’è qualcos’altro in ballo. L’Europa si è allontanata dalla propria storia e ora risponde ad interessi diversi”.

 

“Nonostante gli errori in questi 5 mesi, sono orgoglioso di avere difeso i diritti del nostro popolo”. Questa è la dichiarazione di Tsipras al Parlamento greco, chiamato a pronunciarsi sulle misure imposte dall’Europa: secondo lei, Syriza ha tradito sia il mandato elettorale sia l’esito del referendum?

“Il Governo greco si è alternato tra posizioni dure e posizioni più accomodanti negli ultimi mesi. Lo scopo è sempre stato di influenzare le trattative e di portare a casa qualche concessione. Ad un certo punto sembrava che Tspiras avesse deciso di fare sul serio: prima le aperture verso la Russia, e poi il referendum. Alla fine però ha ceduto ai ricatti e ha dimostrato di non essere disposto a rischiare la rottura.
Il popolo greco aveva chiaramente respinto l’austerità; il problema è che in teoria voleva anche rimanere in Europa. Dunque mentre si può sicuramente criticare Tsipras, rimane il fatto che le due cose non erano compatibili: Europa = austerità, dunque non c’era soluzione.
I giochi comunque non sono finiti. Se sarà attuato il piano imposto alla Grecia la situazione peggiorerà ancora, quindi il problema potrebbe riproporsi presto. In più, il dibattito politico è cambiato: non si possono più nascondere le contraddizioni e la debolezza della politica economica attuale. Prima o poi qualche leader politico, qualche paese, deciderà che non si può più andare avanti così”.

 

Il Fondo Monetario Internazionale ha definito il debito greco insostenibile:il piano Ue andrà comunque avanti?

“Il piano andrà avanti, ma non funzionerà. I primi “salvataggi” della Grecia – in cui i soldi pubblici sono andati a salvare i bilanci delle banche private, soprattutto tedeschi e francesi – dovevano creare le condizioni per far ripartire l’economia. La stessa cosa si è detta per l’Italia. La realtà invece è stato un pesante calo del Pil, nel caso greco a livelli catastrofici (-30%). Pensare di ripagare un debito di questo tipo tagliando ancora la spesa è semplicemente folle. La soluzione corretta è di ristrutturare e cancellarne una parte, e soprattutto di attuare una politica di investimenti per creare la crescita. Questo significa disattendere certi dogmi, puntando per esempio sull’importanza della spesa pubblica mirata. I debiti giusti – una parte – possono essere ripagati solo se si rilancia l’economia; con la politica attuale questo non potrà avvenire”.

 

Quanto è stato decisivo il ruolo degli Stati Uniti nello sbloccare la trattativa tra Ue e Grecia? E’ esistita, o esiste tuttora, una reale possibilità che Atene si avvicinasse a Mosca?

“Esiste una leggenda in Europa, su come gli Stati Uniti sono contro l’Euro e hanno paura dell’Unione Europea. Ebbene, la realtà è che, anche a volere essere “cattivi”, cioè a pensare che gli americani non vogliano vedere un’Europa forte, non c’è proprio nulla da temere fino a quando vige la politica economia attuale. Nel nome dell’unione si sta rovinando la forza e anche la coesione tra i paesi europei. L’Ue è nata su altre basi, ma dagli anni Novanta si è passati al modello del cosiddetto libero mercato e della grande finanza. Questo fa bene a pochi, non crea benessere diffuso.
In secondo luogo, questo mito è stato sfatato dalla posizione americana in questa crisi: gli Stati Uniti non volevano vedere una rottura dell’Europa, proprio per via di un possibile sconvolgimento degli equilibri geopolitici. Tsipras ha mostrato di aver capito la vera posta in gioco quando da San Pietroburgo ha ha parlato di “un nuovo mondo economico emergente” in cui “il centro dello sviluppo economico si sta spostando verso altre aree”.
L’Occidente ha deciso di fare quadrato, per evitare di offrire una sponda al “nemico” Putin. In realtà però la politica europea di ulteriore austerità rischia di rendere ancora più attrativa l’alternativa dei Brics: numerosi paesi si stanno già smarcando dalle istituzioni finanziarie occidentali proprio per evitare di essere succubi di un sistema dominato dalla grande finanza”.

Giacomo Pratali

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Greece, Spannaus: “Why does the EU insist on a policy that doesn’t work?”

Europe/Miscellaneous di

Greece’s debt crisis is one of the hottest geopolitical issues at the moment. Germany imposed a rescue package last week. The United States played a role of political deterrence towards the EU, to avoid the possibility that Athens could go into Moscow’s sphere of influence. To talk about these issues, European Affairs interviewed Andrew Spannaus, journalist and Director of Transatlantico.info.

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With Tsipras’s full-scale surrender, has Greece essentially become a protectorate of Brussels, or better, of Berlin?

“Europe wasted a great opportunity. After talking about the need to shift from austerity to growth, in essence nothing has changed. The European establishment – led by Germany, but don’t let the others off the hook – doubled down, using every weapon possible rather than admit to the failure of its economic policy over the last twenty years.
This is a defeat not only for Greece, but for Europe itself, which has shown 1. that it is unwilling to recognize its own mistakes, and refuses to question the fanatical adherence to budget parameters; and 2. that in this form Europe is not compatible with democracy.
The biggest question is: who’s giving the orders in Brussels and Berlin? Why does the EU insist on a policy that doesn’t work? It’s one thing to have to clean up problems and inefficiencies from the past, but the decision to make the situation worse through a policy of budget cuts and new taxes shows that something else is afoot. Europe has abandoned the best parts of its own history and now answers to other interests.”

 

“Despite the mistakes made in the past five months, I am proud that I have defended our people.” This is what Tsipras said to the Greek Parliament, at the time of the vote on the measures imposed by Europe. In your view, Did Syriza betray its electoral mandate and the result of the referendum?

“Over the past few months the Greek government alternated between a hardline position and a softer one. The goal was always to influence the negotiations and obtain some concessions. At a certain point it looked like Tsipras had decided to get serious: first with the opening towards Russia, and then the referendum. In the end though, he gave in to the blackmail and demonstrated that he wasn’t willing to risk the consequences of a full break-up.
The Greek people clearly rejected austerity; the problem is that in theory they wanted to remain in Europe as well. So while Tsipras certainly deserves some criticism, the fact remains that the two goals were incompatible: Europe = austerity, so there was no solution.
It’s not over yet. If the plan that Greece has accepted is actually implemented then the situation will get even worse; things could flair up again soon. Moreover, the political debate has changed: it’s impossible now to hide the contradictions and weaknesses of the current economic policy. Sooner or later there will be political leaders, and maybe entire countries, who will refuse to continue in this direction.”

 

The International Monetary Fund has said that Greece’s debt is unsustainable. Will the EU plan go forward anyway?

“The plan will go forward, but it won’t work. The first “rescue” packages for Greece – in which public money was used to save the private banks, in particular those in Germany and France – were supposed to create the conditions for economic recovery. The same was said for Italy. In reality the result was a drop in GDP, at catastrophic levels in Greece (-30%).
The notion that this type of debt can be repaid through spending cuts is simply absurd. The solution is to restructure and cancel part of the debt, and above all to implement a policy of investment to spur growth. This means ignoring certain dogmas, for example by increasing productive public spending. The part of the debt which is real, and not just due to speculative maneuvers, can be repaid only if the economy is actually growing; the current policy prohibits this, and thus can only fail.”

 

How big a role did the United States play in facilitating the negotiations between the EU and Greece? Was there, and is there, a real possibility that Athens could get closer to Moscow?

“A myth exists in Europe, about how the United States is against the Euro and afraid of the European Union. However, even if we were to grant the premise that the U.S. sees Europe only as a competitor, there is nothing to be afraid of as long as the current economic policy remains in place.
In the name of political union the strength and cohesion of the nations of Europe is being destroyed. The foundation of the EU was quite different, but starting in the 1990s a shift was made to the so-called “free market” policy that allowed large financial interests to dominate the economy. This is good for a few, not for the many.
Secondly, this myth has been debunked by the American position in this crisis: the U.S. didn’t want to see Europe break up, precisely due to the risk of a geopolitical shock. Tsipras showed that he understood the stakes when in St. Petersburg he said that a “new economic world is being formed,” while “the center of gravity of economic development is shifting.”
The West decided to close ranks, to avoid giving an opening to our “enemy” Putin. However the reality is that Europe’s policy of continuous austerity risks making the alternative of the BRICS even more attractive: numerous countries are already breaking away from the Western financial institutions precisely in order to avoid being controlled by a system dominated by large financial interests.”
Giacomo Pratali

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Eu, migrants: deal to 32,000 of the arrivals

Europe di

Backwars step about migrants’ redistribution. Yesterday, Eu’s 28 member decided to reshuffle about 32,000 people instead 40,000 (arrived in Italy and Greece in 2015), like set last 26 June by the European Commission. To these, over 20,000 refugees, Syrians and Eritreans, will be received.

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The tough negotiation between 25 and 26 June looks very far. The position taken by the President of the EU Council Tusk opposed to the President of Commission Juncker a month ago were probably a dramatise. As well as the quotas, proclaimed at the time as “compulsory”, are nothing more than “voluntary”.

Therefore about 20,000 migrants miss. Meanwhile, in October, about 32 thousand people arrived in Italy and Greece will be relocated to other countries. In addition to the announced “no” from Austria and Hungary, surprised the “yes” of Ireland to receive 600 people. To the top, however, there are Germany with about 10,000, France with almost 7000, with Netherlands about 2000.

On the refugees’ redistribution, numbers are different. As well as Italy, Germany and France, the UK, Austria and Spain, in addition to the presence of non-EU countries such as Switzerland and Norway, have specially decided to accept Syrians and Eritreans.

In addition to the loewst agreement, the 28 countries have not delivered yet on the quotas for 2016. The Italian Minister of the Interior Alfano believe that this deal is “good for Italy”. But this speech clashes Prime Minister Renzi’s words a months ago to Eu Council assembly: “If you do not agree on the distribution of 40,000 migrants, are not worthy to call Europe. If you want the voluntary, Keep it”. What has changed in the meantime?
Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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