GEOPOLITICA DEL MONDO MODERNO

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Maggio 2015 - page 7

Syria: Amnesty International charges use of barrel bombs

Middle East - Africa di

A report speaks about President al Assad crimes and people forced to escape underground because of carpet bombing.

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“Sheer terror and unbearable suffering has forced many civilians in Aleppo to eke out an existence underground to escape the relentless aerial bombardment of opposition-held areas by government forces”, Amnesty International report on Sirya said.

President Bashar al Assad rejected barrel bombs and every attack on population. But Philip Luther, Director of Amnesty International’s Middle East and North Africa Programme, told about another Syrian context: “Widespread atrocities, in particular the vicious and unrelenting aerial bombardment of civilian neighbourhoods by government forces, have made life for civilians in Aleppo increasingly unbearable. These reprehensible and continual strikes on residential areas point to a policy of deliberately and systematically targeting civilians in attacks that constitute war crimes and crimes against humanity”.

Beyond these words, there are victims caused by barrel bombs, which “killed more than 3,000 civilians in Aleppo governorate last year, and more than 11,000 in Syria since 2012. Last month local activists recorded at least 85 barrel bomb attacks in Aleppo city that killed at least 110 civilians”, report said again.

Giacomo Pratali

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Ukraine, 8 killed again: end of Minsk pact?

Europe di

One soldier and 7 civilians slayed after Donetsk airport’s fights. But Kiev denied and accused pro-Russian rebels.

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Ceasefire in Ukraine is staggering. The last dispute happened on 3rd May. Ukrainian army killed 8 people (1 soldier and 7 civilians) during bombing against Donetsk airport, how reported by separatists. It’s unofficial news, but Kiev Minister of Foreign Affairs publice notice told about “lies” because “pro-Russians rebels fired 35 times against regular soldiers in the last 24 hours”.

Meanwhile, Italian Minister of Foreign Affairs Paolo Gentiloni, as he said La Stampa, restated that “Italy will substain Kiev if Kiev has to do necessary financial and constitutionalreforms, including Donbass independence”. But “even if we applied economic sanctions against Russia, we know Moscow importance in International crisis areas, like Syria and Libya”, Gentiloni said before Putin visit to Expo in the next days.

Giacomo Pratali

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Ucraina, vacilla l’accordo di Minsk: 8 morti

EUROPA di

Le vittime sarebbero scaturite dopo i bombardamenti di Kiev contro l’aeroporto filorusso di Donetsk. Il ministro degli Esteri Gentiloni apre le porte a Putin, alleato di importanza strategica in Siria e Libia.

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Si fa sempre più fittizio il cessate il fuoco in Ucraina. L’ultimo episodio di una guerra civile mai spenta è accaduto domenica 3 maggio. L’esercito regolare, secondo fonti filorusse, avrebbe ucciso 8 persone (un militare e 7 civili) nel corso dei bombardamenti contro l’aeroporto di Donetsk, roccaforte dei filorussi. La notizia è ancora da confermare, mentre il Ministero della Difesa di Kiev ha parlato di “bugie” e che “i militanti (separatisti filorussi, ndr) in 24 ore hanno aperto il fuoco 35 volte”.

Intanto, il ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, attraverso un’intervista a La Stampa, pur ribadendo che “l’Italia sostiene Kiev, e Kiev deve fare le necessarie, dolorose riforme economiche e costituzionali, compresa l’autonomia del Donbass” e che “ha applicato correttamente le sanzioni alla Russia, pagando un prezzo pesante”, incalza con un’importante apertura nei confronti di Vladimir Putin, atteso nei prossimi giorni all’Expo: «La data non è ancora stata fissata, ma certamente l’incontro ci sarà. Senza illudersi di poter tornare d’incanto alla situazione pre-crisi Ucraina, occorre mantenere aperti i canali con Mosca. Non sfugge – prosegue – il ruolo che la Russia già ha nella scacchiera della gestione delle crisi internazionali, dall’accordo sul nucleare iraniano fino alla crisi più drammatica, quella in Siria. E potrebbe essere utile anche in Libia», conclude il titolare della Farnesina.

Giacomo Pratali

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Yemen: Saudi Arabia employed Us cluster bombs

Middle East - Africa di

Human Rights Watch exposed Riyadh and Washington to use unexploded mines against Houtii rebels.

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Saudi Arabia used Us-supplied cluster bombs against Houtii rebels. It’s disclosed by Human Right Watch, which explained to have evidence about it. Riyadh denied every charges, but some YouTube videos posted by local residents validated Hrw denunciation. Every cluster bomb leave behind about 300 unexploded mines. These should made from Us, which Hrw accused to procure them to Saudi Arabia aviation.

Meanwhile, Yemen will put in for accession to Gulf Cooperation Council (Gcc). Born in 1981, this International organization was founded by Saudi Arabia, Qatar, Uae, Kuwait, Bahrein and Oman as reaction to Iranian Revolution of 1979.

Yemen should be entered in Gcc in 2015 like other countries decided in 2005. After a monitoring decade, where members tried to help Yemen failure economy, this countries decide to bomb Houtii establishments to substain President Hadi. Now, Saudi Arabia and other nations have to set if Yemen’s admission will be a benefit or will damage Gulf countries.

Giacomo Pratali

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Moas, droni e medici in soccorso ai migranti

EUROPA di

Migrant Offshor Ad Station (MOAS) insieme a Medici senza frontiere ha lanciato lo scorso 2 maggio la missione di soccorso nel mediterraneo in aiuto alle imbarcazione in difficoltà dei crescenti flussi migratori verso l’Europa.

Il MOAS con la usa nave M.Y. Phoenix di quaranta metri presidia il tratto di mare che divide l’Italia alle coste libiche e che ha visto naufragare e affondare tanti barconi carichi di speranze.

Questa missione è una risposta concreta alla grande crisi umanitaria che si è accesa in questi mesi con l’avanzare della guerra e il califfato nero.

Il dibattito su cosa fare e come farlo si è acceso lentamente spinto soprattutto sulla pressione dell’opinione pubblica ma ancora senza una risposta concreta mentre in quel tratto di mare i barconi continuano a partire e affondare.

Drone takeoff_lr

La risposta concreta sono i quaranta metri di nave, i due Droni CAMCPTER S100 che partono per monitorare le condizioni delle imbarcazioni sospette, il team di due medici e un’infermiera messi a disposizione da Medici senza Frontiere.

MOAS.EU_infographics“Mentre gli altri dibattono ancora circa i pro e i contro del salvare vite umane, noi restiamo convinti che nessuno merita di annegare” ha detto il direttore di MOAS Martin Xuereb. “L’anno scorso abbiamo salvato circa 3000 persone in 60 giorni, quest’anno staremo in mare per sei mesi per soccorre tutti coloro che per una ragione o l’altra hanno deciso di intraprendere un viaggio così rischioso nel Mediterraneo. Nel 2015, abbiamo deciso di avere a bordo MSF per rendere la missione MOAS ancora più efficiente. Siamo estremamente orgogliosi di poter offrire la nostra competenza e il nostro supporto ai centri di coordinamento Italiani e Maltesi per lo scopo comune di salvare vite umane” ha continuato Xuereb

MOAS è composto da volontari esperti di attività di aiuto umanitario internazionali, professionisti della sicurezza, personale medico, e ufficiali marittimi esperti che impegnano la loro esperienza per aiutare a prevenire ulteriori catastrofi in mare.

La OMG è stata fondata da Christopher Catrambone e Regina Catrambone che nel 2006 hanno fondato a Tangeri, un’azienda leader a livello mondiale specializzata in assicurazione, assistenza di emergenza.

Second rescue_lrDopo i 400 migranti annegati nei pressi dell’isola italiana di Lampedusa nel 2013, i Catrambone decisero di fondare MOAS. Essi sperano che l’iniziativa umanitaria ispirare gli altri a livello globale, e contribuire a dissipare ciò che Papa Francesco chiama “globalizzazione di indifferenza”.

Il direttore delle operazioni Martin Xuereb è nato a Malta, ha una laurea in Scienze e un Diploma in Sociologia presso l’Open University in seguito ha conseguito un master in Studi Internazionali al Kings College di Londra, e si è formato in Italia e nel Regno Unito presso la Royal Military Academy Sandhurst e il Royal College of Studi per la Difesa.

Durante la sua carriera militare, Xuereb ha condotto missioni di aiuto in Kosovo devastato dalla guerra e moltissime altre missioni di ricerca e soccorso dirette come capo della Difesa di Malta. Professionalità, esperienza e passione sono gli ingredienti fondamentali di questa organizzazione che lo scorso anno ha salvato 3.400 persone in 60 giorni, questa missione durerà 6 mesi.

Il MOAS è una organizzazione non governativa senza fini di lucro che mantiene tutta la sua organizzazione grazie alle donazioni che possono essere fatte anche on line sul loro sito www.moas.eu , anche un solo piccolo contributo permetterà ala nave un ora di navigazione in più, ai droni di sollevarsi ancora, ai medici di restare in mare ancora e salvare tante vite umane.

Alessandro Conte

 

Kobane: da simbolo di resistenza a simbolo di rinascita

Medio oriente – Africa di

Ora che i riflettori mediatici su Kobane si sono spenti, mentre altre zone intorno alla città vengono lentamente liberate dall’assedio di ISIS, è ancora più importante monitorare la situazione, per capire quali interventi è possibile mettere in campo per sostenere concretamente la ricostruzione della città e la ripresa della vita, che è comunque già cominciata.

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Più di 200.000 persone, durante l’assedio della città, si sono riversate oltre il confine turco-siriano, dislocandosi fra i campi approntati dalle municipalità locali, soprattutto a Suruç, e i campi ufficiali del governo turco. Questi ultimi, dopo aver constatato come venivano gestiti, ossia in maniera autoritaria e vietando perfino l’istruzione in curdo ai bambini, imponendo la lingua turca a persone che conoscevano solo il curdo e l’arabo, si sono spesso allontanati per l’impossibilità di vivere in quelle condizioni, riversandosi nei campi gestiti e sostenuti dalle municipalità a maggioranza curda.

I campi “autogovernati” non hanno però potuto contare sul sostegno internazionale, a causa dell’embargo de facto contro l’intero cantone causato soprattutto dall’opposizione del governo turco; ma hanno rappresentato e tutt’ora rappresentano una risposta concreta ed efficace alla domanda dei profughi, che già all’indomani della liberazione della città hanno cominciato a voler rientrare a Kobane, dapprima in piccoli gruppi, via via sempre più consistenti. Se ne contano attualmente circa 85.000.

kobane2Numerosi problemi li hanno attesi al loro rientro: dalle mine inesplose che i miliziani di ISIS ha lasciato dietro di sè, per ostacolare la ripresa della vita in città, alla totale distruzione lasciata sul terreno da quattro mesi di scontri violentissimi e di bombardamenti effettuati dalla coalizione. Numerosi civili hanno trovato così la morte dopo la liberazione della città, a causa delle mine o per l’impraticabilità di alcune zone; inoltre sono presenti ancora numerosi corpi non sepolti di miliziani di ISIS sotto le macerie, fatto che rischia – con l’aumento delle temperature dovuto all’arrivo della primavera – di provocare pericolose epidemie.

E’ necessario dunque agire con urgenza per mettere in sicurezza la città e consentirne la ricostruzione e il ripopolamento: ecco perchè è tutt’ora fondamentale l’apertura di un corridoio umanitario al confine, a cui la Turchia continua ad opporsi, che permetta il passaggio di materiali per la ricostruzione, di equipaggiamento sanitario, di personale medico e tecnico che contribuisca alla soluzione di questi problemi, di vestiti, medicinali, e tutto quanto serva. Occorre disinnescare le mine, ripristinare una fornitura regolare di energia elettrica e di acqua, ricostruire le case e le altre infrastrutture (l’80% della città è stato distrutto).

Un appello urgente è stato lanciato dal Comitato per la ricostruzione di Kobane, rapporto che contiene nel dettaglio la stima dei danni e delle necessità urgenti per permettere il rientro dei profughi, e che individua tra l’altro tra le priorità la costruzione di un campo profughi temporaneo di almeno mille tende, con servizi igienici, quattro scuole e due punti di assistenza sanitaria (http://helpkobane.com/it/wp-content/uploads/sites/6/2015/04/IT-Kobane-Report.pdf). Tutto questo per consentire l’avvio di tutte quelle azioni che possano ricostruire il tessuto sociale ed economico della città, dall’agricoltura all’allevamento al commercio, dalla costruzione delle fogne al ripristino delle fonti energetiche (http://helpkobane.com/it/wp-content/uploads/sites/6/2015/04/IT-Kobane-Report-II.pdf).

kobane (3)E’ il minimo che si possa fare per riconoscere la resistenza del popolo di Kobane che è costata più di mille morti in quattro mesi, e che è stata ed è una lotta per l’umanità. Diversi gruppi di attivisti e di semplici cittadini in vari paesi, tra cui l’Italia, stanno dando il loro contributo, organizzandosi per raccogliere fondi e materiali e realizzando progetti di cooperazione dal basso per rispondere ad alcune di queste esigenze (http://www.helpkobane.com/ o http://www.mezzalunarossakurdistan.org ): ma la “comunità internazionale” non sembra darsi da fare con lo stesso impegno.

Nonostante le analisi e le prese di posizione di organismi internazionali come l’Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza sulla Siria, il Consiglio d’Europa a marzo, il Parlamento Europeo ad aprile, così come dopo le missioni sul campo di Organizzazioni non governative che si occupano di messa al bando delle mine, di ricostruzione e di salute, nulla ancora sembra muoversi.

Inoltre, l’avvicinarsi delle elezioni legislative in Turchia il prossimo 7 giugno, strategiche per il progetto di presidenzialismo perseguito da Erdogan e dal suo partito, sta acuendo la tensione e mostrando di nuovo il vero volto dell’AKP, il partito di governo, che invece di occuparsi dei problemi dei curdi, è impegnato piuttosto ad alzare il livello della tensione continuando a negare l’apertura di un corridoio umanitario e organizzando provocazioni per avvantaggiarsi dei voti nazionalisti.

Il forte entusiasmo che sta suscitando il nuovo partito HDP (Partito democratico dei Popoli), che propone una politica nuova rispettosa dei diritti di tutte le minoranze (dunque non solo dei kurdi), dei giovani, delle donne, ispirata a principi ecologici, sembra indicare che esso riuscirà a superare l’odiosa e antidemocratica soglia di sbarramento del 10% per entrare in parlamento: se questo accadrà, il gruppo di parlamentari dell’HDP potrà lavorare con più forza alla democratizzazione della Turchia, ma anche all’apertura del corridoio umanitario e alla ricostruzione di Kobane, nonché alla risoluzione democratica della questione kurda e dunque a una stabilizzazione della regione, che potrà avere effetti positivi su tutta l’area mediorientale ancora così piegata da guerre e dittature.

E’ importante che anche in questa occasione osservatori internazionali si rechino in Turchia per monitorare il processo elettorale: potrebbero verificarsi brogli come in passato, perchè le forze che si oppongono al cambiamento e alla pace hanno sempre cercato di impedire alla popolazione di esprimersi liberamente, sfruttando tutti i mezzi per impedire ai kurdi di superare la soglia del 10% (http://www.uikionlus.com/apello-per-elezioni-7-giugno-in-turchia/).

In conclusione: la strada è ancora lunga, ma forse davvero la città di Kobane, dopo essere diventata simbolo di resistenza per il mondo intero, può diventare simbolo di rinascita e di pace anche grazie al sostegno e all’attenzione internazionale.

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di Suveyda Mahmud

Moas, droni e medici in soccorso ai migranti

Miscellaneous di

Migrant Offshor Aid Station (MOAS) insieme a “Medici senza frontiere” ha lanciato lo scorso 2 maggio la missione di soccorso nel mediterraneo in aiuto alle imbarcazione in difficoltà dei crescenti flussi migratori verso l’Europa.

Il MOAS con la usa nave M.Y. Phoenix di quaranta metri presidia il tratto di mare che divide l’Italia alle coste libiche e che ha visto naufragare e affondare tanti barconi carichi di speranze.

Questa missione è una risposta concreta alla grande crisi umanitaria che si è accesa in questi mesi con l’avanzare della guerra e del califfato nero.
MOAS.EU_infographicsIl dibattito su cosa fare e come farlo si è acceso lentamente spinto soprattutto dalla pressione dell’opinione pubblica ma ancora senza una risposta concreta mentre in quel tratto di mare i barconi continuano a partire e affondare.

La risposta concreta sono i quaranta metri di nave, i due Droni CAMCOPTER S100 che partono per monitorare le condizioni delle imbarcazioni sospette e  il team formato da  due medici e un’infermiera messi a disposizione da Medici senza Frontiere.

Second rescue_lr“Mentre gli altri dibattono ancora circa i pro e i contro del salvare vite umane, noi restiamo convinti che nessuno merita di annegare” ha detto il direttore di MOAS Martin Xuereb. “L’anno scorso abbiamo salvato circa 3000 persone in 60 giorni, quest’anno staremo in mare per sei mesi per soccorre tutti coloro che per una ragione o l’altra hanno deciso di intraprendere un viaggio così rischioso nel Mediterraneo. Nel 2015, abbiamo deciso di avere a bordo MSF per rendere la missione MOAS ancora più efficiente. Siamo estremamente orgogliosi di poter offrire la nostra competenza e il nostro supporto ai centri di coordinamento Italiani e Maltesi per lo scopo comune di salvare vite umane” ha continuato Xuereb

MOAS è composto da volontari, professionisti della sicurezza, personale medico, e ufficiali marittimi esperti che si impegnano  per aiutare a prevenire ulteriori catastrofi in mare.

La ONG è stata fondata da Christopher Catrambone e Regina Catrambone che nel 2006 hanno fondato a Tangeri, un’azienda leader a livello mondiale specializzata in assicurazione e assistenza in situazioni d’emergenza. Dopo i 400 migranti annegati nei pressi dell’isola italiana di Lampedusa nel 2013, i Catrambone decisero di fondare MOAS.

Essi sperano che l’iniziativa umanitaria ispirare gli altri a livello globale a contribuire nel dissipare ciò che Papa Francesco chiama “globalizzazione di indifferenza”.
Drone takeoff_lrIl direttore delle operazioni Martin Xuereb è nato a Malta, ha una laurea in Scienze e un Diploma in Sociologia presso l’Open University in seguito ha conseguito un master in Studi Internazionali al Kings College di Londra, e si è formato in Italia e nel Regno Unito presso la Royal Military Academy Sandhurst e il Royal College of Studi per la Difesa.

Durante la sua carriera militare, Xuereb ha condotto molte missioni di aiuto umanitario nel  Kosovo devastato dalla guerra e moltissime altre missioni di ricerca e soccorso sono state portate a termine durante il suo mandato di capo della Difesa di Malta.

Professionalità, esperienza e passione sono gli ingredienti fondamentali di questa organizzazione che lo scorso anno ha salvato 3.400 persone in 60 giorni, questa missione durerà 6 mesi.

Il MOAS è una organizzazione non governativa senza fini di lucro che mantiene tutta la sua organizzazione grazie alle donazioni che possono essere fatte anche on line sul loro sito www.moas.eu , anche un solo piccolo contributo permetterà ala nave un ora di navigazione in più, ai droni di sollevarsi ancora, ai medici di restare in mare ancora e salvare tante vite umane.

 

Alessandro Conte

Xylella, Ue: “Ulivi a nord di Lecce da abbattere”

EUROPA di

L’Europa vara una serie di misure per prevenire e combattere il batterio killer che ha infestato le piante del Salento.

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Notifica della comparsa di nuovi focolai. Delimitazione delle zone infette. Rimozione e distruzione delle piante infestate e quelle entro i 100 metri. Queste le misure varate dal Paff, Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi, riunitosi a fine aprile a Bruxelles per discutere della prevenzione e della lotta alla Xylella fastidiosa, batterio killer che ha colpito gli ulivi dapprima della provincia di Lecce nell’ottobre 2013, poi quelli delle province di Taranto e Brindisi più recentemente.

Per la provincia di Lecce è stato previsto il contenimento delle piante, mentre per le province di Taranto e Brindisi l’eradicazione. A questo, si aggiungono gli 11 milioni di euro stanziati dal Governo per affrontare questa emergenza: “Facciamo un intervento ad hoc attivando la deroga per accedere al fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta anche per un’emergenza fitosanitaria”, ha chiarito Maurizio Martina, Ministro dell’Agricoltura.

Giacomo Pratali

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Giacomo Pratali
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